All'imbocco della scala che portava giù, verso il ristorante, c'era un altro agente. Mi bastò uno sguardo per capire che era già stato suggestionato, e decisamente da poco. Per fortuna l'azione era stata molto superficiale.
E per fortuna, soprattutto, che avevano ritenuto necessario quell'intervento. Perché si trattava di un'arma a doppio taglio.
L'agente spalancò la bocca, preparandosi a gridare.
— Silenzio! Andare! — ordinai seccamente.
E lui mi seguì ubbidiente senza dire una parola.
Entrammo nella toilette, un'ulteriore piccola gratuita attrazione della torre, i servizi igienici più alti di Mosca, per chi vuole lasciare una sua traccia tra le nuvole. Mossi una mano nell'aria: da una cabina venne fuori, allacciandosi i pantaloni, un adolescente brufoloso; un uomo all'orinatoio grugnì, ma subito si allontanò e uscì dalla toilette con occhi spenti.
— Spogliati — ordinai all'agente e cominciai a sfilarmi la maglia bagnata.
La fondina non si chiudeva bene: quest'arma era molto più grossa della mia vecchia Makarov. Ma la cosa non mi preoccupava affatto. L'importante era che l'uniforme mi stesse quasi a pennello.
— Se senti degli spari — dissi all'agente — scendi da basso e fai il tuo dovere. Hai capito?
Lui annuì.
Recitai la formula di arruolamento. — Ti rivolgo alla Luce… Rinnega le Tenebre, difendi la Luce. Ti darò uno sguardo capace di distinguere il Bene dal Male. Ti darò la fede per seguire la Luce. Ti darò il coraggio per combattere le Tenebre.
Un tempo credevo che non sarei mai riuscito a utilizzare il diritto di arruolare volontari. Che libertà di scelta può esserci nel mezzo delle Tenebre? Come possiamo coinvolgere una persona nei nostri giochi, quando le stesse Guardie sono nate in contrapposizione a questa pratica?
Adesso avevo agito senza esitazioni. Avevo sfruttato la scappatoia che mi avevano lasciato le Forze delle Tenebre, che avevano ordinato all'agente di sorvegliare il loro quartier generale, così, per sicurezza, come si tiene talvolta in casa un cagnolino incapace di morsicare, ma in grado comunque di abbaiare. La loro azione mi dava il diritto di rivolgere l'agente nella direzione opposta, e di trascinarlo dalla mia parte. Perché lui non era né buono né cattivo, era un uomo comune, con una moglie che amava moderatamente, genitori anziani che si ricordava di aiutare, una figlia piccola e un figlio ormai quasi adulto nato da un primo matrimonio, una flebile fede in Dio, un certo numero di principi morali un po' pasticciati e qualche sogno standard… insomma, uno come tanti.
Un pezzo di carne da cannone tra l'esercito della Luce e quello delle Tenebre.
— La Luce sia con te — dissi. E il piccolo uomo insignificante assentì, con il volto splendente. Negli occhi gli brillava il fuoco dell'adorazione. Esattamente allo stesso modo qualche ora prima aveva guardato il mago delle Tenebre che gli aveva dato un ordine frettoloso e gli aveva mostrato la mia fotografia.
Un minuto dopo l'agente, con addosso i miei abiti bagnati e puzzolenti, era di guardia alla scala. Mentre io scendevo, cercando di capire che cosa avrei potuto fare se nel quartier generale avessi trovato Zavulon, o un altro mago del suo livello.
In quel caso i miei poteri non sarebbero bastati neppure con il nuovo mascheramento.
La Sala di Bronzo. Vi entrai e diedi una rapida occhiata a quell'assurdo "vagone-ristorante" circolare. Il grande anello su cui erano fissati i tavolini ruotava lentamente.
Non so perché pensavo che le Tenebre avessero scelto per il loro quartier generale la Sala d'Oro o quella d'Argento. E fui perfino un po' stupito dallo spettacolo che mi accolse.
I camerieri fluttuavano tra i tavoli come pesci intorpiditi, distribuendo bevande alcoliche che in quella sede sarebbero state proibite. Proprio di fronte a me, su due tavolini, erano disposti i terminali del computer, collegati a due telefoni cellulari. Non erano stati a cablare tutte le innumerevoli comunicazioni della torre, il che significava che la riunione del quartier generale non doveva durare a lungo. Tre ragazzi con i capelli lunghi lavoravano con grande concentrazione, le dita danzavano sulle tastiere, sugli schermi scorrevano le immagini, nei portacenere fumavano le sigarette. Non avevo mai visto i programmatori delle Tenebre, ma questi naturalmente erano semplici operatori, e non i responsabili del sistema. Ed erano assolutamente identici a un qualsiasi mago dei nostri, al lavoro nella nostra sede davanti al suo notebook collegato in rete. Forse avevano addirittura un'aria più rispettabile dei nostri, o almeno di qualcuno di loro.
— Sokol'niki è completamente coperta — disse uno dei ragazzi. Non aveva gridato, ma la sua voce era risuonata in tutta la sala e i camerieri avevano avuto un sussulto, incespicando leggermente.
— La linea Tagansko-Krasnopresnenskaja è sotto controllo — replicò un altro. I due si scambiarono un'occhiata e scoppiarono a ridere. Probabilmente stavano facendo una specie di gara: chi riepilogava più velocemente la situazione dei suoi distretti.
"Provate un po' a prendermi, allora!"
Avanzai un poco nella sala, dirigendomi verso il bar. "Non fate troppo caso a me. Sono un insignificante agente, uno di quelli che avete sbrigativamente destinato al ruolo di cane da guardia. Ecco, adesso l'agente ha voglia di farsi una birra: un caso di totale evaporazione del senso di responsabilità? O forse ha deciso di verificare personalmente la sicurezza dei suoi nuovi padroni? Il più zelante servitore agli ordini del re. Taram-pam-pam, tara-rara-rara-ra…"
Al banco della birra una donna di mezza età lavava i boccali con gesti meccanici. Quando mi fermai davanti a lei, cominciò a versarmi una birra in silenzio. I suoi occhi erano vuoti e opachi, si era trasformata in una marionetta, e fu con molta fatica che riuscii a reprimere un breve, ma accecante scoppio di rabbia. Non si poteva. Non avevo diritto alle emozioni. Ero anch'io un automa. E gli automi non hanno sentimenti.
E poi vidi la ragazza seduta su un alto sgabello girevole di fronte al bar, e di nuovo mi sentii mancare.
Come avevo fatto a non pensarci?
Tutti i quartier generali operativi devono essere dichiarati alla Guardia avversaria. E in tutti viene inviato un osservatore. Fa parte del Patto, è una di quelle regole del gioco vantaggiose — almeno apparentemente — per entrambe le parti. Anche nel nostro quartier generale, quando viene convocato, è presente un rappresentante delle Tenebre.
Qui per noi c'era Tigrotto.
All'inizio lo sguardo della ragazza mi scivolò addosso senza curiosità, e stavo già per rallegrarmi per lo scampato pericolo, quando i suoi occhi si bloccarono improvvisamente.
Aveva già visto l'agente di guardia di cui avevo preso le sembianze. E qualcosa evidentemente non corrispondeva alle caratteristiche registrate dalla sua memoria. Un segnale di allarme. Un attimo… e mi stava già esaminando attraverso il Crepuscolo.
Rimasi lì fermo, senza cercare di nascondermi.
La ragazza distolse lo sguardo, e fissò il mago seduto di fronte a lei. Un mago tutt'altro che debole: valutai la sua età all'incirca sul secolo, e come livello di forza doveva essere almeno al terzo. Tutt'altro che debole, ma molto soddisfatto di sé.
— Comunque le vostre iniziative si configurano come una provocazione — disse la ragazza con voce piatta. — I Guardiani del Giorno sono sicuri che il Selvaggio non sia Anton.
— E chi è allora?
— Un mago della Luce non iniziato e a noi sconosciuto. Controllato dalle Forze delle Tenebre.
— E perché, bambina? — Il mago appariva sinceramente meravigliato. — Spiegamelo, te ne prego. Perché mai dovremmo fare fuori i nostri, ammettendo anche che si tratti dei meno preziosi?