Non che le tasche vuote fossero il mio problema principale, quel giorno. Ma era comunque un particolare irritante. Trasferii qualche banconota dalla borsetta alla tasca e mi sentii più sicuro.
Peccato soltanto che Ol'ga non usasse il walkman…
— Ciao. — Era arrivato Garik. — È libero il Capo?
— È… con Anton… — risposi.
— Va tutto bene, Ol'ga? — Garik mi guardò attentamente. Non so che cosa avesse notato: un'intonazione diversa, i movimenti incerti, una nuova aura. Ma se perfino un operativo, con cui né io né Ol'ga avevamo particolari rapporti, avvertiva il cambiamento… non valevo un fico secco.
Nel frattempo Garik mi aveva rivolto un sorriso timido, incerto, che mi colse di sorpresa: non mi ero mai accorto che cercasse di flirtare con le ragazze della Guardia della Notte. Faceva fatica perfino a fare conoscenza con le ragazze del genere umano, e nel complesso negli affari di cuore era decisamente sfortunato.
— Niente di grave. Abbiamo avuto una piccola discussione. — Mi voltai e, senza salutarlo, mi avviai verso le scale.
Era la versione per la Guardia del Giorno nel caso poco verosimile che tra di noi ci fosse un loro agente. A quanto ne sapevo, di casi simili ce n'erano stati uno o due in tutta la storia dei Guardiani, ma non si sa mai… meglio che tutti credessero che Boris Ignat'evič aveva litigato con la sua vecchia amica.
In effetti c'era anche il pretesto, e tutt'altro che insignificante. La reclusione secolare nell'ufficio del Capo, l'impossibilità di assumere sembianze umane, poi la riabilitazione parziale ma con la perdita della maggioranza dei poteri magici. Motivi più che sufficienti per giustificare una bella arrabbiatura… Così almeno mi ero liberato dalla necessità di impersonare la ragazza del Capo, che sarebbe stato decisamente eccessivo.
Immerso in questi pensieri, raggiunsi il secondo piano. Bisognava riconoscere che Ol'ga aveva cercato in tutti i modi di facilitarmi la vita. Quel giorno si era messa i jeans, e non il solito tailleur, o un vestito, e in più aveva scelto un paio di scarpe per correre, e non quelle con il tacco alto. Perfino il leggero profumo che mi aleggiava intorno non era troppo stordente.
Viva la moda unisex… e pensare che non l'avevo mai apprezzata…
Sapevo cosa dovevo fare adesso, come dovevo comportarmi. Ma era lo stesso molto difficile. Non dovevo avviarmi verso l'uscita, ma imboccare un corridoio laterale, seminascosto e tranquillo.
E poi sprofondare nel passato.
Dicono che gli ospedali abbiano un loro inconfondibile odore. Certamente. E non è strano, sarebbe più strano se non esistesse un odore speciale per quel miscuglio di disinfettanti e di ferite, di autoclavi e di dolore, di biancheria statale e di cibo insipido.
Ma da dove proviene, ditemelo, vi prego, da dove proviene l'odore caratteristico delle scuole e dei licei?
Nella sede della Guardia si studiano solo alcune materie. Ci sono argomenti che è più comodo insegnare all'obitorio, di notte: abbiamo i nostri uomini sul posto. Altri che si imparano sul territorio. Altri ancora che vengono presentati all'estero, nel corso di viaggi turistici finanziati dalla Guardia. Quando sono stato istruito io, mi hanno portato a Haiti, in Angola, negli USA e a Cuba.
Ciò nonostante, certi argomenti si possono trattare solo sul territorio della Guardia, un edificio coperto di magia e di incantesimi protettivi dalle fondamenta fino all'ultima tegola del tetto. Trent'anni prima, quando la Guardia si era trasferita in quella sede, avevano organizzato tre aule, della capienza di una quindicina di persone ciascuna. Non ho ancora capito cosa ci fosse alla base di tanta grandiosità, se un eccesso di ottimismo o una sovrabbondanza di spazi. Perfino ai miei tempi, ed era un anno molto fortunato, utilizzavamo una sola aula, e anche quella rimaneva mezzo vuota.
Adesso la Guardia istruiva quattro Altri. E solo riguardo a Svetlana avevamo la sicurezza che sarebbe entrata nelle nostre fila e non avrebbe scelto la normale vita degli umani.
Qui era tutto vuoto, vuoto e silenzioso. Camminavo lentamente per il corridoio, ammirando le aule deserte, che perfino la più ricca e attrezzata delle università avrebbe guardato con invidia. In ogni aula c'era un enorme proiettore, su ogni tavolo un notebook, e gli scaffali traboccavano di libri… E se quei libri li avesse visti uno storico, un vero storico, e non uno che ci speculava sopra…
Ma non li avrebbe mai visti.
In alcuni di essi c'era troppa verità. In altri troppo poca menzogna. Non era il caso che gli uomini li leggessero, soprattutto per la loro stessa tranquillità. Meglio che continuassero a vivere con la storia a cui erano abituati.
In fondo al corridoio era appeso un grande specchio, che occupava tutta la parete. Mi diedi un'occhiata di sbieco: lungo il corridoio avanzava ancheggiando una donna giovane e bella.
Inciampai, rischiando di finire lungo e disteso sul pavimento: anche se aveva fatto tutto il possibile per semplificarmi le cose. Ol'ga non aveva potuto cambiare il centro di gravità del suo corpo. Finché riuscivo a dimenticarmi del mio nuovo aspetto, tutto procedeva più o meno normalmente, perché funzionavano gli automatismi motori. Ma bastava che mi vedessi per un istante dall'esterno che cominciavano i guai. Perfino il respiro era diverso, come se l'aria penetrasse nei polmoni in un altro modo.
Mi avvicinai alla porta a vetri dell'ultima aula e cautamente sbirciai all'interno.
La lezione si stava concludendo proprio in quel momento.
Quel giorno avevano studiato la magia quotidiana, lo capivo scorgendo, allo stand di dimostrazione, Polina Vasil'evna. Era uno dei membri più vecchi della Guardia, dal punto di vista esteriore, dico, non come età reale. Era stata scoperta e iniziata quando aveva già sessantatré anni. Chi avrebbe potuto immaginare che quella vecchietta, che nei difficili anni del dopoguerra sbarcava il lunario leggendo le carte, avesse davvero dei poteri? E per di più tutt'altro che trascurabili, anche se male utilizzati.
— E adesso, se dovrete rimettere a posto i vestiti in tutta fretta — diceva Polina Vasil'evna in tono edificante — potrete farlo in pochi minuti. Ma non dimenticatevi di controllare prima quanta forza vi resta, altrimenti vi ritroverete in una confusione ancora peggiore.
— E quando l'orologio batterà la mezzanotte, la carrozza si trasformerà in una zucca — aggiunse a voce alta un giovanotto seduto accanto a Svetlana. Non lo conoscevo, era il secondo o il terzo giorno che frequentava la scuola, ma non mi piaceva.
— Esattamente! — concluse entusiasta Polina, abituata a trovare più o meno in ogni gruppo uno spiritosone del genere. — Le fiabe non mentono meno della statistica! Però ogni tanto ci si può trovare anche una goccia di verità.
Prese dal tavolo uno smoking perfettamente stirato, molto elegante, anche se un po' fuori moda. Del tipo di quello con cui ha fatto il suo ingresso nel mondo James Bond.
— Quando si trasformerà di nuovo in uno straccio? — chiese Svetlana in tono pratico.
— Tra due ore — le rispose Polina altrettanto spiccia. Appese lo smoking a una gruccia e tornò allo stand. — Non mi sono sforzata troppo.
— E per quanto tempo può farlo restare in perfetta forma, al massimo?
— All'incirca per ventiquattr'ore.
Svetlana annuì e improvvisamente guardò dalla mia parte. Mi aveva sentito. Sorridendo mi salutò con la mano. A quel punto mi notarono tutti.
— Prego, signora. — Polina chinò la testa. — È un grande onore per noi.
Sì, sapeva di Ol'ga qualcosa che io ignoravo. Tutti conoscevamo di lei solo una parte; soltanto il Capo, probabilmente, sapeva tutto.
Entrai, cercando disperatamente di attenuare l'eleganza della camminata. Inutilmente. Il giovanotto che sedeva accanto a Svetlana, un altro ragazzino sui quindici anni che già da sei mesi scaldava il banco del primo corso di magia, un coreano alto e robusto che poteva avere trenta come quarant'anni, tutti si girarono a guardarmi.