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— Mi consegno alla tua pietà, Guardiano. Chiedo indulgenza e il giudizio.

— Basterebbe che mi allontanassi di un passo — dissi — o che tu riuscissi a prendere un po' di forza da qualcuno, e ti precipiteresti a telefonare. Prova a negarlo… lo sappiamo tutti e due.

Il mago delle Tenebre sorrise e ripeté: — Chiedo indulgenza e il giudizio, Guardiano!

Mi dondolavo la pistola tra le dita, mentre guardavo il suo volto sogghignante. Sono sempre pronti a chiedere. Mai a dare.

— Mi è sempre stato così difficile capire la nostra doppia morale — dissi. — È così penoso e sgradevole. Si impara solo col tempo, e adesso di tempo ne ho così poco! Quando bisogna inventarsi delle giustificazioni. Quando non si possono difendere tutti. Quando sai che in un certo reparto ogni giorno si firmano delle licenze per persone da consegnare alle Tenebre. È brutto, no?

Adesso non sorrideva più. Ripeté, come uno scongiuro: — Chiedo indulgenza e il giudizio. Guardiano!

— Non sono più un Guardiano — risposi.

La pistola con un sussulto cominciò a sparare, l'otturatore si mosse pigramente, sputando i bossoli. Le pallottole volavano nell'aria come un piccolo nugolo di vespe malefiche.

Il mago gridò solo una volta, poi due pallottole gli ridussero in frammenti il cranio. Quando la pistola si zittì con uno scatto, cominciai a ricaricarla lentamente, senza pensare a nulla.

Il corpo lacerato, distrutto, giaceva davanti a me. Aveva già cominciato a uscire dal Crepuscolo, e il ghigno delle Tenebre abbandonava a poco a poco la sua faccia da ragazzo.

Percorsi l'aria con la mano, nel tentativo di catturare qualcosa di inafferrabile che stava attraversando lo spazio. Lo strato più superficiale. Il calco del volto del mago delle Tenebre.

L'indomani l'avrebbero ritrovato. Un giovanotto buono, sano, amato da tutti. Ucciso bestialmente. Quanto Male avevo introdotto nel mondo con quel delitto? Quante lacrime, quanta durezza, quanto odio cieco? Che conseguenze avrebbe avuto nel futuro?

Ma quanto Male avevo eliminato? Quanti uomini sarebbero vissuti più a lungo e più felicemente? Quante lacrime risparmiate, quanta cattiveria, quanto odio eliminati prima ancora di nascere?

Forse in quel momento avevo superato la barriera che non si può superare.

Forse adesso capivo il confine successivo, che è necessario oltrepassare.

Rimisi la pistola nella fondina e uscii dal Crepuscolo.

La torre di Ostankino trapanava il cielo con la sua punta.

— Allora giochiamo senza regole — dissi. — Ma proprio senza.

Riuscii a fermare una macchina subito, senza nemmeno bisogno di suscitare nel guidatore un attacco di altruismo. Forse perché adesso indossavo la maschera del mago delle Tenebre morto, una maschera molto affascinante…

— Alla torre della televisione — dissi, ficcandomi in un'utilitaria dall'aria malconcia. — E il più in fretta possibile, prima che chiudano l'ingresso.

— Andiamo a divertirci? — chiese sorridendo l'uomo al volante, un tipo magro, con gli occhiali, dall'aria simpatica.

— Non puoi sapere quanto — risposi. — Non puoi sapere quanto.

Capitolo 5

Nella torre l'ingresso era ancora aperto. Comprai il biglietto, compreso l'accesso al ristorante, e attraversai il prato verde che circondava la torre. Per gli ultimi cinquanta metri la stradina era protetta da una sottile tettoia. Mi sarebbe piaciuto sapere a che scopo era stata allestita… Forse dalla vecchia costruzione si staccavano frammenti di cemento?

La tettoia terminava davanti alla garitta del punto di controllo. Presentai il passaporto, passai attraverso il metal detector, peraltro fuori servizio. Fine delle formalità, e di tutte le difese dell'importante obiettivo strategico.

Adesso cominciavano ad assalirmi i dubbi. A ben vedere l'idea di raggiungere quel luogo era decisamente strana. Non sentivo nelle vicinanze nessuna particolare concentrazione di Forze delle Tenebre. Se erano davvero lì, dovevano essersi nascosti molto bene, il che significava che mi sarei trovato alle prese con maghi di secondo-terzo livello. Una missione suicida, in pratica.

Il quartier generale. Il quartier generale operativo della Guardia del Giorno, schierato al gran completo per il coordinamento delle operazioni della caccia all'obiettivo numero uno. Cioè a me. Quale altro luogo sarebbe stato più appropriato per comunicare l'avvenuta eliminazione di un inesperto mago delle Tenebre?

Ma intrufolarmi nello stato maggiore, dove sedevano almeno una decina di maghi delle Tenebre, e tra i più esperti, non mi pareva una buona idea. Andare a infilare la testa nel cappio da solo… era una sciocchezza, e non una prova di eroismo, se avevo ancora qualche possibilità di cavarmela. E speravo moltissimo di avercela.

Dal basso, da sotto i petali di cemento dei piloni, la torre della televisione risultava molto più impressionante che da lontano. Anche se probabilmente la maggior parte dei moscoviti non era mai salita neppure una volta fino alla piattaforma panoramica, considerando la torre un'imprescindibile caratteristica dell'orizzonte moscovita, utile e simbolica, ma non un luogo di ricreazione. Qui, come in un tubo aerodinamico di bizzarra costruzione, soffiava il vento, e con l'ultima propaggine dell'udito si riusciva a cogliere un suono appena percepibile: la voce della torre.

Rimasi fermo lì sotto, guardando in alto, le griglie e i varchi, il cemento traforato, e la silhouette della torre, flessibile e incredibilmente aggraziata. Perché la torre è davvero flessibile: dischi di cemento appoggiati a cavi in tensione. Tutta la forza è nella flessibilità. Solo nella flessibilità.

Poi varcai le porte a vetri.

Che strano: ero convinto che di gente desiderosa di contemplare ii panorama di Mosca di notte dall'altezza di trecentotrenta metri ce ne fosse un sacco. E invece no. Il viaggio in ascensore lo feci da solo, o meglio, da solo con l'addetta di turno.

— Pensavo che ci fosse molta gente qui — osservai con un sorriso cordiale. — È sempre così la sera?

— No, di solito c'è una bella confusione. — La donna aveva parlato senza manifestare stupore, ma nella sua voce riuscii a cogliere una nota di sconcerto. Poi schiacciò un pulsante e le doppie porte cominciarono a richiudersi. All'istante mi si tapparono le orecchie e mi sentii schiacciare contro il pavimento: la cabina si era lanciata verso l'alto, dolcemente, ma anche molto velocemente. — Saranno un paio d'ore che il flusso si è bloccato.

Un paio d'ore.

Subito dopo la mia fuga dal ristorante.

Se in quel momento in cima alla torre era davvero riunito il quartier generale, niente di strano che centinaia di persone, che in quella bella serata primaverile, limpida e calda, avevano pensato di raggiungere il ristorante sopra le nuvole, avessero improvvisamente cambiato idea. Certo, gli umani non erano in grado di vedere certe cose, ma le percepivano lo stesso.

E, per quanto non coinvolti negli avvenimenti in corso, avevano comunque abbastanza buon senso per non avvicinarsi troppo alle Forze delle Tenebre.

Naturalmente avevo assunto l'aspetto del mago delle Tenebre. La questione fondamentale, adesso, era capire se quel mascheramento fosse sufficiente. Gli incaricati della sicurezza avrebbero confrontato le mie caratteristiche con l'elenco che avevano in memoria, avrebbero trovato il riscontro previsto, e avrebbero percepito la presenza della forza.

E se avessero provato a scavare un po' più in profondità? Se avessero provato a verificare il profilo della forza, a chiarire se si trattava di Luce o di Tenebre, e di quale grado?

Avevo più o meno cinquanta possibilità su cento. Da una parte quella era la procedura prevista. Dall'altra sempre e dovunque gli addetti trascurano i controlli del genere. Magari chi era in servizio quella sera li trovava terribilmente noiosi, o al contrario era stato appena assunto ed era ancora pieno di zelo.