E come poco prima io avevo redarguito Svetlana, con la stessa sicura autorevolezza adesso il Capo mi schiaffeggiò sulle guance.
— Tu servi alla Guardia, Anton! Sveta serve alla Guardia! Mentre uno psicopatico, ammettiamo anche che sia buono, non ci serve! Afferrare un pugnale e far fuori qualche agente delle Tenebre sul portone di casa o in una toilette non è difficile. Senza pensare alle conseguenze, senza valutare la colpa. Dov'è il nostro fronte, Anton?
— Tra gli uomini. — Abbassai gli occhi.
— Chi difendiamo?
— Gli uomini.
— Non esiste un Male astratto, è questo che devi capire! Le radici sono qui, attorno a noi, in questa mandria che mastica e brinda un'ora dopo un assassinio! Ecco per che cosa devi lottare. Per gli uomini. Le Tenebre sono come l'idra, e più teste tagli, più ne ricresceranno! Si può sterminare solo con la fame, ti ricordi? Uccidi cento agenti delle Tenebre, e al loro posto ne sorgeranno mille. Ecco perché il Selvaggio è colpevole! Ecco perché tu. proprio tu, Anton, lo troverai. E lo obbligherai a presentarsi in tribunale. Spontaneamente o con la forza.
Il Capo si zittì all'improvviso. Si alzò bruscamente. — Andiamocene, bambine.
Ormai non mi colpiva più quell'appellativo. Balzai in piedi afferrando la borsa… un movimento inconscio, involontario.
Il Capo non aveva intenzione di perdere tempo. — Veloci!
Di colpo mi resi conto che avrei avuto bisogno di fare una sosta nel luogo in cui il mago delle Tenebre aveva incontrato la morte. Ma non mi arrischiai nemmeno ad accennare alla faccenda. Ci dirigemmo verso l'uscita a una tale velocità che gli uomini della sorveglianza sicuramente ci avrebbero fermato, se avessero potuto vederci.
— Troppo tardi — disse piano il Capo proprio sulla porta. — Abbiamo chiacchierato troppo.
Nel ristorante stavano entrando, o meglio, si stavano insinuando tre Altri. Due ragazzi robusti e una ragazza.
La ragazza la conoscevo. Alisa Donnikova. Una streghetta della Guardia del Giorno. Quando vide il Capo spalancò gli occhi.
Dietro di lei c'erano due sagome invisibili e inafferrabili che avanzavano in mezzo al Crepuscolo.
— Vi chiedo di fermarvi — disse Alisa con voce strozzata, come se le si fosse improvvisamente seccata la gola.
— Via. — il Capo mosse appena una mano e gli agenti delle Tenebre finirono addossati alle pareti che ci circondavano. Alisa si inclinò, tentando di puntarsi contro il muro, ma le forze in gioco erano evidentemente impari.
— Zavulon, io ti chiamo! — strillò.
O-oh. La streghetta doveva essere una delle amanti del capo della Guardia dei Giorno, per avere il diritto di chiamata!
Gli altri due agenti delle Tenebre uscirono dalla penombra. A occhio li individuai come maghi combattenti di terzo o quarto grado. Naturalmente per Boris Ignat'evič non costituivano alcun pericolo, e anch'io sarei stato in grado di aiutarlo, ma potevano farci perdere tempo.
Anche il Capo se ne rese conto. — Che cosa volete? — chiese in tono imperioso. — È l'ora dei Guardiani della Notte.
— È stato compiuto un delitto. — Gli occhi di Alisa mandavano fiamme. — Qui, e da poco. È stato ucciso un nostro fratello, ucciso da qualcuno di… — Il suo sguardo trapanava ora il Capo, ora me.
— Di…? — chiese il Capo speranzoso. La strega non cadde nella provocazione. Se si fosse arrischiata a lanciare contro Boris Ignat'evič un'accusa del genere — dato il suo status e l'ora non legittima — il Capo l'avrebbe senz'altro spalmata sul muro.
E senza nemmeno un secondo di esitazione.
— Da qualcuno della Luce!
— I Guardiani della Notte non hanno notizia di un criminale.
— Chiediamo ufficialmente assistenza.
Ecco. Adesso non avevamo più via di scampo. Rifiutare assistenza all'altra Guardia era quasi una dichiarazione di guerra.
— Zavulon, io ti chiamo! — gridò di nuovo la strega. Sentii nascere dentro di me una timida speranza che il capo delle Tenebre non la sentisse o fosse impegnato in qualche faccenda più importante.
— Siamo pronti all'assistenza — disse il Capo. La sua voce era di ghiaccio.
Detti una rapida occhiata alla sala, al di sopra delle robuste spalle dei maghi. Gli agenti delle Tenebre ci avevano già circondato, evidentemente con l'intenzione di tenerci sulla porta. Nel ristorante stava accadendo qualcosa di straordinario.
La gente mangiava.
Il rumore di mascelle era tale che sembrava che ai tavoli sedessero dei maiali. Sguardi ottusi, vitrei. In mano avevano le posate, ma afferravano il cibo con le dita, si soffocavano, grugnivano, sputacchiavano. Un uomo anziano, dall'aspetto dignitoso, che cenava tranquillo circondato da tre guardie del corpo e da una fanciulla, a un tratto cominciò a bere vino direttamente dalla bottiglia. Un simpatico giovanotto, di certo appartenente alla brillante schiera degli yuppy, e la sua attraente compagna si strappavano il piatto di mano, macchiandosi di salsa arancione. I camerieri correvano da un tavolo all'altro e lanciavano ai mangiatori piatti, tazze, fornellini, vasetti…
Le Tenebre avevano i loro metodi per distrarre i presenti.
— Qualcuno di voi era nel ristorante al momento dell'omicidio? — chiese solennemente la strega.
Il Capo rispose solo dopo qualche istante. — Sì.
— Chi?
— Le mie compagne.
— Ol'ga. Svetlana. — La strega ci scrutò brevemente. — Non era presente l'Altro, membro della Guardia della Notte, il cui nome di umano è Anton Gorodeckij?
— Oltre a noi, qui non c'erano membri della Guardia! — disse in fretta Svetlana. Bene, ma troppo in fretta. Alisa si rabbuiò, rendendosi conto di avere formulato la domanda in modo troppo vago.
— Una notte tranquilla, non è vero? — si sentì dalla porta.
Zavulon aveva risposto alla chiamata.
Lo guardavo, comprendendo irrimediabilmente che un mago di quel livello non si sarebbe lasciato ingannare dal mio mascheramento. Non aveva riconosciuto il Capo in Il'ja, ma con lo stesso trucco non si può prendere due volte una vecchia volpe.
— Non troppo tranquilla, Zavulon — disse il Capo semplicemente. — Manda via il tuo bestiame, o lo farò io in vece tua.
Il mago delle Tenebre era vestito come se il tempo si fosse fermato, e al gelido inverno non fosse subentrata una tiepida primavera. Giacca, cravatta, camicia grigia, scarpe strette ormai fuori moda. Guance vizze, sguardo offuscato, capelli corti.
— Sapevo che ci saremmo incontrati — disse.
Guardava me. Soltanto me.
— Che sciocchezza. — Zavulon scosse la testa. — Ma che bisogno hai di fare ancora certe cose, eh?
Fece un passo avanti. Alisa si scostò rapidamente.
— Un buon lavoro, una discreta agiatezza, l'amor proprio soddisfatto, tutte le gioie del mondo a tua disposizione, basta che pensi in tempo a quale sarà il Bene questa volta. E tu non vedi l'ora di buttarti in qualche stupida avventura. Io non ti capisco, Anton.
— E io non capisco te, Zavulon. — il Capo gli sbarrò la strada.
Il mago delle Tenebre fu costretto a guardarlo.
— Vuol dire che stai invecchiando. Nel corpo della tua amante — Zavulon ridacchio — c'è Anton Gorodeckij. Colui che noi sospettiamo per la serie di omicidi delle Forze delle Tenebre. È da tanto che sta nascosto lì, Boris? E tu non ti sei accorto di niente? — Ridacchiò di nuovo.
Lanciai un'occhiata agli agenti della Guardia del Giorno. Non avevano capito. Avevano ancora bisogno di un secondo, o forse meno.
Poi vidi che Svetlana sollevava le mani e che sulle sue palme pulsava il fuoco giallo della magia.
L'esame per il settimo grado di forza l'aveva dato, solo che probabilmente in quello scontro avremmo perso. Noi eravamo tre. Loro sei. Se Svetlana li avesse colpiti — salvando non sé, ma me, già sprofondato nella merda fino al collo — sarebbe cominciato il combattimento.
Balzai in avanti.
Che bella cosa che Ol'ga avesse un corpo così forte e allenato. Che bella cosa che tutti noi — sia le Forze della Luce che quelle delle Tenebre — ci fossimo disabituati a contare sull'energia di gambe e braccia per una semplice e schietta rissa. Che fortuna che Ol'ga, privata della maggior parte della sua magia, non avesse trascurato quest'arte.