Io accesi, lo ringraziai con un cenno e mi avviai verso la scala. Tigrotto mi seguì con gli occhi, con aria smarrita. Be', cerca un po' di capire da sola perché me ne vado.
Tutto quello che potevo scoprire in quel luogo, l'avevo già scoperto.
O meglio, quasi tutto.
Mi chinai su un occhialuto dai capelli corti, immerso nel suo notebook, e gli chiesi in tono sbrigativo: — Quali sono le zone che chiudiamo per ultime?
— L'Orto Botanico e l'Esposizione Permanente — mi rispose senza sollevare gli occhi.
Il cursore scivolava sullo schermo. Il mago delle Tenebre impartiva ordini e muoveva sulla carta di Mosca i puntini scarlatti, inebriandosi del suo piccolo potere. Distoglierlo da quel processo sembrava più arduo che non allontanarlo dalla fanciulla amata.
Perché anche loro sono capaci di amore.
— Grazie — gli dissi, e lasciai cadere la sigaretta ancora accesa in un portacenere stracolmo. — Mi sei stato di grande aiuto.
— Cavolate. — L'operatore agitò una mano senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Spingendo in fuori la punta della lingua, fissò sulla carta l'ennesimo punto rosso: un altro agente delle Tenebre chiamato a eseguire il rastrellamento. "Ma di cosa ti vanti, stupidotto. quelli che contano davvero sulla tua carta non compariranno mai. Faresti meglio a giocare a soldatini, il gusto del potere lo assapori anche con quelli.'"
Scivolai giù per la scala a chiocciola. La furia che mi aveva condotto lì — pronto a uccidere e anche a essere ucciso — era svanita. Probabilmente è la stessa cosa che accade ai soldati, quando, nel bel mezzo della battaglia, provano un senso di calma assoluta. O al chirurgo, a cui le mani smettono di tremare quando il malato sotto i ferri comincia a morire.
Che varianti hai previsto. Zavulon?
Che cominci a dibattermi nella rete del tuo rastrellamento e che ai miei disperati tentativi accorrano tutti, Forze della Luce e Forze delle Tenebre, e soprattutto Svetlana?
Evitato.
Che mi arrenda o sia catturato, e cominci un processo lento, lungo, estenuante, coronato da uno scatto folle di Svetlana nell'aula del Tribunale?
Evitato.
Che cominci una lotta con tutto il quartier generale operativo dei maghi falliti e li sconfigga, ma mi ritrovi in trappola a trecento metri di altezza, e Svetlana corra alla torre per salvarmi?
Evitato.
Che passi per il quartier generale, capisca che qui del Selvaggio nessuno sa niente e cerchi di prendere tempo?
Possibile.
L'anello si sta stringendo, lo so. Si è già chiuso sulla linea di confine, intorno alla periferia di Mosca, poi è venuta la divisione della città in zone, e l'isolamento delle grandi arterie. Adesso ci sarebbe ancora il tempo di fuggire nelle immediate vicinanze, non ancora prese di mira, trovare un rifugio e provare a nascondersi; quello era stato in effetti l'unico consiglio che mi aveva dato il Capo: resistere, prendere tempo, finché i Guardiani della Notte non avessero trovato il Selvaggio.
Non è un caso se mi stai incastrando proprio nel quartiere in cui si è svolto il nostro piccolo tafferuglio quest'inverno. Giusto? Non posso non ripensarci, significa che in un modo o nell'altro agirò sotto l'influsso dei ricordi.
La piattaforma panoramica era già vuota. Completamente. Gli ultimi visitatori erano fuggiti e di personale non ce n'era. Solo la guardia che avevo arruolato io era in piedi alla fine della scala, con la pistola in pugno e gli occhi infuocati che controllavano la rampa.
— Scambiamoci di nuovo i vestiti — gli ordinai. — Accetta la gratitudine della Luce. Poi dimenticherai tutto quello di cui abbiamo parlato. Andrai a casa. Ti ricorderai solo che è stata una giornata normale, come ieri. Nessun avvenimento particolare.
— Nessun avvenimento particolare! — ripeté pronto l'agente mentre usciva dai miei vestiti. È così facile rivolgere gli umani alla Luce o alle Tenebre, ma loro sono felici soprattutto quando gli si permette di essere se stessi.
Capitolo 6
Uscendo dalla torre, mi fermai con le mani affondate nelle tasche.
Rimasi lì a guardare i fasci di luce dei proiettori che parevano sciabolate nel cielo scuro, e la garitta illuminata del punto di controllo.
C'erano solo due cose che non capivo del gioco che stavano conducendo le Guardie, o meglio i vertici delle Guardie.
L'apparizione proveniente dal Crepuscolo: chi era, da che parte stava? Mi voleva mettere in guardia o soltanto spaventare?
E il piccolo Egor: era stato davvero casuale il nostro incontro? E se non lo era stato, che significato aveva? Un segno del nostro fatale legame, o una mossa di Zavulon?
Degli abitanti del Crepuscolo non sapevo quasi nulla. Forse non ne sapeva molto neppure Geser.
A Egor invece potevo pensare.
Era una carta ancora non assegnata. Forse anche un sei, ma di briscola, come tutti noi. E le briscole sono sempre necessarie, anche le più piccole. Egor era già stato nel Crepuscolo, una prima volta nel tentativo di vedermi, e una seconda per sfuggire alla vampira. Una combinazione tutt'altro che felice, per la verità. Tutt'e due le volte era stato guidato dal terrore, e, non c'è che dire, il suo futuro era quasi predeterminato. Poteva resistere ancora per qualche anno al confine tra gli umani e gli Altri, ma la sua strada lo portava alle Tenebre.
Era meglio guardare negli occhi la verità.
Probabilmente sarebbe diventato un mago delle Tenebre. E non aveva nessuna importanza se per il momento era un bravo ragazzino simile a tanti altri. Se fossi sopravvissuto, in caso di un nostro incontro avrei dovuto chiedergli i documenti o presentargli i miei.
Probabilmente Zavulon era in grado di influenzarlo. Di dirigerlo nel punto in cui mi trovavo io. Questo implicava che fosse perfettamente al corrente anche della mia posizione. Ma questo me l'aspettavo.
Soltanto, aveva un senso quel nostro incontro "casuale"?
Considerando la dichiarazione dell'operatore informatico, e cioè il fatto che la zona dell'Esposizione Permanente non fosse ancora stata controllata, avrei detto di sì. Avrei potuto farmi venire la bella idea di servirmi del ragazzino, nascondendomi a casa sua o mandandolo a cercare aiuto. Avrei potuto dirigermi a casa sua. Giusto?
Troppo complicato. Esagerato. Prendermi sarebbe stato comunque facile. C'era qualcosa che mi sfuggiva, ed era la cosa più importante.
Mi incamminai lungo la strada, senza più voltarmi a guardare la torre, sede per quel giorno di una pacchiana imitazione del quartier generale delle Tenebre, senza pensare al corpo sfigurato del mago-agente finito da qualche parte ai suoi piedi. Che cosa volevano da me? Che cosa? Proviamo a ricominciare da qui.
Usarmi come esca. Catturarmi. Ma catturarmi in modo tale che non ci fosse il minimo dubbio sulla mia colpevolezza: obiettivo, quest'ultimo, che di fatto erano riusciti a realizzare.
E poi… Svetlana non avrebbe resistito. Potevamo difendere lei e i suoi parenti. Ma non avevamo il potere di intervenire nelle sue decisioni. E se avesse tentato di salvarmi, di strapparmi dai sotterranei della Guardia del Giorno, o di rapirmi dall'aula del Tribunale, l'avrebbero eliminata, in fretta e senza esitazioni. Tutto il gioco era basato su una sua probabile mossa falsa. Ed era stato architettato da tanto tempo, da quando il mago delle Tenebre Zavulon aveva visto la futura comparsa della Grande Maga e il ruolo che sarebbe toccato a me. Allora erano state preparate le trappole. La prima non aveva funzionato. La seconda aveva già spalancato le sue fauci avide. Ed era possibile che ce ne fosse anche una terza.
Ma cosa c'entrava il ragazzino, per ora ancora incapace di manifestare i suoi poteri magici?
Mi fermai.
Anche lui apparteneva alle Tenebre, no?
E chi erano gli agenti delle Tenebre che venivano uccisi? I più deboli e incapaci, quelli che non avevano la volontà di sviluppare i loro poteri.