Il'ja scoppiò a ridere piano, sfilando da sotto la cintura un altro bastone. Questa volta meno luminoso e forse caricato da lui.
E così aveva con sé armi specifiche contro Zavulon… Possibile che il Capo già sapesse con chi gli sarebbe toccato battersi?
Esaminai il tetto. A una prima occhiata sembrava tutto sotto controllo. Orso, che soffocava la vampira, si accaniva a pestarla con le zampe e di tanto in tanto da sotto la sua mole giungevano suoni indistinti. Tigrotto si occupava delle guardie e pareva non aver bisogno d'aiuto. Il cobra bianco soffocava Zavulon.
Non avevamo più niente da fare lì. Il'ja, imbracciando il bastone, osservava quei corpo a corpo, incerto in quale gettarsi a capofitto. Semën, che aveva perduto ogni interesse per la vampira e aveva conservato un atteggiamento indifferente nei confronti di Zavulon e delle guardie, vagava lungo il bordo del tetto, fissando verso il basso. Che temesse nuovi rinforzi da parte delle Tenebre?
E io invece stavo lì come un idiota, con un'inutile pistola tra le mani…
L'ombra giaceva ancora ai miei piedi. Vi entrai, sentendomi trafiggere dal gelo. Non dal gelo noto agli uomini, né da quello che conoscono bene gli Altri, ma dal gelo delle profondità del Crepuscolo. Qui non c'era più vento, il ghiaccio e la neve si erano dissolti. Era sparito anche il muschio blu. Tutto era coperto da una nebbia fitta, vischiosa, grumosa. Amici e nemici si erano trasformati in confuse ombre fruscianti. Solo il cobra fiammeggiante, che lottava con Zavulon, restava allo stesso modo impetuoso e sfavillante. Questo combattimento penetrava in ogni strato del Crepuscolo. Cercai di immaginare quante energie fossero concentrate in quel bastone magico e mi sentii mancare.
Perché le Tenebre, perché la Luce? Né una vampira, né un ragazzino-Altro valevano sforzi simili!
— Egor! — gridai.
Cominciavo già a congelare. Nel secondo livello del Crepuscolo ero entrato solo due volte: la prima durante le lezioni, assistito dall'istruttore, e la seconda la sera precedente per penetrare attraverso la porta chiusa. Qui non avevo difese e perdevo a ogni istante le forze.
— Egor! — Attraversai il Crepuscolo. Alle mie spalle echeggiavano colpi sordi: il serpente sbatteva qualcuno contro il tetto, stringendone il corpo tra le fauci… Sapevo a chi apparteneva quel corpo…
Il tempo qui scorreva più lento e c'era una piccolissima probabilità che il ragazzino non avesse perso conoscenza. Mi avvicinai al punto dove s'era immerso, nel secondo strato del Crepuscolo, cercando di distinguere qualcosa e non notai nessun corpo a terra. Inciampai, caddi, mi risollevai, mi accoccolai e mi ritrovai faccia a faccia con Egor.
— Tutto a posto? — gli chiesi assurdamente. Assurdamente, perché aveva gli occhi aperti e mi fissava.
— Sì.
Le nostre voci echeggiavano sorde e rimbombavano. Due ombre ondeggiavano proprio accanto a noi: Orso continuava a strapazzare la vampira. Quanto resisteva!
E quanto resisteva anche il ragazzo!
— Andiamo — dissi, allungando una mano e sfiorandogli la spalla. — Qui… è opprimente. Rischiamo di rimanerci per sempre.
— E sia.
— Non capisci, Egor! È una sofferenza! Una sofferenza eterna dissolversi nel Crepuscolo. Non puoi neanche immaginarlo, Egor! Andiamocene!
— Perché?
— Per vivere.
— Perché?
Le dita mi si erano curvate. La pistola era diventata pesante, sembrava fusa nel ghiaccio. Avrei resistito ancora un minuto o due…
Guardai Egor negli occhi. — Ognuno deve decidere per sé. Io me ne vado. Ho ancora una ragione per vivere.
— Perché vuoi salvarmi? — chiese il ragazzo con curiosità. — La vostra Guardia ha bisogno di me?
— Non credo che entrerai mai nella nostra Guardia… — dissi, sorprendendomi di me stesso.
Sorrise. Un'ombra passò tra di noi: Semën. Aveva notato qualcosa? C'erano problemi?
Me ne stavo lì a perdere le mie ultime forze, cercando di distogliere da un raffinato tentativo di suicidio un piccolo Altro comunque condannato.
— Me ne vado — dissi. — Perdonami.
L'ombra si era attaccata a me, mi si era congelata sulle dita e si era saldata al mio viso. Mi strappai da lei a strattoni. Il Crepuscolo sibilò, deluso da una simile condotta.
— Aiutami! — disse Egor. Sentivo appena la sua voce, ero quasi uscito. Lo disse all'ultimo secondo.
Tesi la mano, afferrando la sua. Ormai l'ombra cadeva, mi si staccava di dosso, la nebbia intorno si diradava. E tutto il mio aiuto al ragazzo non poteva essere che simbolico: doveva farcela da solo.
Ce la fece.
Precipitammo nello strato superiore del Crepuscolo. Il vento freddo mi sferzò il viso, ma ora era persino piacevole. Le deboli scosse erano ormai scontri violenti. I torbidi grigi diventarono brillanti.
Qualcosa era cambiato in quei secondi in cui avevamo parlato. La vampira seguitava a dibattersi sotto l'Orso… Ma c'era dell'altro. Il ragazzo stregone era riverso sul tetto forse morto, forse privo di conoscenza. Accanto a lui si azzuffavano ancora Tigrotto e la strega… Ma c'era dell'altro.
Il serpente!
Il serpente bianco si gonfiava, s'ingrossava, aveva già occupato un quarto del tetto. Come se l'aria lo facesse ondeggiare sollevandolo in alto, o come se fosse decollato da solo. Semën stava dinanzi alle spire avvitate del suo corpo infuocato, dopo essersi accovacciato in una delle vecchie posizioni da combattimento e le sue palme percuotevano quel groviglio bianco fiammeggiante. Non mirava al cobra, ma a qualcuno che stava sotto di lui e che avrebbe dovuto essere morto da un pezzo, e che invece continuava ancora a lottare…
Un'esplosione!
Un turbine di Luce, brandelli di Tenebre. Qualcosa mi urtò la schiena e cadendo precipitai su Egor, travolgendolo, ma in compenso riuscii ad afferrargli la mano. Tigrotto e la strega, avvinte nella lotta, volarono verso il bordo del tetto e si arrestarono sulla recinzione. Orso si strappò dalla vampira, distrutto, coperto di ferite, ma ancora vivo. Semën barcollò, ma rimase in piedi: era protetto da una torbida lente riflettente di difesa. L'unico a precipitare giù fu lo stregone che aveva perso conoscenza: nella caduta sfondò le sbarre arrugginite di un cancello e si accasciò come un sacco vuoto.
Solo Il'ja era rimasto lì impalato. Non avevo notato nessuna protezione intorno a lui, che continuava a contemplare come prima quanto stava avvenendo, stringendo il suo bastone.
E i resti del cobra infuocato si librarono nell'aria, si dispersero in guizzanti nuvolette, in scintille, mandando piccoli bagliori. Da sotto questi fuochi d'artificio si levò lentamente Zavulon, allargando le braccia in un gesto magico. Nel combattimento aveva perso i vestiti e ora era completamente nudo. Il suo corpo si era modificato e aveva assunto i tipici connotati demoniaci: fosche squame avevano preso il posto della pelle, il cranio aveva una forma irregolare, peli arruffati gli erano cresciuti al posto dei capelli, gli occhi erano sottili con le pupille verticali. Dal coccige pendeva una corta coda biforcuta.
— Via! — gridò Zavulon. — Via!
Chissà che accadeva ora nel mondo degli uomini… Esplosioni di letale nostalgia e di cieca, ingiustificata gioia, attacchi di cuore, azioni assurde, litigi tra amici cari, tradimenti di amanti fedeli… Gli uomini non vedevano ciò che era in corso, ma la loro anima ne era sfiorata.
Perché?
Perché tutto questo per i Guardiani del Giorno?
In quel momento fui invaso da un senso di serenità. Una fredda, razionale, quasi dimenticata serenità.
Una strategia dalle molte mosse. Si potrebbe ipotizzare che tutti gli eventi si siano determinati secondo un preciso piano della Guardia del Giorno. Partiamo da qui. E poi unifichiamo tutte le casualità, a cominciare dalla mia caccia nella metropolitana, no, a cominciare dall'istante in cui a un ragazzo vampiro fu destinata in pasto una ragazza di cui non poté fare a meno di innamorarsi.