Capitolo 3
Maksim non amava particolarmente i ristoranti. Anche questo per il suo carattere. Si sentiva molto più a suo agio, molto più allegro in qualche bar, o in un club, magari anche più costoso di un ristorante, ma decisamente più alla mano. Naturalmente c'è chi, anche nel ristorante più lussuoso, si comporta come un commissario rosso alle prese con una delegazione di borghesi: niente raffinatezza, né il minimo desiderio di acquisirla. Ma perché prendere a modello i "nuovi russi" delle barzellette?
Tuttavia la sera prima esigeva una qualche riparazione. Sua moglie aveva creduto all'«importante incontro di lavoro» o per lo meno aveva fatto finta di crederci. Ma lo stesso gli era rimasto qualche rimorso di coscienza. Se avesse saputo! Se avesse anche soltanto immaginato chi era lui in realtà e di che cosa si occupava!
Maksim non poteva dire nulla. E non gli era rimasto che rimediare a quella strana assenza notturna con il metodo usato da tutti gli uomini del mondo dopo una scappatella. Regali, attenzioni, inviti. Per esempio, in un ristorante prestigioso dalla ricercata cucina esotica, con camerieri stranieri, arredamento elegante e lista dei vini chilometrica.
Gli sarebbe piaciuto sapere se davvero Elena pensava che la sera prima l'avesse tradita… Diciamo che la domanda lo interessava, ma non fino al punto da formularla a voce alta. Bisogna sempre lasciare qualcosa di non detto. Magari prima o poi sua moglie avrebbe saputo la verità. E allora sarebbe stata orgogliosa di lui.
Speranze vane, probabilmente. Lo capiva benissimo. In un mondo pieno di creature del Male e delle Tenebre, lui era l'unico cavaliere della Luce, infinitamente solo, impossibilitato a condividere con chiunque altro le verità che andava scoprendo. All'inizio Maksim aveva sperato di incontrare qualcuno come lui: un vedente in un paese di ciechi, un cane da guardia capace di fiutare, in mezzo al gregge inconsapevole, i lupi travestiti da agnelli.
No. Non c'era nessun altro, non esisteva nessuno che potesse combattere al suo fianco.
E tuttavia non aveva abbandonato l'impresa.
— Cosa dici, prendo questo?
Maksim abbassò gli occhi sul menu. Non aveva la minima idea di cosa potesse essere quel Malai Kofta. Ma questo non gli impediva di lavorare di immaginazione. Tanto più che tutti gli ingredienti erano indicati.
— Prendilo. È carne in salsa di panna.
— Carne bovina?
Non capì subito che Elena stava scherzando. Poi rispose al suo sorriso.
— Ovviamente.
— E se ordinassi un piatto di carne bovina?
— Respingerebbero gentilmente la tua richiesta, suppongo — replicò Maksim. L'incombenza di distrarre la moglie in realtà non era affatto pesante. Al contrario, si rivelava decisamente piacevole. Anche se in quel momento sarebbe stato molto felice di poter osservare più attentamente la sala. C'era qualcosa di strano. Qualcosa emergeva dalla penombra, un brivido freddo lungo la schiena, e la necessità di socchiudere gli occhi e guardare, guardare, guardare…
Possibile?
Di solito tra una missione e l'altra trascorreva qualche mese, anche mezzo anno… Che capitasse addirittura due giorni di seguito…
Ma i sintomi erano quelli, inequivocabili.
Maksim controllò la tasca interna della giacca, come se volesse verificare la presenza del portafogli. In realtà cercava un'altra cosa: un piccolo pugnale di legno, intagliato con cura, ma senza nessuna pretesa artistica. Aveva conservato quell'arma dall'infanzia, senza sapere bene perché, ma presentendo che non era solo un giocattolo.
Il pugnale era come in attesa.
Ma di chi?
— Maks? — La voce di Elena aveva un'increspatura di rimprovero. — Dove stanno veleggiando i tuoi pensieri?
Brindarono. Porta male, dicono, brindare tra moglie e marito, in famiglia non ci saranno soldi… ma Maks non era superstizioso.
Chi era?
All'inizio sospettò di due ragazze. Tutt'e due simpatiche, belle anche, ma ciascuna a suo modo. La più bassa era bruna, forte, aveva gesti angolosi, un pochino maschili, di un'energia strabordante. Sembrava letteralmente emanare fluidi sessuali. L'altra, bionda, era più alta, più tranquilla e posata. E la sua bellezza era completamente diversa, pacificante.
Maksim scorse uno sguardo attento della moglie e smise di osservarle.
— Lesbiche — disse Elena con un certo disprezzo.
— Come?
— Ma guardale! Quella bruna, con i jeans, sembra decisamente un uomo!
Era vero. Maksim annuì.
Non erano loro. Gli era parso, ma si era sbagliato. Ma chi era, allora?
In un angolo della sala un cellulare cominciò a suonare e subito almeno una decina dei presenti controllò automaticamente il telefonino. Maksim seguì quel suono e di colpo gli si mozzò il fiato.
L'uomo che adesso parlava piano, brevemente, al telefono non era semplicemente un malvagio. Era addirittura tutto avvolto da un velo nero, invisibile per gli altri, ma ben percepibile da Maksim.
Emanava segnali di pericolo, e per di più di un pericolo prossimo e terribile.
Il petto gli doleva. — Sai, Lena, mi piacerebbe vivere su un'isola deserta — disse Maksim, sorprendendo innanzitutto se stesso.
— Da solo?
— Con te e i bambini. Ma che non ci fosse nessun altro. Nessuno.
Vuotò il calice in un sorso solo, e subito il cameriere gli versò altro vino.
— A me non piacerebbe.
— Lo so.
Il pugnale, nella tasca… lo sentiva bruciare e pesare sempre più. E si sentiva anche invadere da un'eccitazione sempre più forte, quasi sessuale. Che esigeva soddisfazione.
— Ti ricordi Edgar Allan Poe? — chiese Svetlana.
Ci avevano fatto entrare senza nessuna difficoltà, mi ero addirittura stupito. O le regole erano diventate più democratiche di un tempo, o i clienti erano diminuiti.
— No. È morto da troppo tempo. Anche se Semën mi ha raccontato…
— Ma non intendevo Poe come persona. Volevo dire i suoi racconti.
— L'uomo della folla? - Cominciavo a capire.
Svetlana fece una risatina: — Sì. Tu adesso sei nella sua situazione. Sei condannato a muoverti sempre nei luoghi più affollati.
— Finché non mi avranno definitivamente disgustato.
Avevamo preso tutt'e due un bicchierino di Baileys e avevamo ordinato qualcosa da mangiare. Probabilmente così facendo avevamo indotto il cameriere a un'interpretazione ben precisa della nostra visita: due prostitute inesperte in cerca di lavoro. Però la cosa mi lasciava del tutto indifferente.
— Ma lui era un Altro?
— Poe? Probabilmente, ma non iniziato.
Svetlana mormorò:
La guardai stupito.
— La conosci?
— Come dirtelo? — Sollevai lo sguardo e recitai in tono solenne:
Ci guardammo in faccia per un secondo e poi scoppiammo a ridere contemporaneamente.
— Un piccolo duello letterario — disse maliziosamente Svetlana. — Risultato: uno a uno. Peccato che non ci fossero spettatori. E perché Poe è rimasto non iniziato?
— In genere, tra i poeti, i potenziali Altri sono numerosi. Ma alcuni di questi candidati è meglio che continuino a vivere da uomini. Poe, per esempio, aveva una psiche troppo instabile. Dare capacità particolari a una persona così sarebbe come dare a un piromane un fusto di napalm. Non mi arrischio neppure a cercare di immaginare da quale parte si sarebbe schierato. Probabilmente sarebbe sparito per sempre nel Crepuscolo, e molto presto anche.