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Svetlana mi guardava con il mento appoggiato sulle palme delle mani. Scosse lentamente la testa: — E allora, Anton, salterai fuori da questo corpo come un pupazzetto dalla sua scatola. Sarà evidente che non hai avuto la possibilità di compiere quegli omicidi. E il nemico sarà sbaragliato.

— Ah-ah.

— Devi scusarmi. È solo da poco che faccio parte della Guardia, forse c'è ancora qualcosa che non capisco.

Istintivamente mi misi sulla difensiva. Mentre Svetlana, dopo un attimo di esitazione, proseguì: — Ecco, quando è successo a me… Come sono andate le cose? Hanno tentato di iniziarmi le Forze delle Tenebre. Sapevano che i Guardiani della Notte l'avrebbe notato, e anche che tu saresti potuto intervenire in mio aiuto.

— Sì.

— Per questo hanno inscenato una montatura sacrificando alcune figure secondarie e creando dei centri di forza fittizi. E all'inizio la Guardia della Notte si è fatta portare al guinzaglio. Se il Capo non avesse escogitato le sue contromosse, e tu non ti fossi spinto avanti, senza preoccuparti di niente…

— Adesso tu saresti un mio nemico — dissi. — E frequenteresti la scuola dei Guardiani del Giorno.

— Non lo dicevo in questo senso, Anton. Ti sono molto grata, sono grata a tutta la Guardia, ma a te soprattutto. Però adesso non volevo parlare di questo. Cerca di capirmi: la storia che mi hai raccontato è verosimile quanto quella. Come si è creato tutto, passo dopo passo? Una coppia di vampiri senza licenza. Un ragazzo con elevate potenzialità di Altro. Una ragazza colpita da una terribile maledizione. Una minaccia globale che incombe sulla città…

Non sapevo che cosa risponderle. Ma mentre la guardavo, sentivo il rossore salirmi alle guance. Una ragazza che aveva frequentato soltanto un terzo dei nostri corsi, una novellina nel nostro mondo mi aveva illustrato la situazione proprio come avrei dovuto io illustrarla a lei.

— Che cosa sta accadendo adesso? — Svetlana non aveva notato i miei tormenti. — C'è un serial killer che elimina le Forze delle Tenebre. E tu sei nella lista dei sospettati. Il Capo escogita rapidamente una mossa astuta: tu e Ol'ga vi scambiate i corpi. D'accordo, ma fino a che punto è davvero astuta questa mossa? A quanto capisco la pratica dello scambio dei corpi è largamente diffusa. Boris Ignat'evič l'aveva appena adottata per un altro caso, no? E ha mai usato lo stesso procedimento per due volte di seguito? Contro lo stesso avversario?

— Non so, Sveta, non mi comunicano i dettagli di tutte le operazioni.

— Allora prova a pensarci. E ancora. Possibile che Zavulon sia così isterico, meschino e vendicativo? In fondo ha centinaia di anni, e guida i Guardiani del Giorno da tempi molto antichi… Se questo maniaco…

— Il Selvaggio.

— Se davvero da qualche anno permettono al Selvaggio di divertirsi per le strade di Mosca, per prepararci una provocazione, secondo te il comandante della Guardia del Giorno la sprecherebbe per una simile sciocchezza? Scusami. Anton, ma tu non sei un obiettivo così importante.

— Capisco. Ufficialmente sono un mago di quinto livello. Però il Capo ha detto che in realtà posso rivendicare il terzo.

— Ma anche così…

Ci guardammo negli occhi, e io allargai le braccia: — Mi arrendo. Svetlana, probabilmente hai ragione. Ma io ti ho raccontato tutto quello che so. E non vedo nessun altro possibile scenario.

— Allora hai intenzione di sottometterti agli ordini? Andare in giro con la gonna e non rimanere da solo nemmeno per un minuto?

— Quando sono entrato nella Guardia, sapevo di rinunciare a una parte della mia libertà.

— Una parte. — Svetlana fece un risolino. — Hai detto bene. Basta, tu sai più cose di me. Allora, questa notte la passiamo insieme?

Annuii: — Sì. Ma non qui. È meglio che stia sempre in mezzo alla gente.

— E per dormire?

— Stare qualche giorno senza dormire non è niente di speciale. — Mi strinsi nelle spalle. — Penso che il corpo di Ol'ga non sia meno allenato del mio. Negli ultimi mesi si è sempre dedicata alla vita del bel mondo.

— Anton, io non ho ancora imparato questi trucchi. Quando potrò dormire?

— Di giorno. A scuola.

Sveta fece una smorfia. Sapevo che avrebbe acconsentito, era inevitabile. Il suo carattere non le avrebbe semplicemente permesso di rifiutare il suo aiuto neppure a un conoscente casuale, e io comunque non ero casuale.

— Andiamo al Maharaja? — proposi.

— Che cos'è?

— Un ristorante indiano niente male.

— E rimane aperto tutta la notte?

— No, purtroppo. Ma penseremo a dove andare dopo.

Svetlana mi guardò così a lungo che tutta la mia innata faccia tosta non bastò a difendermi. Che cosa avevo adesso che non andava?

— Anton, ti ringrazio — mi disse. — Ti ringrazio di cuore. Mi hai invitata al ristorante. Erano due mesi che aspettavo questo invito.

Poi si alzò, andò all'armadio, lo aprì, soppesò con aria critica i vestiti appesi.

— Della tua misura non c'è niente di adatto — concluse. — Dovrai rimetterti i jeans. Ti lasceranno entrare al ristorante?

— Per forza — risposi senza troppa sicurezza. Alla fine avrei sempre potuto esercitare una leggera pressione sul personale.

— Se sarà il caso, mi allenerò un po' nell'ipnosi — disse Svetlana, come se mi avesse letto nel pensiero. — E li costringerò a lasciarti entrare. Sarebbe una buona azione, no?

— Certo.

— Sai, Anton — Svetlana tolse dalla gruccia un vestito, se lo appoggiò davanti e scosse la testa. Poi passò a un tailleur beige — mi stupisce sempre la capacità che hanno i membri della Guardia di giustificare qualsiasi pressione sulla realtà con gli interessi del Bene e della Luce.

— Non qualsiasi! — protestai.

— Assolutamente qualsiasi. Se fosse necessario, considerereste un'opera buona anche il furto, o l'omicidio.

— No.

— Ne sei proprio sicuro? Quante volte ti sei dovuto insinuare nella coscienza della gente? Ecco, perfino il nostro incontro: in fondo mi hai costretta a credere che fossimo vecchi amici. Usi spesso i tuoi poteri di Altro nella vita?

— Sì, ma…

— Immaginati di essere per la strada. Vedi davanti a te un adulto che picchia un bambino. Cosa fai?

— Se avessi una possibilità di interferenza — mi strinsi nelle spalle — procederei a una rimoralizzazione. È ovvio.

— E saresti proprio sicuro di avere agito per il meglio? Senza riflettere, senza provare a capire? E se il bambino si fosse meritato quella punizione? Se quella punizione potesse salvarlo da grossi rischi futuri, impedendogli di diventare un bandito o un assassino? E tu parli di rimoralizzazione!

— Sveta, ti stai sbagliando.

— In che cosa?

— Anche se non avessi limiti nelle azioni di influenza parapsicologica, non esagererei lo stesso.

Svetlana sbuffò leggermente: — Sei così certo della tua giustizia? Qual è il confine?

— Il confine ciascuno lo stabilisce autonomamente. È necessario.

Mi guardò pensierosa.

— Anton, mi sa che queste domande le fanno tutti i novellini, vero?

— Vero. — Sorrisi.

— E tu sei abituato a dare le risposte giuste, conosci tutto il corredo di frasi fatte, di sofismi, di esempi storici e di analogie.

— No, Sveta. Non è così. Le Forze delle Tenebre queste domande non le fanno, per esempio.

— Come fai a saperlo?

— Un mago delle Tenebre può anche risanare, un mago della Luce anche uccidere — dissi. — È la verità. Sai qual è la differenza tra la Luce e le Tenebre?

— No. Non so perché, ma non ce la insegnano. Forse è difficile da formulare?

— Non è affatto difficile. Se pensi soprattutto a te, ai tuoi interessi, la tua strada ti porta verso le Tenebre. Se pensi agli altri, sei in cammino verso la Luce.