Dunque poteva essere un altro cadavere da segnare sulla mia lista… ma che senso aveva?
Non lo sapevo. Però del fatto che il ragazzino era condannato e che il nostro incontro nel metrò non era stato casuale ero assolutamente certo. Forse ero stato visitato da un'altra premonizione, o forse era semplicemente un altro elemento di quel gigantesco puzzle che andava al suo posto.
Egor sarebbe perito.
Ricordai come mi aveva guardato dalla banchina della metropolitana, con la fronte aggrottata, desiderando nello stesso tempo chiedermi qualcosa e insultarmi, gridandomi ancora una volta quelle verità sulle Guardie che aveva scoperto troppo presto. E come poi si era voltato ed era corso verso il treno.
«Ma c'è qualcuno che vi difende, vero? La vostra Guardia?»
«Ci prova.»
Certo che ci provava. Avrebbe cercato il Selvaggio fino all'ultimo.
Ma ecco la risposta!
Mi bloccai, stringendomi la testa tra le mani. Luce e Tenebre, come ero stupido! Come ero irrimediabilmente ingenuo!
Finché il Selvaggio era vivo, non avrebbero fatto scattare la tagliola. Non bastava spacciarmi per uno psicopatico, per un assassino dei maghi della Luce. Volevano anche annientare il vero Selvaggio.
Le Forze delle Tenebre, o per lo meno Zavulon, sapevano chi era. Non solo, erano addirittura in grado di controllarlo. E gli offrivano le prede giuste: maghi da cui non avrebbero tratto grandi vantaggi. Adesso quello del Selvaggio non era nemmeno più il solito eroico duello con le Tenebre: andava a combattere a ragion veduta. Le Forze delle Tenebre lo circondavano da tutte le parti: prima il mutantropo, poi il mago al ristorante e adesso il ragazzino. Probabilmente aveva l'impressione che tutto il mondo stesse impazzendo, che si stesse avvicinando l'Apocalisse, che le Forze delle Tenebre avessero conquistato il mondo. Non avrei voluto essere al suo posto.
Il mutantropo l'avevano sacrificato per potere presentare la loro protesta e indicare chi era l'accusato. Il mago delle Tenebre per incastrarmi definitivamente e avere il diritto alla formalizzazione dell'accusa e all'arresto. Il ragazzo per eliminare finalmente il Selvaggio, che aveva ormai esaurito la sua funzione. Saltare fuori all'ultimo momento, coglierlo ancora davanti al cadavere, eliminarlo troncandogli ogni possibilità di fuga o di resistenza: lui infatti non si rendeva conto che combattevamo secondo una serie di regole, e non si sarebbe mai arreso né avrebbe ubbidito a un ordine di un ignoto "Guardiano del Giorno".
Dopo la morte del Selvaggio non avrei più avuto scampo. O acconsentivo al rovesciamento della memoria o sarei stato costretto a trasmigrare nel Crepuscolo. E in ogni caso Svetlana si sarebbe gettata in mio aiuto.
Rabbrividii.
Avevo freddo. Comunque avevo freddo. Avevo avuto l'impressione che l'inverno fosse completamente finito, ma era solo un'impressione.
Alzando una mano fermai una macchina di passaggio. Guardai il guidatore negli occhi e ordinai: — Andiamo.
L'impulso era stato abbastanza forte, non mi chiese nemmeno dove eravamo diretti.
Il mondo si avvicinava alla fine.
Qualcosa si muoveva, qualcuno strisciava, ombre antiche ritornavano, risuonavano parole sorde di lingue dimenticate, un tremito scuoteva la terra.
Le Tenebre sorgevano sul mondo.
Maksim era sul balcone, e fumava, ascoltando distratto lo sfogo di Elena. Andava avanti già da qualche ora, dal momento in cui la ragazza che avevano salvato era saltata giù dalla macchina alla stazione della metropolitana. Maksim aveva sentito sul suo conto tutto quello che avrebbe potuto immaginare, e anche qualcosa che non sarebbe mai stato in grado di immaginare.
Che era uno stupido e un donnaiolo, pronto a rischiare la pelle per un musetto grazioso e un bel paio di gambe, Maksim se lo sentì dire senza particolare stupore. Che era uno sfacciato e una carogna, che amoreggiava in presenza della moglie con una prostituta brutta e consumata era già più originale. Soprattutto considerando che con l'imprevista passeggera aveva scambiato al massimo un paio di parole.
Adesso era arrivata alle sciocchezze più assurde. Aveva tirato fuori i viaggi di lavoro, e quelle due volte che era tornato a casa ubriaco… completamente ubriaco. Poi aveva fatto alcune ipotesi sul numero delle sue amanti, e sulla sua completa ottusità e mollezza, che gli avevano impedito una crescita professionale e una vita decente.
Maksim le lanciò un'occhiata da sopra la spalla.
Elena questa volta non aveva accusato se stessa, cosa abbastanza strana. Era seduta sul divano di pelle davanti al gigantesco televisore Panasonic e parlava, parlava…
Ma davvero pensava tutte quelle cose?
Che avesse una folla di amanti? Che avesse salvato quella sconosciuta per il suo aspetto grazioso, e non per le pallottole che le fischiavano intorno? E che vivessero così poveramente? Loro, che tre anni prima avevano comprato quel bell'appartamento, che l'avevano riempito di cose carine, che a Natale erano stati in Francia?
La voce della moglie ne era sicura. La voce accusava. La voce soffriva.
Maksim con uno scatto lanciò la sigaretta nel vuoto. Guardò la notte.
Le Tenebre, le Tenebre si avvicinavano.
Là, nella toilette, aveva ucciso il mago delle Tenebre. Una delie più ripugnanti incarnazioni del Male universale. Un uomo che portava con sé la cattiveria e il terrore. Che sottraeva energia a chi lo circondava, che opprimeva le anime degli uomini, che trasformava il bianco in nero, l'amore in odio. Come al solito, da solo contro il mondo intero.
Però prima era diverso. Non gli era mai capitato di incontrare quelle creature del demonio per due giorni di seguito: o stavano tutti uscendo dalle loro fetide tane o la sua vista era migliorata.
Ecco, anche adesso…
Maksim guardava la città dall'alto del suo nono piano e quello che vedeva non era il solito panorama notturno punteggiato di luci. Quello era per gli altri. L'umanità cieca e impotente. Lui vedeva un grumo di Tenebre che ondeggiava sulla terra. Non molto in alto, più o meno al livello di un decimo-undicesimo piano.
Maksim vedeva una nuova creatura delle Tenebre.
Come sempre. Come al solito. Ma perché così spesso, perché addirittura di seguito? Era già la terza! La terza nel giro di ventiquattr'ore!
Le Tenebre baluginavano, oscillavano, si muovevano. Le Tenebre vivevano.
E alle sue spalle Elena elencava i suoi peccati con voce stanca, offesa, infelice. Si era alzata, adesso, e si era avvicinata alla portafinestra, come se temesse che Maksim non l'avesse sentita. Bene, anzi, meglio così. Almeno non avrebbe svegliato i bambini, ammesso che si fossero addormentati. Per qualche motivo Maksim quella sera era assalito dal dubbio.
Se avesse davvero creduto in Dio, sul serio… Ma di quella debole fede che lo riscaldava dopo ogni azione di purificazione ormai non restava quasi nulla. Non poteva esistere Dio in un mondo dove il Male prosperava in quel modo.
Però se Dio fosse esistito, o se almeno nell'anima di Maksim l'osse rimasta una fede autentica, sarebbe caduto in ginocchio all'istante, sul cemento sporco e rappezzato, e avrebbe teso le braccia all'oscuro cielo notturno, al cielo dove perfino le stelle splendevano timide, velate di tristezza. Avrebbe gridato: "Perché? Perché, Signore? È un'impresa superiore alle mie forze, superiore a me stesso! Sollevami da questo compito, te ne prego, sollevami. Io non sono la persona giusta. Sono debole."
Non gridò. Non era stato lui a scegliersi quel fardello. Non poteva essere lui a toglierselo. Ardeva e splendeva davanti a lui una luce nera. Il nuovo tentacolo delle Tenebre.
— Lena, scusami. — Scostò la moglie, rientrò nella stanza. — Devo andare.
Lei si interruppe a metà di una parola e nei suoi occhi, in cui fino a quel momento c'erano stati solo risentimento e offesa, balenò lo spavento.
— Torno. — Maksim si diresse rapidamente verso la porta, sperando di evitare qualsiasi domanda.