Выбрать главу

— E come vivono là? Quelli che scelgono il Crepuscolo?

— Non lo so, Svetlana. Non lo sa nessuno. Qualche volta può capitare di incontrarli, nel loro mondo, ma una vera e propria comunicazione non si stabilisce.

— Vorrei saperlo. — Svetlana esaminò la sala con espressione assorta. — E qui hai notato qualche Altro?

— Il vecchio dietro di me, che parla al cellulare.

— In che senso, vecchio?

— In senso profondo. Non sto guardandolo con gli occhi.

Svetlana si morse le labbra, corrugando la fronte. Cominciava a conoscere il gusto delle prime ambizioni.

— Non ci riesco ancora — ammise. — Non capisco neppure se appartiene alle Forze della Luce o a quelle delle Tenebre.

— Alle Tenebre. Non è un agente della Guardia del Giorno, ma appartiene alle Forze delle Tenebre. Un mago di media potenza. Anche lui, comunque, ci ha notate.

— Che cosa facciamo?

— Noi? Niente.

— Ma è un mago delle Tenebre!

— Sì, e noi siamo maghi della Luce. E allora? Come membri effettivi della Guardia abbiamo il diritto di chiedergli i documenti. Ma probabilmente sono in ordine.

— E quando avremmo il diritto di intervenire?

— Be', se adesso si alzasse, agitasse le braccia, si trasformasse in un demone e cominciasse a sbranare la testa ai presenti…

— Anton!

— Sono serissimo. Non abbiamo nessun diritto di disturbare un onesto mago delle Tenebre in un momento di riposo.

Il cameriere ci portò i nostri piatti, per cui ci zittimmo. Svetlana cominciò a mangiare senza appetito. Poi sbottò con aria offesa, come i bambini quando fanno i capricci: — E la Guardia dovrà strisciare così ancora per molto tempo?

— Davanti alle Forze delle Tenebre?

— Sì.

— Finché non avremo conquistato una superiorità decisiva. Finché gli uomini che diventano Altri non avranno nemmeno il più fuggevole dubbio al momento della scelta tra la Luce e le Tenebre. Finché gli agenti delle Tenebre non saranno tutti morti di vecchiaia. Finché non saranno più in grado di sospingere gli uomini verso il Male con la facilità di adesso.

— Ma questa è una capitolazione, Anton!

— È uno stato di neutralità. Entrambe le parti hanno bisogno di tempo, perché nasconderlo?

— Sai che il Selvaggio che da solo sparge il terrore tra le Forze delle Tenebre mi è molto più simpatico? Anche se infrange il Patto, anche se involontariamente ci mette in difficoltà! Ma almeno lui combatte contro le Tenebre. Capisci? Combatte! Uno contro tutti!

— E non ti sei mai chiesta perché uccide i maghi delle Tenebre, ma non entra in contatto con noi?

— No.

— Non ci vede, Svetlana. Non ci vuole vedere.

— Be', è un autodidatta.

— Sì. Un autodidatta di grande talento. Un Altro con capacità che si manifestano in modo caotico. Capace di vedere il Male. Incapace di distinguere il Bene. Non ti spaventa questa cosa?

— No — rispose Svetlana cupa. — Scusami, ma non capisco dove tu voglia arrivare, Ol'… cioè, Anton. Scusa, ma ti sei messo a parlare proprio come lei.

— Non fa niente.

— Il mago delle Tenebre se n'è andato — disse Svetlana, guardando oltre la mia spalla. — A succhiare le forze altrui, a compiere riti malvagi. E noi non interveniamo.

Mi voltai appena. Lo vidi. Esternamente in effetti non dimostrava più di una trentina d'anni. Vestito con gusto, affascinante. Al suo tavolo erano rimasti una giovane donna e due bambini, un maschietto sui sette anni e una bambina un pochino più piccola.

— È andato a fare pipì, Sveta. E la sua famiglia, tra l'altro, è assolutamente normale. Nessun potere. Vorresti liquidare anche loro?

— Sono frutti di quell'albero…

— Prova a dirlo a Garik. Suo padre è un mago delle Tenebre. Ed è ancora vivo.

— Ci sono sempre eccezioni.

— Tutta la vita è fatta di eccezioni.

Svetlana non rispose.

— Conosco la tua smania, Sveta. Fare il Bene, perseguitare il Male. Una volta per tutte. Anch'io sono così. Ma se non capisci che è un vicolo cieco, finisci nel Crepuscolo. E qualcuno di noi sarà costretto a interrompere la tua esistenza terrena.

— Però intanto avrei fatto qualcosa di buono…

— Sai come sarebbero interpretate le tue azioni, dall'esterno? Come quelle di uno psicopatico che uccide brave persone a destra e a sinistra. Descrizioni agghiaccianti sui giornali. Soprannomi pittoreschi: il Borgia di Mosca, magari. Inoculeresti nel cuore degli uomini tanto di quel Male, che nemmeno un'intera brigata di maghi delle Tenebre potrebbe rivaleggiare con te.

— Perché avete sempre una risposta pronta a qualsiasi domanda? — chiese Svetlana con amarezza.

— Perché abbiamo passato l'apprendistato. E siamo sopravvissuti. Per lo meno, siamo sopravvissuti quasi tutti!

Chiamai il cameriere e gli chiesi il menu. Poi proposi: — Prendiamo un cocktail e poi ce ne andiamo? Scegli!

Svetlana annuì e cominciò a esaminare la carta dei vini. Il cameriere, un ragazzo alto e bruno di pelle, non russo, rimase in attesa. Era abituato a vedere di tutto e lo spettacolo di due ragazze sole, una delle quali si comportava come un uomo, non lo turbava affatto.

— Un Alter Ego — disse Svetlana.

Scossi la testa perplesso: era uno dei cocktail più forti. Ma non volli cominciare un'altra discussione.

— Due Alter Ego e il conto.

Mentre il barman ci preparava i cocktail e il cameriere si occupava del conto, rimanemmo in un silenzio penoso. Alla fine Svetlana mi chiese: — Va bene, per quanto riguarda i poeti la situazione è chiara. Sono potenziali Altri. E i malfattori? Caligola, Hitler, i serial killer?

— Esseri umani.

— Tutti?

— Di solito sì. Noi abbiamo i nostri malfattori. I loro nomi non dicono niente agli uomini, ma voi presto inizierete il corso di storia.

L'Alter Ego risultò all'altezza del suo nome. Nel calice oscillavano senza mescolarsi due strati pesanti, uno bianco e uno nero, costituiti l'uno da un liquore dolce e pannoso e l'altro da una birra scura amara.

Pagai in contanti — non mi piace lasciare tracce elettroniche — e alzai il calice.

— Alla Guardia.

— Alla Guardia — ripeté Svetlana. — E che tu possa uscire al più presto da questa storia.

Avrei tanto voluto chiederle di toccare legno, così, per sicurezza, ma preferii tacere. Bevvi il cocktail in due sorsi: prima una dolcezza morbida, poi una leggera sensazione di amaro.

— Buono — disse Sveta. — Sai che mi piace questo posto? Possiamo fermarci ancora un po'?

— A Mosca ci sono molti posti simpatici. Meglio trovarne uno senza maghi neri in libera uscita.

Sveta annuì. — A proposito, non si vede più.

Guardai l'orologio. Decisamente quella sosta in bagno stava diventando troppo lunga.

E la cosa più spiacevole era vedere la famiglia del mago ancora seduta al tavolo: la moglie aveva già l'aria molto agitata.

— Sveta, torno subito.

— Non dimenticarti chi sei! — mi sussurrò lei mentre mi alzavo.

Sì. Effettivamente entrare in una toilette al seguito di un mago delle Tenebre sarebbe stato un po' strano, per me.

In ogni caso attraversai la sala, dando nel frattempo un'occhiata al Crepuscolo. Sarebbe stato logico vedere l'aura del mago, ma tutto intorno c'era solo un vuoto grigio, colorato dalle solite aure: soddisfatte, preoccupate, libidinose, alcoliche, felici.

Eppure non si era certo dileguato attraverso le tubature!

Soltanto oltre i muri del ristorante, dalle parti del consolato della Bielorussia, baluginava una luce incerta: l'aura di un Altro. Ma non era quella di un mago delle Tenebre, era molto più debole, e di una coloritura diversa.

Dove si era ficcato?

Il corridoio stretto aveva due porte in fondo ed era assolutamente vuoto. Per un attimo rimasi ancora indeciso: magari non l'avevamo semplicemente notato mentre rientrava, magari se n'era andato attraverso il Crepuscolo, magari aveva una tale potenza da essere capace di teletrasportarsi. Poi aprii la porta della toilette degli uomini.