— Ti ricordi Edgar Allan Poe? — chiese Svetlana.
Ci avevano fatto entrare senza nessuna difficoltà, mi ero addirittura stupito. O le regole erano diventate più democratiche di un tempo, o i clienti erano diminuiti.
— No. È morto da troppo tempo. Anche se Semën mi ha raccontato…
— Ma non intendevo Poe come persona. Volevo dire i suoi racconti.
— L'uomo della folla? - Cominciavo a capire.
Svetlana fece una risatina: — Sì. Tu adesso sei nella sua situazione. Sei condannato a muoverti sempre nei luoghi più affollati.
— Finché non mi avranno definitivamente disgustato.
Avevamo preso tutt'e due un bicchierino di Baileys e avevamo ordinato qualcosa da mangiare. Probabilmente così facendo avevamo indotto il cameriere a un'interpretazione ben precisa della nostra visita: due prostitute inesperte in cerca di lavoro. Però la cosa mi lasciava del tutto indifferente.
— Ma lui era un Altro?
— Poe? Probabilmente, ma non iniziato.
Svetlana mormorò:
La guardai stupito.
— La conosci?
— Come dirtelo? — Sollevai lo sguardo e recitai in tono solenne:
Ci guardammo in faccia per un secondo e poi scoppiammo a ridere contemporaneamente.
— Un piccolo duello letterario — disse maliziosamente Svetlana. — Risultato: uno a uno. Peccato che non ci fossero spettatori. E perché Poe è rimasto non iniziato?
— In genere, tra i poeti, i potenziali Altri sono numerosi. Ma alcuni di questi candidati è meglio che continuino a vivere da uomini. Poe, per esempio, aveva una psiche troppo instabile. Dare capacità particolari a una persona così sarebbe come dare a un piromane un fusto di napalm. Non mi arrischio neppure a cercare di immaginare da quale parte si sarebbe schierato. Probabilmente sarebbe sparito per sempre nel Crepuscolo, e molto presto anche.
— E come vivono là? Quelli che scelgono il Crepuscolo?
— Non lo so, Svetlana. Non lo sa nessuno. Qualche volta può capitare di incontrarli, nel loro mondo, ma una vera e propria comunicazione non si stabilisce.
— Vorrei saperlo. — Svetlana esaminò la sala con espressione assorta. — E qui hai notato qualche Altro?
— Il vecchio dietro di me, che parla al cellulare.
— In che senso, vecchio?
— In senso profondo. Non sto guardandolo con gli occhi.
Svetlana si morse le labbra, corrugando la fronte. Cominciava a conoscere il gusto delle prime ambizioni.
— Non ci riesco ancora — ammise. — Non capisco neppure se appartiene alle Forze della Luce o a quelle delle Tenebre.
— Alle Tenebre. Non è un agente della Guardia del Giorno, ma appartiene alle Forze delle Tenebre. Un mago di media potenza. Anche lui, comunque, ci ha notate.
— Che cosa facciamo?
— Noi? Niente.
— Ma è un mago delle Tenebre!
— Sì, e noi siamo maghi della Luce. E allora? Come membri effettivi della Guardia abbiamo il diritto di chiedergli i documenti. Ma probabilmente sono in ordine.
— E quando avremmo il diritto di intervenire?
— Be', se adesso si alzasse, agitasse le braccia, si trasformasse in un demone e cominciasse a sbranare la testa ai presenti…
— Anton!
— Sono serissimo. Non abbiamo nessun diritto di disturbare un onesto mago delle Tenebre in un momento di riposo.
Il cameriere ci portò i nostri piatti, per cui ci zittimmo. Svetlana cominciò a mangiare senza appetito. Poi sbottò con aria offesa, come i bambini quando fanno i capricci: — E la Guardia dovrà strisciare così ancora per molto tempo?
— Davanti alle Forze delle Tenebre?
— Sì.
— Finché non avremo conquistato una superiorità decisiva. Finché gli uomini che diventano Altri non avranno nemmeno il più fuggevole dubbio al momento della scelta tra la Luce e le Tenebre. Finché gli agenti delle Tenebre non saranno tutti morti di vecchiaia. Finché non saranno più in grado di sospingere gli uomini verso il Male con la facilità di adesso.
— Ma questa è una capitolazione, Anton!
— È uno stato di neutralità. Entrambe le parti hanno bisogno di tempo, perché nasconderlo?
— Sai che il Selvaggio che da solo sparge il terrore tra le Forze delle Tenebre mi è molto più simpatico? Anche se infrange il Patto, anche se involontariamente ci mette in difficoltà! Ma almeno lui combatte contro le Tenebre. Capisci? Combatte! Uno contro tutti!
— E non ti sei mai chiesta perché uccide i maghi delle Tenebre, ma non entra in contatto con noi?
— No.
— Non ci vede, Svetlana. Non ci vuole vedere.
— Be', è un autodidatta.
— Sì. Un autodidatta di grande talento. Un Altro con capacità che si manifestano in modo caotico. Capace di vedere il Male. Incapace di distinguere il Bene. Non ti spaventa questa cosa?
— No — rispose Svetlana cupa. — Scusami, ma non capisco dove tu voglia arrivare, Ol'… cioè, Anton. Scusa, ma ti sei messo a parlare proprio come lei.
— Non fa niente.
— Il mago delle Tenebre se n'è andato — disse Svetlana, guardando oltre la mia spalla. — A succhiare le forze altrui, a compiere riti malvagi. E noi non interveniamo.
Mi voltai appena. Lo vidi. Esternamente in effetti non dimostrava più di una trentina d'anni. Vestito con gusto, affascinante. Al suo tavolo erano rimasti una giovane donna e due bambini, un maschietto sui sette anni e una bambina un pochino più piccola.
— È andato a fare pipì, Sveta. E la sua famiglia, tra l'altro, è assolutamente normale. Nessun potere. Vorresti liquidare anche loro?
— Sono frutti di quell'albero…
— Prova a dirlo a Garik. Suo padre è un mago delle Tenebre. Ed è ancora vivo.
— Ci sono sempre eccezioni.
— Tutta la vita è fatta di eccezioni.
Svetlana non rispose.
— Conosco la tua smania, Sveta. Fare il Bene, perseguitare il Male. Una volta per tutte. Anch'io sono così. Ma se non capisci che è un vicolo cieco, finisci nel Crepuscolo. E qualcuno di noi sarà costretto a interrompere la tua esistenza terrena.
— Però intanto avrei fatto qualcosa di buono…
— Sai come sarebbero interpretate le tue azioni, dall'esterno? Come quelle di uno psicopatico che uccide brave persone a destra e a sinistra. Descrizioni agghiaccianti sui giornali. Soprannomi pittoreschi: il Borgia di Mosca, magari. Inoculeresti nel cuore degli uomini tanto di quel Male, che nemmeno un'intera brigata di maghi delle Tenebre potrebbe rivaleggiare con te.
— Perché avete sempre una risposta pronta a qualsiasi domanda? — chiese Svetlana con amarezza.
— Perché abbiamo passato l'apprendistato. E siamo sopravvissuti. Per lo meno, siamo sopravvissuti quasi tutti!
Chiamai il cameriere e gli chiesi il menu. Poi proposi: — Prendiamo un cocktail e poi ce ne andiamo? Scegli!
Svetlana annuì e cominciò a esaminare la carta dei vini. Il cameriere, un ragazzo alto e bruno di pelle, non russo, rimase in attesa. Era abituato a vedere di tutto e lo spettacolo di due ragazze sole, una delle quali si comportava come un uomo, non lo turbava affatto.