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C'era qualcosa che mi turbava, ma annuii e mi avviai verso la porta, stringendo il prezioso dischetto. Soltanto all'ultimo momento la domanda si chiarì nella mia testa e, girandomi, chiesi: — Boris Ignafevic…

Il Capo e Ol'ga si separarono istantaneamente.

— Boris Ignafevic, qui ci sono i dati di quattro persone?

— Sì.

— I suoi, quelli di Il'ja, quelli di Semën…

— E i tuoi, Anton.

— Perché? — chiesi scioccamente.

— Durante la contrapposizione sul tetto sei passato nel secondo strato del Crepuscolo per tre minuti. Anton… si tratta del terzo livello di forza.

— Non è possibile — fu l'unica cosa che riuscii a dire.

— È quello che è successo.

— Boris Ignafevic, ma lei ha sempre detto che sono un mago di livello medio!

— Supponiamo che mi sia molto più utile un ottimo programmatore che un bravo operativo.

In un altro momento mi sarei sentito orgoglioso. Anche un po' offeso, ma tutto sommato orgoglioso. Avevo sempre pensato che il quarto livello di magia fosse il massimo a cui potevo aspirare e che non l'avrei comunque raggiunto tanto presto. Adesso però tutto era inghiottito da una sensazione di terrore, una sgradevole, tenace, disgustosa sensazione di terrore. Cinque anni di lavoro da impiegato, in una postazione tranquilla all'interno del quartier generale, mi avevano disabituato ad avere paura di tutto: delle autorità, dei banditi, delle malattie…

— È stata un'interferenza di secondo livello…

— In questo caso il confine è troppo sottile, Anton. È possibile che tu sia capace anche di cose più grandi.

— Ma di maghi di terzo livello tra noi ce ne sono almeno una decina. Perché io sono tra i sospettati?

— Perché tu personalmente hai ferito Zavulon. Hai schiacciato la coda al capo dei Guardiani del Giorno della città di Mosca. E lui è assolutamente capace di organizzare una trappola speciale per Anton Gorodeckij. O meglio, di adattargli una vecchia trappola che tenevano di riserva.

Inghiottii e uscii senza chiedere altro.

Anche il nostro laboratorio è al terzo piano, ma in un'ala diversa. Percorsi in fretta il corridoio, salutando i conoscenti con un cenno, senza fermarmi.

Il Capo aveva detto la verità?

Poteva essere un colpo destinato a me?

Probabilmente aveva detto la verità. Avevo posto una domanda diretta e avevo ricevuto una risposta diretta. Naturalmente con il passare del tempo anche i maghi della Luce sviluppano una certa dose di cinismo e imparano a usare vari equilibrismi verbali. Ma le conseguenze di una menzogna diretta sarebbero state troppo pesanti anche per Boris Ignat'evič.

L'antiporta con il sistema di controllo elettronico. Sapevo che tutti i maghi considerano la tecnica con una certa ironia, e Semën una volta mi aveva dimostrato quanto era facile ingannare l'analizzatore vocale e lo scanner della retina. Però ero riuscito ugualmente a ottenere l'acquisto di quei costosi giocattolini. Forse non sarebbero riusciti a difenderci da un Altro. Ma io sono assolutamente convinto che prima o poi i ragazzi dei servizi o quelli della mafia si decideranno a farci una visita.

— Uno, due, tre, quattro, cinque… — borbottai nel microfono, fissando l'obiettivo della telecamera. Per qualche secondo l'elettronica mi valutò, poi sopra la porta si accese la lucina verde di via libera.

Nella prima stanza non trovai nessuno. Ronzavano i ventilatori del server, sbuffavano i condizionatori inseriti a muro, ma faceva lo stesso molto caldo. E la primavera era appena cominciata…

Non andai nel laboratorio dei sistemisti, ma raggiunsi subito il mio ufficio. Be', non solo mio. Anche Tolja, il mio vice, risiedeva là. E nel senso più letterale della parola, visto che spesso si fermava a dormire sul vecchio divano di pelle.

Era seduto al tavolo ed esaminava con aria meditabonda una vecchia scheda madre.

— Ciao — dissi, sedendomi sul divano. Il dischetto mi bruciava tra le dita.

— È morta — disse Tolja cupo.

— E buttala, allora.

— Adesso, provo solo… — Tolja si distingueva per l'estrema parsimoniosità, sviluppata in lunghi anni di lavoro negli istituti finanziari. Noi non avevamo problemi di finanziamenti, ma lui conservava accuratamente tutti i vecchi aggeggi ormai inutili. — Senti, ci sono stato mezz'ora, e lo stesso non ne vuole sapere…

— Ma è vecchia, perché continui a insistere? In ragioneria hanno macchine più nuove.

— La potevo dare a qualcuno. Magari ci ricavavo qualcosa…

— Tolja, abbiamo un lavoro urgente — gli dissi.

— Sì?

— Sì. Eccolo… — sollevai il dischetto. — Qui c'è un dossier… un dossier completo su quattro membri della Guardia. Compreso il Capo.

Tolja aprì il cassetto del suo tavolo, ci buttò la scheda madre e guardò il disco.

— Proprio così. Io ne controllerò tre. E tu il quarto… che sono io.

— E che cosa bisogna controllare?

— Ecco. — Presi i fogli che ci avevano consegnato alla riunione. — È possibile che qualcuno dei sospettati abbia ucciso alcuni maghi delle Tenebre. Senza essere stato punito. Qui sono indicati tutti i casi di cui siamo al corrente. Dobbiamo escludere questa possibilità, o…

— Li uccidi davvero? — mi interruppe Tolja. — Scusa la malignità…

— No. Però tu non credermi. Mettiamoci al lavoro.

Le informazioni che mi riguardavano non provai nemmeno a guardarle. Trasferii tutti gli ottocento megabyte sul computer di Tolja e presi il disco.

— Se mi capita sotto gli occhi qualcosa di interessante te lo devo raccontare? — mi chiese Tolja.

Gli lanciai un'occhiata di sbieco, mentre lui dava una prima scorsa ai file di testo, tormentandosi l'orecchio sinistro e cliccando ritmicamente con il mouse.

— Come vuoi.

— D'accordo.

Cominciai dal dossier con il materiale sul Capo. All'inizio c'era un cappello di informazioni generali. A mano a mano che leggevo mi immergevo sempre più profondamente in un bagno di sudore.

Il vero nome e l'origine del Capo, naturalmente, non erano indicati nemmeno in quel fascicolo: per Altri di quel livello in genere non si documentano queste informazioni. Ma facevo lo stesso una scoperta a ogni secondo. A cominciare dal fatto che il Capo era più vecchio di quanto supponessi. Come minimo di centocinquant'anni. E questo significava che aveva preso parte personalmente alla stesura del Patto tra la Luce e le Tenebre. Era una cosa un po' strana, perché tutti i maghi superstiti di quell'epoca adesso occupavano cariche importanti alla direzione centrale, e non si stancavano in posti noiosi e pesanti come quello di direttore regionale.

Inoltre scoprii alcuni dei nomi con cui il Capo aveva partecipato alle varie fasi della storia delle Guardie, e dove era nato. Di questo qualche volta avevamo discusso, arrivando anche alle scommesse, e ciascuno di noi aveva trovato prove "inconfutabili". Ma chissà perché nessuno aveva mai immaginato che Boris Ignat'evič venisse dal Tibet.

Immaginare poi di chi era stato istruttore sarebbe stata un'impresa superiore alle nostre più audaci fantasie!

Il Capo lavorava in Europa già dal XV secolo. Da segnali indiretti capii che la causa di quel brusco cambio di residenza era stata una donna. E intuii anche quale.

Mentre chiudevo la finestra delle informazioni generali, diedi un'occhiata a Tolja. Guardava un video-frammento, la mia biografia, che ovviamente non doveva risultare avvincente come quella del Capo. Osservai più attentamente la scenetta… e arrossii.

— Per il primo episodio hai un alibi di ferro — disse Tolja senza voltarsi.

— Senti un po'…

— Va bene. Non importa. Adesso lo faccio passare più veloce, così lo controllo tutto questa notte…

Mi immaginai come doveva risultare il film a velocità doppia, e mi girai. No, certo, avevo idea che la direzione controllasse i suoi collaboratori, soprattutto i più giovani, ma non così cinicamente!