La solita maledetta abitudine di fare previsioni! Gli operativi ne sono privi per la natura stessa del loro lavoro. Il loro elemento è la reazione immediata al pericolo: combattimento, vittoria o sconfitta.
Il'ja aveva già estratto il bastone magico. Era troppo fosforescente per un mago di terzo grado, e la sua luce troppo diffusa per credere a un'improvvisa esplosione di forze. Era assai probabile che fosse stato il Capo a caricare il bastone.
Significava forse che l'aveva previsto?
Significava forse che si aspettava l'apparizione di qualcuno di forza pari alla sua?
Né Tigrotto né Orso cambiarono aspetto. La loro magia non necessitava di dispositivi particolari, né tanto meno di trasformazioni in corpi umani. Orso continuava a fissare la vampira, ignorando del tutto Zavulon. Tigrotto era accanto a me. Semën si strofinò le reni e fece un lento giro dimostrativo intorno alla vampira.
— Loro? — ruggì Tigrotto.
Non capii subito che cosa era stato a contrariarla.
— Sono sotto la mia protezione — ripeté Zavulon. Si avviluppò nell'informe cappotto nero e si coprì la testa con un nero berretto di pelliccia. Il mago nascose le mani in tasca, ma io ero certo che non avesse nulla, né amuleti, né pistole.
— Tu chi sei? — gridò la vampira. — Chi sei?
— Il tuo difensore e protettore. — Zavulon mi guardò, ma incidentalmente, di sfuggita. — Il tuo padrone.
Era forse impazzito? La vampira non capiva nulla della composizione delle forze. Era come ubriaca. Era pronta a morire… a porre fine alla propria esistenza. E ora era comparsa la possibilità di sopravvivere, ma quel tono…
— Io non ho padroni! — La ragazza, la cui vita provocava la morte altrui, scoppiò in una risata. — Chiunque tu sia, della Luce o delle Tenebre, rammentalo! Io non ho e non avrò mai padroni!
Cominciò ad arretrare verso il bordo del tetto, trascinando con sé Egor. Con una mano continuava a tenerlo, con l'altra a stringergli la gola. Un ostaggio… una bella mossa contro le Forze della Luce.
O forse anche contro le Forze delle Tenebre?
— Zavulon, siamo d'accordo — dissi. Abbassai la mano sulla schiena tesa di Tigrotto. — Lei è tua. Portala via fino al processo. Noi rispettiamo il Patto.
— Li porto via… — Zavulon guardò il vuoto dinanzi a sé. Il vento gli sferzava il volto, ma gli occhi immobili del mago erano dilatati, quasi vitrei. — La donna e il ragazzo sono nostri.
— No, solo la vampira.
Finalmente mi degnò di uno sguardo. — Adepto della Luce, io prendo solo ciò che è mio. Nel rispetto del Grande Patto. La donna e il ragazzo sono nostri.
— Tu sei più forte di ognuno di noi — replicai — ma sei solo, Zavulon.
Il mago delle Tenebre scrollò il capo e sorrise con tristezza e compassione.
— No, Anton Gorodeckij.
Dal pozzo dell'ascensore uscirono un giovane e una ragazza. Che conoscevo. Che, ahimè, conoscevo bene.
Alisa e Pet'ka. Una strega e uno stregone della Guardia del Giorno.
— Egor! — chiamò piano Zavulon. — Tu hai capito la differenza tra noi? Qual è la parte che ti sembra preferibile?
Il ragazzo taceva. Ma, forse, solo perché gli artigli della vampira gli stringevano la gola.
— Abbiamo un problema? — chiese Tigrotto, facendo le fusa.
— Già — confermai.
— La vostra decisione? — domandò Zavulon. I suoi Guardiani per il momento tacevano, senza interferire in ciò che stava accadendo.
— Non mi piace — disse Tigrotto, sporgendosi verso Zavulon, e la sua coda mi frustò senza pietà il ginocchio. — Non mi piace affatto il punto di vista dei Guardiani del Giorno… sull'attuale situazione…
Era evidente che si trattava di un'opinione condivisa anche da Orso: quando lavoravano in coppia a esprimersi era sempre solo uno di loro. Guardai Il'ja: faceva roteare il bastone e sorrideva in modo poco raccomandabile, trasognato. Come un bambino che, anziché portare con sé un mitra di plastica, si fosse portato un UZI carico. Per Semën era lo stesso. Lui se ne fregava di quelle inezie. Correva sui tetti da settant'anni.
— Zavulon, tu parli a nome dei Guardiani del Giorno? — gli chiesi.
Un lampo di esitazione balenò negli occhi del mago delle Tenebre.
Stava succedendo qualcosa… Perché Zavulon aveva abbandonato il nostro quartier generale, rinunciando alla possibilità di rintracciare un mago sconosciuto dalla forza mostruosa e di farlo aderire alla Guardia del Giorno? A una simile possibilità non si rinuncia nemmeno per una vampira e un ragazzino potenzialmente molto dotato. Perché Zavulon voleva il conflitto?
E perché, perché lui non voleva — era evidente, non c'era dubbio! — agire a nome dei Guardiani del Giorno?
— Parlo a titolo personale — disse Zavulon.
— Allora tra noi c'è una piccola discordanza di opinioni — replicai.
Non voleva coinvolgere le Guardie. Ora eravamo semplicemente Altri, anche se in servizio e impegnati in una missione. Ma Zavulon preferiva non portare il conflitto a uno scontro ufficiale. Perché? Aveva una così grande fiducia nelle sue forze o aveva una così grande paura del Capo?
Non ci capivo nulla.
E, soprattutto, perché aveva abbandonato il quartier generale e la caccia? Per il mago che aveva scagliato la maledizione contro Svetlana? Le Forze delle Tenebre si erano battute perché il mago fosse consegnato a loro. E adesso rinunciavano così facilmente?
Che cosa sapeva Zavulon che noi non sapevamo?
— I vostri penosi… — cominciò il mago delle Tenebre. Non riuscì a concludere: la vittima aveva fatto la sua mossa.
Udii il ruggito di Tigrotto, un ruggito perplesso, sbigottito. Mi voltai.
Egor, che già da mezz'ora rivestiva il ruolo di ostaggio abbracciato alla vampira, era svaporato, svanito.
Il ragazzino era finito nelle profondità del Crepuscolo.
La vampira non stringeva più le braccia per trattenerlo o per ucciderlo. Agitava convulsamente le zampe artigliate, ma ormai non afferrava più nessuna carne viva. Menava colpi a se stessa, a sinistra sul petto, sul cuore.
Che peccato che fosse un morto vivente!
Orso scattò. Come una montagna appena risvegliatasi, sfrecciò nel vuoto dove prima stava Egor e si avventò contro la vampira. Il corpo che si dibatteva fu sommerso dalla sua mole. Spuntava solo una mano con gli artigli che martellava di pugni il fianco irsuto.
In quello stesso istante Il'ja sfilò il bastone. La luce violetta si affievolì appena prima che il bastone esplodesse in una colonna bianca fiammeggiante. Pareva che tra le mani dell'operativo vi fosse il raggio accecante e quasi palpabile di un faro. Con un evidente sforzo Il'ja mosse le mani, abbagliando il cielo grigio con un raggio quale non si era più visto a Mosca dai tempi della guerra, e scagliò il gigantesco bastone su Zavulon.
Il mago delle Tenebre gridò.
Il bastone luminoso si abbatté su di lui, lo schiacciò contro il tetto, ma poi balzò via dalle mani di Il'ja e acquisì autonomia di movimento. Ora non era più un raggio di luce, né una colonna fiammeggiante, bensì un serpente bianco, che si avvitava su se stesso e si ricopriva di scaglie argentee. L'estremità del suo corpo gigantesco si appiattì, trasformandosi in un cappuccio da cui spuntò un muso con occhi immobili della dimensione di una ruota di camion. La lingua guizzò, sottile, biforcuta, fiammeggiante.
Feci un balzo indietro, per poco non mi sfiorava con la coda. Il cobra di fuoco si acciambellò, avventandosi contro Zavulon, infilando a scatti la testa tra le spire del corpo. E tra anelli fiammeggianti tre ombre si percuotevano l'un l'altra, cosparse di torbide strisce. Il balzo di Tigrotto contro la strega e lo stregone della Guardia del Giorno mi era semplicemente sfuggito.