— E se i nostri nemici vedessero delle possibili evoluzioni della realtà che noi non riusciamo a vedere? — Guardai il Capo negli occhi.
— E cioè?
— Io posso essere un mago debole, posso essere medio, o forte. Ma se mi bastasse solo fare una certa cosa per cambiare l'attuale equilibrio di forze? Magari qualche cosa di semplice, non legato alla magia? Boris Ignat'evič, in fondo le Forze delle Tenebre hanno cercato di allontanarmi da Svetlana. Evidentemente avevano previsto quella variante della realtà in cui l'avrei potuta aiutare! E se avessero visto qualcos'altro? Un avvenimento futuro? E l'avessero visto già da molto tempo, e da molto tempo si fossero preparati a neutralizzarmi? E se, a paragone con quella che mi aspetta, la lotta per Sveta fosse stata una sciocchezza?
All'inizio il Capo mi ascoltò attentamente. Poi corrugò la fronte e scosse la testa. — Anton, hai manie di grandezza. Scusami. Io esamino le linee di tutti i lavoratori della Guardia, da quelli più importanti fino allo zio Sura, il tecnico dell'impianto igienico. E tu non hai, scusami Anton, ma non hai nel tuo futuro nessuna impresa particolare. Su nessuna delle tue linee della realtà.
— Boris Ignat'evič, è assolutamente certo di non sbagliarsi?
Comunque mi aveva fatto infuriare.
— No. Io non sono assolutamente certo di nulla. Neppure di me stesso. Ma ci sono poche, pochissime possibilità che tu abbia ragione. Credimi.
Gli credetti.
Rispetto a quelle del Capo le mie capacità erano pari a zero.
— Dunque non sappiamo la cosa principale: il motivo.
— Sì. L'attacco è indirizzato a te, ormai non ci sono più dubbi. Questo Selvaggio lo governano con grande finezza ed eleganza. Gli lasciano credere che sta combattendo contro il Male, mentre da molto tempo è solo una marionetta nelle loro mani. Oggi l'hanno portato nello stesso ristorante dove c'eri tu. Gli hanno presentato la vittima. E ti hanno incastrato.
— Allora… cosa possiamo fare?
— Cercare il Selvaggio. È l'ultima possibilità, Anton.
— Ma praticamente lo uccìdiamo.
— Non noi. Noi lo troviamo soltanto.
— Non importa! Per quanto sia cattivo, per quanto si comporti in modo sbagliato, è sempre dei nostri! Combatte contro il Male nell'unico modo che conosce! Bisogna solo spiegargli le cose.
— È tardi, Anton. È tardi. Ci siamo lasciati scappare il momento della sua comparsa. Adesso ha alle spalle una tale storia… Ricordi come è morta quella vampira?
Annuii. — Riposi in pace.
— Eppure aveva commesso molti meno delitti, dal punto di vista delle Tenebre. E anche lei senza capire quello che stava succedendo. Ma la Guardia del Giorno ha riconosciuto la sua colpa.
— L'ha riconosciuta in modo occasionale o ha creato un precedente? — chiese Svetlana.
— Chi lo sa? Anton, devi trovare il Selvaggio.
Alzai gli occhi.
— Trovarlo e consegnarlo alle Forze delle Tenebre — disse il Capo perentoriamente.
— Perché io?
— Perché soltanto nel tuo caso è moralmente accettabile. Sei tu a essere minacciato. Tu ti limiteresti a difenderti. Per chiunque di noi consegnare un mago della Luce, sia pure il più selvaggio, il più grezzo, il più traviato, sarebbe uno shock troppo grande. Tu lo puoi sopportare.
— Non ne sono sicuro.
— Lo puoi sopportare. E tieni presente, Anton, che hai solo questa notte. I Guardiani del Giorno non hanno più motivo di aspettare, domani mattina presenteranno un'imputazione ufficiale contro di te.
— Boris Ignat'evič!
— Cerca di ricordare! Cerca di ricordare chi c'era qui. Chi è entrato nella toilette dopo il mago delle Tenebre?
— Nessuno. Sono sicura perché ho continuato a guardare per vedere se usciva — intervenne Svetlana.
— Vuol dire che il Selvaggio era già nella toilette, in attesa del mago. Ma in ogni caso deve esserne uscito. Non vi ricordate niente? Sveta, Anton?
Non rispondemmo. Io non ricordavo niente. Avevo cercato di non guardare dalla parte del mago delle Tenebre.
— È uscito un uomo dalla toilette — disse Svetlana. — Un tipo, be'…
Pensò per qualche istante.
— Normale, assolutamente normale. Un uomo medio, come se avessero mescolato milioni di facce e ne avessero creata una media. L'ho visto di sfuggita e l'ho subito dimenticato.
— Ricordatelo adesso — ordinò il Capo.
— Non ci riesco, Boris Ignat'evič. Un essere umano come tanti. Un uomo. Di età media. Non ho neppure capito che era un Altro.
— È un Altro allo stato naturale. Non entra nemmeno nel Crepuscolo, ma sta in equilibrio proprio sul confine. Sveta, ricorda! La faccia, o qualche segno particolare.
Svetlana si passò una mano sulla fronte. — Dopo essere uscito è tornato al suo tavolo, dove c'era una donna. Una bella donna, bionda. Si stava truccando. Ho notato anche la marca del fard che stava usando. Ljumene. Lo uso anch'io qualche volta: sono cosmetici che costano poco, non molto buoni.
Nonostante tutto, non riuscii a trattenere un sorriso.
— Ed era scontenta — aggiunse Svetlana. — Sorrideva, ma forzatamente. Come se volesse restare ancora un po', mentre lui la portava via.
Si interruppe di nuovo per riflettere.
— L'aura della donna! — gridò il Capo. — Te la ricordi! Trasmettimi la composizione!
Aveva alzato la voce e cambiato tono. Naturalmente nessuno nel ristorante l'aveva sentito. Ma sul volto dei presenti passò una breve smorfia convulsa, e un cameriere che portava un vassoio inciampò e fece cadere una bottiglia di vino e due coppe di cristallo.
Svetlana scosse la lesta: il Capo l'aveva fatta andare in trance senza sforzo, come se fosse stata un normale essere umano. Vidi le sue pupille dilatarsi e una lieve striscia arcobaleno che si stendeva tra il suo volto e quello del Capo.
— Grazie, Sveta — disse Boris Ignat'evič.
— Ci sono riuscita? — chiese Sveta stupita.
— Sì. Ti puoi considerare mago di settimo grado. Comunicherò che hai superato l'esame individualmente. Anton!
Adesso toccava a me guardare il Capo negli occhi.
Una scossa.
Flussi di un'energia sconosciuta agli uomini.
E una forma.
No, non vedevo il volto dell'amica del Selvaggio. Vedevo la sua aura, che è molto di più. Strati verdi e azzurri mescolati, come gelato in una coppa, una piccola macchia marrone, una fascia bianca. Un'aura abbastanza complessa, ma facile da ricordare e tutto sommato simpatica. Cominciai a sentirmi a disagio.
E inoltre lo amava.
Lo amava e si sentiva offesa da qualcosa. Pensava che lui avesse smesso di amarla, ma sopportava ed era disposta a sopportare a lungo.
Sulle tracce di questa donna avrei trovato il Selvaggio. E lo avrei consegnato al Tribunale, a morte sicura.
— N-no — dissi.
Il Capo mi guardò poco convinto.
— Lei non ha nessuna colpa! E lo ama, si vede chiaramente!
Una musica malinconica ci avvolgeva tutti, e nessuno dei presenti sembrò udire il mio grido. Potevi metterti a strisciare per terra, e magari intrufolarti sotto il loro tavolo… quelli al massimo avrebbero spostato le gambe e poi avrebbero continuato a degustare le specialità della cucina indiana.
Svetlana ci guardava. Si era ricordata l'aura, ma non era in grado di decifrarla: per quello ci voleva il sesto grado.
— Allora morirai tu — disse il Capo.
— Io so perché.
— E non pensi a coloro che ti amano, Anton?
— Io non ho questo diritto.
Boris Ignat'evič sorrise a denti stretti. — Che eroe! Ah, che eroi siamo tutti! Abbiamo mani pure, cuori d'oro zecchino, piedi che non hanno mai calpestato la merda. E la donna che hanno accompagnato fuori da poco, te la ricordi? I bambini in lacrime, te li ricordi? Loro non sono agenti delle Tenebre. Sono persone normali, quelle che noi abbiamo promesso di difendere. Quanto valuteremo ognuna delle nostre operazioni? Perché i nostri analisti, anche se li maledico cento volte al giorno, hanno già i capelli bianchi a cinquant'anni?