Выбрать главу

— Tre anni sono troppi — dichiarai io. — Facciamo uno. Massimo uno.

— Va bene.

Fissai Ol'ga e lei fissò me, col suo sguardo immobile da uccello da cui però ancora s'intuiva una traccia della donna aristocratica e coperta di sudiciume che aveva bevuto il cognac in cucina da me.

— Buona fortuna! — mi augurò. — Cerca di ridurre il vortice. Almeno di una decina di metri… poi sarò io a rischiare.

L'uccello volò via e sparì nel Crepuscolo, chissà dove, nei suoi strati più profondi.

Sospirando, raggiunsi l'edificio. La proboscide del turbine ondeggiava, cercando di sfiorarmi. Io tesi le palme, incrociandole, in segno di allontanamento.

Il turbine sussultò e rotolò via. Senza timore, piuttosto accettando le regole del gioco. Con simili dimensioni e pronto a esplodere in modo infernale, doveva comportarsi con raziocinio e non diventare un missile telecomandato, ma un feroce ed esperto kamikaze. Suonava buffo: "un esperto kamikaze", anche se, riferita alle Tenebre, questa definizione era appropriata. Irrompendo nel mondo degli uomini, il turbine infernale era destinato a perire, ma non era molto di più che la morte di una vespa in un immenso sciame.

— La tua ora non è ancora venuta — dissi. Il turbine infernale non poteva rispondere, ma io avevo comunque voglia di dirlo.

Passai accanto al vertice che sembrava fatto di vetro nero che avesse acquisito l'elasticità della gomma. La sua superficie esterna era quasi immobile, ma in profondità, dove il blu scuro era buio insondabile, s'intuiva un mulinare furioso.

Forse avevo torto. O forse l'ora era venuta…

Nella casa non c'era neppure un codice per entrare. C'era una serratura, ma era stata rotta, scardinata. Era normale. Un piccolo benvenuto dalle Forze delle Tenebre. Mi ero già disabituato a prestare attenzione ai loro impercettibili aloni, alle scritte e alle tracce delle loro suole sudicie sui muri, alle lampadine fulminate e agli ascensori fuori uso. Ma ora ero su di giri.

Non mi occorreva nemmeno conoscere il suo indirizzo. Sentivo la ragazza — non era il caso di non chiamarla ragazza solo per via del matrimonio, era più che altro la categoria dell'età a contare — sapevo dove andare, avevo già visto il suo appartamento, o meglio, non è che l'avessi visto, l'avevo percepito nella sua interezza.

L'unica cosa che non capivo era come togliere di mezzo quel maledetto vortice…

Mi fermai davanti alla porta, una porta normale, non blindata, il che era assai strano a pianterreno, per di più con la serratura del portone rotta. Sospirai profondamente e suonai. Erano le undici. Un po' tardi, certo.

Si udirono dei passi. Nessuna sensazione di isolamento acustico…

Capitolo 7

Aprì subito la porta.

Senza fare una domanda, senza guardare dallo spioncino, senza mettere la catenella. Eppure abitava a Mosca! Era notte! Si trovava da sola nell'appartamento! Il turbine aveva fagocitato anche gli ultimi residui di prudenza, la stessa che consente a una ragazza di resistere anche per parecchi giorni. Ecco com'è che muoiono di solito le persone sulle quali è caduta una maledizione…

Ma esteriormente Svetlana per il momento restava normale. Eccezion fatta per le borse sotto gli occhi… ma chi poteva mai dire come aveva trascorso la notte? Ed era vestita… aveva una gonna, una blusa elegante e le scarpe ai piedi, come se aspettasse qualcuno o si preparasse a uscire.

— Buonasera, Svetlana — dissi, già vedendo dal suo sguardo che dava segno di riconoscermi. Certo doveva conservare un assai vago ricordo di me dal giorno prima. E quell'istante in cui lei aveva capito che ci conoscevamo, senza ricordare come, andava sfruttato.

Mi allungai attraverso il Crepuscolo. Con cautela, perché il turbine era quasi incollato sopra la testa di lei e poteva scatenarsi una reazione in qualsiasi istante. Con cautela, perché non avevo voglia di ingannarla.

Anzi, desideravo solo il suo bene.

Può essere interessante e divertente solo la prima volta. Ma se continui a trovarlo interessante anche dopo, non c'è posto per te nella Guardia della Notte. Un conto è modificare le categorie morali, e sempre dalla parte del Bene. Un altro è interferire nella memoria. È inevitabile, bisogna farlo, è previsto dal Patto e il processo di entrata e uscita dal Crepuscolo provoca in chi sta intorno un'amnesia momentanea.

Ma se anche solo una volta provi piacere a giocare con la memoria altrui, è venuta per te l'ora di andartene.

— Buonasera, Anton. — La sua voce diventò fluida quando la costrinsi a ricordare ciò che non era mai avvenuto. — Le è successo qualcosa?

Sorrisi con malignità, battendomi lo stomaco. Nella memoria di Svetlana era in corso un uragano. Non ero così in gamba da poterla dotare di una memoria prefabbricata e falsa. Per fortuna bastava darle due o tre input e poi si sarebbe ingannata da sola. Aveva assemblato la mia immagine da quella di un suo remoto conoscente che mi somigliava fisicamente e da un altro ancora più remoto e fortuito, ma che le era simpatico, da una ventina di pazienti della mia stessa età e da qualche vicino di casa. Io avevo appena interferito nel processo, stimolando Svetlana a elaborare l'intera immagine. Una brava persona… un nevrotico… per questo è spesso malato… flirta un po', ma solo un po'… è molto insicuro… vive nella scala accanto.

— Ha dolore? — disse, concentrandosi. Era davvero un bravo medico. Un medico per vocazione.

— Un po'. Ieri sera ho bevuto. — Tutto il mio aspetto esprimeva pentimento.

— Anton, l'avevo avvertita… Entri…

Entrai e chiusi la porta, lei non si preoccupò nemmeno di questo. Quando mi fui spogliato, mi guardai intorno nel mondo ordinario e in quello del Crepuscolo.

Una tappezzeria a buon mercato, un tappetino logoro sotto i piedi, vecchi stivali, il lampadario che pende dal soffitto con una semplice lampadina di vetro, il radiotelefono sul muro, con un pessimo ricevitore cinese. Un ambiente povero, pulito, dozzinale. E non solo perché fare il medico d'ambulatorio non rende molto. Piuttosto è lei a non avere ambizioni di benessere e comfort. Male… molto male.

Nel mondo crepuscolare l'appartamento faceva un'impressione quasi migliore. Nessun vegetale ripugnante, nessuna traccia delle Forze delle Tenebre. Se si esclude il vortice malefico, certo. Che imperava… Lo vedevo tutto intero, dal vertice che si avvitava sopra la testa della ragazza fino all'infiorescenza che si dilatava per un'altezza di trenta metri.

Seguendo Svetlana, entrai nell'unica stanza. Qui era più accogliente. Il divano brillava di un caldo color arancione e nell'angolo c'era una vecchia lampada a stelo. Due pareti erano coperte da scaffali stipati di libri: sette, posti l'uno sopra l'altro in altezza… Era tutto chiaro.

Cominciavo a capirla. Non come oggetto di lavoro, né come ipotetica vittima di un mago delle Tenebre che aveva agito di sua iniziativa, e nemmeno come causa involontaria di disastro, ma come persona. Una ragazzina che viveva solo di libri, introversa e piena di complessi, con in testa un mucchio di ridicoli ideali e il sogno infantile del principe azzurro che era in cerca di lei e che un giorno l'avrebbe senz'altro trovata. La professione di medico, qualche amica, qualche amico e molta, moltissima solitudine. Lavoro coscienzioso, come nel codice del costruttore del comunismo, rare uscite al caffè e rari innamoramenti. E le sere, tutte identiche l'una all'altra, sul divano con un libro, il telefono accanto e il ronzio rassicurante e narcotizzante del televisore in sottofondo.

Non è possibile.

Ogni azione del Bene è accettazione dell'esistenza dell'attività del Male. Il Patto! La Guardia! L'equilibrio del mondo!

Sopporta o impazzisci, viola la legge o vai tra la folla, distribuisci alla gente regali non richiesti, contravvenendo al destino e aspettandoti a ogni svolta di imbatterti in ex amici o eterni amici pronti a spedirti nel Crepuscolo. Per sempre…