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— Io non posso vietarlo. Il controllo è gestito dall'Inquisizione.

La stupida domanda: "Ma esiste davvero l'Inquisizione?" riuscii a non formularla esplicitamente. Probabilmente, però, la mia faccia era abbastanza espressiva.

Il Capo mi guardò ancora per un attimo, forse aspettandosi altre domande, poi proseguì: — Allora, Anton. Da questo momento non devi più rimanere solo. Diciamo che puoi andare da solo in bagno, ma in tutti gli altri casi devi sempre avere accanto due o tre testimoni. Possiamo sperare che si verifichi un altro omicidio.

— Se davvero vogliono incastrarmi, non ci saranno più omicidi finché non resterò senza alibi.

— E prima o poi capiterà. — Il Capo sogghignò. — Non prendermi per un vecchio scemo.

Annuii un po' incerto, senza capire del tutto. — Ol'ga…

Quasi subito una porta a metà parete, che mi era sempre sembrata quella di un armadio, si aprì ed entrò Ol'ga, sorridente, aggiustandosi i capelli. I jeans e la camicia le stavano estremamente aderenti, come capita soltanto dopo una doccia calda. Dietro di lei riuscii a intravedere un bagno enorme, con una vasca idromassaggio e una immensa finestra panoramica probabilmente trasparente solo dall'interno.

— Ol'ga, ce la farai? — le chiese il Capo. Si riferiva a qualcosa di cui avevano già parlato.

— Da sola? No.

— Intendevo quell'altra cosa.

— Certo che ce la farò.

— Mettetevi schiena contro schiena — ordinò il Capo.

Non avevo voglia di discutere. Anche se avevo avuto un tuffo al cuore: capivo che stava per accadere qualcosa di molto serio.

— E lasciatevi andare tutti e due — continuò Boris Ignat'evič.

Chiusi gli occhi, mi rilassai. La schiena di Ol'ga era calda e umida anche attraverso la camicia. Che strana sensazione: toccare una donna che ha appena fatto l'amore… ma non con te.

No, non ero innamorato di lei. Forse perché mi ricordavo il suo aspetto non umano, forse perché eravamo subito passati al tipo di rapporti che ci sono tra compagni di lavoro. Forse anche per tutti gli anni che separavano le nostre date di nascita: che cosa significa un corpo giovane, quando negli occhi dell'altro vedi la polvere dei secoli? Eravamo rimasti amici, niente di più.

Ma stare così vicino a una donna il cui corpo ricorda ancora le carezze di un altro uomo è comunque una strana sensazione…

— Cominciamo… — disse il Capo, forse un po' troppo bruscamente. Poi pronunciò qualche parola di cui non riuscii a capire il significato, in una lingua che era risuonata sul nostro mondo molti millenni prima.

Mi sommerse un'ondata di gioia così pura e folle, e assolutamente ingiustificata, che il mondo circostante si offuscò. Sarei caduto, ma la forza che fluiva dalle mani alzate del Capo sorreggeva Ol'ga e me con fili invisibili, ci costringeva a piegarci, a stringerci l'uno all'altra.

Poi i fili si ingarbugliarono.

— Mi devi scusare, Anton — disse Boris Ignat'evič. — Ma non c'era tempo per incertezze e spiegazioni.

lo rimasi in silenzio. Un silenzio sordo, ottuso mentre, seduto sul pavimento, guardavo le mie mani con le dita sottili ornate da due anelli d'argento, le mie gambe, lunghe ed eleganti, ancora umide per il bagno recente e fasciate da un paio di jeans decisamente aderenti, e le scarpe da corsa bianche e blu, sui piedi aggraziati.

— È solo per poco — disse il Capo.

— Che… — Volevo imprecare. Mi riscossi, cercai di rimettermi in piedi, ma mi zittii immediatamente dopo aver sentito il suono della mia voce. Una tenera voce femminile, un po' di petto.

— Anton, stai tranquillo. — Il giovane uomo al mio fianco mi tese la mano e mi aiutò ad alzarmi.

E per fortuna, perché altrimenti sarei sicuramente caduto. Il baricentro era completamente diverso. Era diventato anche più basso, e vedevo il mondo da un'angolatura completamente differente…

— Ol'ga? — domandai, fissando la mia vecchia faccia. La mia compagna, e adesso anche inquilina del mio corpo, annuì. Guardando confuso il suo… il mio viso, notai che quella mattina non mi ero rasato molto bene. E che sulla fronte mi stava maturando un piccolo brufolo rosso, degno di un adolescente in piena età dello sviluppo.

— Anton, stai tranquillo, anch'io cambio sesso per la prima volta.

Non so perché, ma le credetti. Nonostante la sua età, era abbastanza probabile che Ol'ga non si fosse mai trovata in una situazione così spinosa.

— Ti sei ambientato? — mi chiese il Capo.

Mi guardai ancora una volta, un po' osservandomi le mani, un po' studiando il mio riflesso nei vetri degli scaffali.

— Andiamo. — Ol'ga mi prese per mano. — Boris, un attimo… — I suoi movimenti erano incerti quanto i miei, forse addirittura di più. — Luce e Tenebre, ma come camminate voi maschietti? — esclamò improvvisamente.

Allora mi misi a ridere. Io, l'obiettivo della provocazione della Guardia del Giorno, ero stato messo al riparo nel corpo di una donna! E per l'esattezza nel corpo dell'amante del Capo, vecchio quanto la cattedrale di Notre Dame di Parigi!

Ol'ga mi spinse letteralmente nel bagno — notai con un piacere istintivo la mia forza — e mi fece chinare sulla vasca. Poi mi indirizzò in faccia il getto dell'acqua fredda della doccia, già premurosamente preparata per quell'evenienza.

Sbuffando mi divincolai dalla sua stretta. Riuscii a malapena a soffocare l'impulso di assestarle un bello schiaffo… o l'avrei assestato a me stesso? A quanto pare i processi motori di quel corpo non mio cominciavano a rimettersi in moto.

— Non è una crisi isterica — dissi irritato. — È che è tutto così ridicolo.

— Davvero? — Ol'ga mi guardava, aggrottando la fronte. Possibile che quello fosse il mio sguardo, quando volevo assumere un'espressione di benevolenza mista a dubbio?

— Assolutamente.

— Allora datti un'occhiata.

Mi avvicinai allo specchio, grande e sontuoso come tutte le suppellettili di quella stanza da bagno segreta, e fissai la mia immagine.

Il risultato fu strano. Osservando il mio nuovo aspetto, mi calmai completamente. Probabilmente se mi fossi ritrovato in un corpo altrui maschile, lo shock sarebbe stato maggiore. Ma così… niente di speciale, a parte la sensazione di essere mascherato.

— Non state agendo su di me? — le chiesi. — Tu o il Capo?

— No.

— Vuol dire che ho nervi molto saldi.

— E hai anche il rossetto sbavato — notò Ol'ga ridacchiando. — Sei capace di truccarti le labbra?

— Ma sei impazzita? No di certo!

— Ti insegnerò io. Non ci vuole molto. Sei stato fortunato, Anton.

— Perché?

— Se tutto questo fosse successo tra qualche giorno, avresti dovuto imparare anche a usare gli assorbenti.

— Come tutti gli uomini che guardano la televisione, so perfettamente come si usano.

Capitolo 2

Uscii dall'ufficio di Boris Ignat'evič e mi fermai per un attimo, lottando contro la tentazione di tornare indietro.

Potevo rifiutare in qualsiasi momento il piano organizzato dal Capo. Bastava che mi girassi, pronunciassi qualche parola, e Ol'ga e io ci saremmo ritrovati nei nostri veri corpi. Ma nell'ultima mezz'ora di colloquio il Capo mi aveva dato motivi sufficienti per ritenere che lo scambio dei corpi fosse l'unica risposta efficace alla provocazione degli agenti delle Tenebre.

In fondo non è ragionevole rifiutare una cura risolutiva solo perché le punture fanno male.

In borsetta avevo le chiavi dell'appartamento di Ol'ga. Insieme a soldi e carta di credito — in un borsellino — trucchi, un fazzoletto, un assorbente (perché, poi, se non mi doveva servire?), una confezione già aperta di mentine, un pettine, qualche moneta, uno specchietto, un minuscolo cellulare…

Le lasche vuote dei jeans, invece, mi trasmettevano un'inconscia sensazione di perdita. Le esplorai per un secondo, sperando di trovarci almeno una monetina dimenticata, ma finii con il convincermi che, come la maggioranza delle donne. Ol'ga teneva tutto nella borsetta.