Ma quando questo corso lo frequentano quelli che ti sono davvero cari, o anche solo che ti stanno simpatici, inizi a tormentarti e a lacerarti nei dubbi. Magari cogli uno sguardo strano del tuo amico, e cominci a chiederti che cosa ha scoperto, quali verità o quali menzogne gli stanno somministrando. E che cosa sta scoprendo su di sé, sul mondo che lo circonda, sui suoi genitori, sui suoi amici.
E ti prende un desiderio strano, doloroso. Il desiderio di aiutarlo. Di spiegare, di accennare, di suggerire.
Anche se nessuno che abbia frequentato quel corso penserà mai di realizzare quel desiderio. Perché lì si impara proprio che cosa e quando si può e si deve dire, superando quel dolore.
In generale si può e si deve dire tutto. Bisogna solo scegliere bene il momento, perché altrimenti la verità può essere peggio di una bugia.
— Ol'ga?
— Capirai — dissi. — Devi solo aspettare.
Scrutando nella penombra lanciai la macchina avanti, insinuandomi tra un goffo fuoristrada e un ingombrante autocarro militare. Lo specchietto si piegò con un forte schiocco urtando la fiancata dell'autocarro. Superai il primo incrocio, e curvando con uno stridio di pneumatici, imboccai a tutta velocità il viale Entuziasty.
— Mi ama? — mi chiese all'improvviso Svetlana. — Sì o no? Tu probabilmente lo sai…
Sussultai, la macchina scartò di lato, ma Svetlana non ci fece caso. Non era la prima volta che rivolgeva a Ol'ga quella domanda, lo sentivo. Doveva esserci già stato un discorso tra loro due a questo proposito, un discorso pesante e ancora aperto.
— O ama te?
Basta. Adesso non potevo continuare a stare zitto.
— Anton ha un ottimo rapporto con Ol'ga. — Parlavo in terza persona sia di me sia della proprietaria del mio attuale corpo! Lo facevo apposta, ma suonava come l'espressione di una cortesia fredda e distaccata. — Ma è un'amicizia tra compagni di battaglia. Niente di più.
Se adesso avesse chiesto a Ol'ga cosa pensava lei di me, sarebbe stato molto più difficile cavarsela senza mentire.
Ma Svetlana rimase in silenzio. E dopo un minuto mi sfiorò brevemente la mano, come se volesse chiedermi scusa.
Allora fui io a non riuscire a trattenermi: — Perché me lo hai domandato?
Svetlana rispose subito, senza esitazioni. — Non capisco. Anton si comporta in modo molto strano. Talvolta sembra pazzo di me. E subito dopo mi tratta come tratterebbe uno qualsiasi dei tanti Altri che conosce. Un compagno di battaglie, e basta.
— Un nodo del destino — le spiegai asciutto.
— Cosa?
— Non ci siete ancora arrivati, Sveta.
— E allora spiegamelo!
— Cerca di capire. — Guidavo sempre più veloce. Evidentemente si erano inseriti i riflessi motori del corpo di Ol'ga. — Cerca di capire, la prima volta che è venuto a casa tua…
— So che ero stata suggestionata. Me l'ha detto — mi interruppe Svetlana.
— Non si tratta di questo. La suggestione era stata eliminata quando ti hanno raccontato la verità. Ma quando imparerai a vedere il destino, e tu imparerai sicuramente, e anche molto meglio di me. allora capirai.
— Ci hanno detto che il destino è mutevole.
— Il destino prevede molte varianti. Venendo da te. Anton sapeva che, in caso di successo, si sarebbe innamorato di te.
Svetlana non rispose. Mi sembrava che le si fossero un po' arrossate le guance, ma forse era per il vento che entrava dal tettuccio abbassato.
— E con questo?
— Sai che cosa significa? Essere condannali ad amare?
— Ma non è forse sempre così"? — Svetlana adesso tremava addirittura per l'indignazione. — Quando le persone si amano, quando si trovano tra mille, tra milioni di altri individui, non è sempre il destino?
In quel momento tornai a percepire in lei la ragazza infinitamente ingenua che già cominciava a svanire, la ragazza che era capace di provare perfino l'odio soltanto per se stessa.
— No. Sveta, non hai mai sentito la metafora "l'amore è come un fiore"?
— Sì.
— Un fiore si può coltivare, Sveta. O lo si può comperare. Oppure magari te lo regalano.
— E Anton l'ha comperato?
— No — dissi, forse un po' troppo bruscamente. — L'ha ricevuto in dono, dal destino.
— E allora? Se è comunque amore?
— Sveta. i fiori recisi sono bellissimi. Ma non vivono a lungo. Muoiono in fretta, anzi, anche se li metti con la massima cura in un vaso di cristallo pieno di acqua fresca.
— Ha paura di amarmi — disse Svetlana pensierosa. — È così? Io non avevo paura perché non sapevo questa cosa.
Mi avvicinai alla casa, procedendo con cautela tra le macchine parcheggiate. Soprattutto Žiguli e Moskvič. Non era un quartiere molto prestigioso.
— Perché ti ho detto queste cose? — mi chiese Svetlana. — Perché ho cercato di strapparti una risposta? E come fai tu a sapere le risposte, Ol'ga? È solo perché hai quattrocentoquarantatré anni?
Sentendo quella cifra sussultai. Un'esperienza di vita decisamente ricca. Ricchissima.
Tra un anno Ol'ga avrebbe festeggiato un compleanno molto originale.
Speravo che il mio corpo potesse giungere in una forma così strepitosa almeno a un quarto di quell'età.
— Andiamo.
Lasciai la macchina senza sorveglianza. Nessun essere umano avrebbe comunque neppure pensato di rubarla; gli incantesimi protettivi erano più sicuri di qualsiasi antifurto. Salimmo le scale ed entrammo nell'appartamento in silenzio, rapidamente.
Lì adesso c'era qualcosa di diverso. Dal lavoro Svetlana si era licenziata, ma il suo stipendio attuale, unito all'indennità che viene conferita al momento dell'iniziazione, erano ben più alti delle modeste entrate di un medico. Il televisore era nuovo, anche se non capivo quando trovava il tempo di guardarlo. Un televisore lussuoso, con uno schermo grandissimo, quasi troppo grande per il suo appartamento. Era divertente notare la passione per la bella vita che si risvegliava all'improvviso; all'inizio capitava a tutti, probabilmente per una reazione di difesa. Quando il mondo intorno a te crolla, quando le paure e i timori che ti hanno sempre accompagnato svaniscono e al loro posto ne compaiono altri, ancora più incomprensibili e confusi, cominci a realizzare i sogni della tua vita precedente che solo pochi giorni prima ti sembravano impossibili. C'è chi si tuffa nei ristoranti più cari, chi compra auto di lusso, chi comincia a vestirsi solo griffato. È una fase abbastanza breve, non tanto perché nella Guardia non si diventa miliardari, quanto perché quei desideri che ancora ieri accarezzavi con tanta passione cominciano a impallidire, a svanire nel passato. Per sempre.
— Ol'ga? — Svetlana mi guardava negli occhi.
Feci un respiro profondo per raccogliere le forze. — Non sono Ol'ga.
Silenzio.
— Non ero autorizzato a dirtelo prima. Solo qui. Il tuo appartamento è protetto dalle intrusioni delle Forze delle Tenebre.
— Autorizzato? — Aveva afferrato subito il punto.
— Non ero autorizzato — ripetei. — Questo è solo il corpo di Ol'ga.
— Anton?
Annuii.
Come mi sentivo assurdo in quel momento!
Per fortuna Svetlana era già abituata alle assurdità.
Mi credette subito.
— Mascalzone!
Lo disse con un'intonazione che sembrava più pertinente all'aristocratica Ol'ga. E anche lo schiaffo che mi arrivò immediatamente dopo aveva lo stesso stile.
Non mi fece male, però mi sentii offeso.
— Perché? — le chiesi.
— Perché hai ascoltato i discorsi altrui! — sparò Svetlana furibonda.
La formulazione era affrettata, però la capii. Nel frattempo aveva sollevato l'altra mano, ma io, contro l'insegnamento cristiano, avevo deciso di non porgere l'altra guancia.