Выбрать главу

"Provate un po' a prendermi, allora!"

Avanzai un poco nella sala, dirigendomi verso il bar. "Non fate troppo caso a me. Sono un insignificante agente, uno di quelli che avete sbrigativamente destinato al ruolo di cane da guardia. Ecco, adesso l'agente ha voglia di farsi una birra: un caso di totale evaporazione del senso di responsabilità? O forse ha deciso di verificare personalmente la sicurezza dei suoi nuovi padroni? Il più zelante servitore agli ordini del re. Taram-pam-pam, tara-rara-rara-ra…"

Al banco della birra una donna di mezza età lavava i boccali con gesti meccanici. Quando mi fermai davanti a lei, cominciò a versarmi una birra in silenzio. I suoi occhi erano vuoti e opachi, si era trasformata in una marionetta, e fu con molta fatica che riuscii a reprimere un breve, ma accecante scoppio di rabbia. Non si poteva. Non avevo diritto alle emozioni. Ero anch'io un automa. E gli automi non hanno sentimenti.

E poi vidi la ragazza seduta su un alto sgabello girevole di fronte al bar, e di nuovo mi sentii mancare.

Come avevo fatto a non pensarci?

Tutti i quartier generali operativi devono essere dichiarati alla Guardia avversaria. E in tutti viene inviato un osservatore. Fa parte del Patto, è una di quelle regole del gioco vantaggiose — almeno apparentemente — per entrambe le parti. Anche nel nostro quartier generale, quando viene convocato, è presente un rappresentante delle Tenebre.

Qui per noi c'era Tigrotto.

All'inizio lo sguardo della ragazza mi scivolò addosso senza curiosità, e stavo già per rallegrarmi per lo scampato pericolo, quando i suoi occhi si bloccarono improvvisamente.

Aveva già visto l'agente di guardia di cui avevo preso le sembianze. E qualcosa evidentemente non corrispondeva alle caratteristiche registrate dalla sua memoria. Un segnale di allarme. Un attimo… e mi stava già esaminando attraverso il Crepuscolo.

Rimasi lì fermo, senza cercare di nascondermi.

La ragazza distolse lo sguardo, e fissò il mago seduto di fronte a lei. Un mago tutt'altro che debole: valutai la sua età all'incirca sul secolo, e come livello di forza doveva essere almeno al terzo. Tutt'altro che debole, ma molto soddisfatto di sé.

— Comunque le vostre iniziative si configurano come una provocazione — disse la ragazza con voce piatta. — I Guardiani del Giorno sono sicuri che il Selvaggio non sia Anton.

— E chi è allora?

— Un mago della Luce non iniziato e a noi sconosciuto. Controllato dalle Forze delle Tenebre.

— E perché, bambina? — Il mago appariva sinceramente meravigliato. — Spiegamelo, te ne prego. Perché mai dovremmo fare fuori i nostri, ammettendo anche che si tratti dei meno preziosi?

— «I meno preziosi» è l'espressione chiave — osservò malinconicamente Tigrotto.

— Se però avessimo avuto la possibilità di eliminare il capo delle Forze della Luce di Mosca. Ma lui, come al solito, è fuori discussione. E sacrificare una ventina dei nostri per un unico mago della Luce di media forza non mi sembra un discorso da prendere in considerazione. O ci consideri tutti degli stupidi?

— Io vi considero molto intelligenti. Decisamente più intelligenti di me. — Tigrotto sorrise senza nessuna cordialità. — Ma io sono solo un elemento operativo. Le conclusioni le tireranno gli altri, e loro sapranno farlo, non ne dubiti…

— Ma se noi non pretendiamo neppure l'immediata esecuzione! — Il mago delle Tenebre sorrise. — Perfino adesso non escludiamo la possibilità di un nostro errore. Il Tribunale, un'indagine qualificata e imparziale, un giudizio equo, ecco quello che vogliamo!

— Non le pare anche un po' strano che il suo capo, utilizzando la Frusta di Saab, non sia riuscito a catturare Anton? — La ragazza picchiettò col dito sul boccale di birra semivuoto. — Io direi che è molto strano. È la sua arma preferita, e la maneggia alla perfezione da qualche secolo. Sembra quasi che alla Guardia del Giorno il puro fatto della cattura di Anton non interessi poi tanto.

— Bambina cara — il mago delle Tenebre si curvò al di sopra del tavolino che li separava — sei decisamente incoerente! Non puoi accusarci prima perché perseguitiamo un mago della Luce innocente e rispettoso delle leggi, e poi perché non facciamo di tutto per catturarlo!

— E perché?

— È un piccolo caso di sadismo. — Il mago ridacchiò. — La nostra conversazione mi procura un sincero piacere: possibile che ci consideriate una banda di psicopatici assetati di sangue?

— No, vi consideriamo una banda di astuti mascalzoni.

— Proviamo a paragonare i nostri metodi! — Ebbi l'impressione che il mago delle Tenebre stesse per montare sul suo cavallo preferito. — Facciamo un confronto dei danni che le azioni delle Guardie arrecano agli umani, la nostra base alimentare.

— Ecco cosa sono per voi gli umani: mangime.

— E per voi? O adesso le Forze della Luce provengono dalla Luce e non vengono scelte tra la folla?

— Per noi gli umani sono radici. Le nostre radici.

— E chiamiamoli pure radici. Perché litigare per una semplice parola? Ma allora, bambina, sono anche le nostre. E ci mandano sempre nuova linfa, non te lo nascondo, non è un segreto.

— Anche noi non diminuiamo. E neppure questo è un segreto.

— Naturalmente. Tempi difficili, stress, superlavoro, gli umani vivono al limite, e dal limite è facile cadere. Almeno su questo punto siamo arrivati alla stessa conclusione! — Il mago ridacchiò di nuovo.

— Lo ammetto — convenne Tigrotto. Non guardò più dalla mia parte, e la conversazione passò ad altri temi, quelli delle eterne, irrisolvibili controversie che hanno impegnato per secoli i filosofi di entrambe le parti, certo troppo in alto per due maghi un po' annoiati, uno della Luce e uno delle Tenebre. Capii che Tigrotto mi aveva già comunicato tutto quello che dovevo sapere.

O forse tutto quello che riteneva possibile dire.

Presi il boccale di birra che la donna mi aveva messo davanti. Lo bevvi a sorsi misurati, ma profondi. Avevo davvero sete.

La caccia era una finta?

Sì. Anche questo lo avevo già capito da un po'. L'importante era scoprire se anche i nostri lo avevano capito.

Il Selvaggio non era ancora stato preso?

Naturalmente. Altrimenti si sarebbero già messi in contatto con me. Per telefono o mentalmente, per il Capo non era certo un problema. L'assassino sarebbe stato consegnato al Tribunale, Svetlana non si sarebbe lacerata tra il desiderio di aiutarmi e la necessità di non immischiarsi nella lotta, e io avrei potuto ridere in faccia a Zavulon.

Ma come, come si fa a trovare in un'immensa città un umano i cui poteri si manifestano spontaneamente? Divampano e poi si spengono. Da un omicidio all'altro, da un'inutile vittoria sul Male all'altra. Se davvero le Tenebre lo avevano identificato era un segreto riservato al livello più alto della gerarchia.

E non certo alla portata dei maghi che mi circondavano, impegnati in un gioco molto futile.

Mi guardai intorno con un senso di disgusto.

Non c'era niente di serio!

L'agente che avevo eliminato con tanta facilità. Il mago di terzo grado che punzecchiava divertito la nostra osservatrice senza mai guardarsi intorno. Quei ragazzotti ai terminali che gridavano con entusiasmo: — Cvetnoj Boulevard… verificato!

— Poležaevskaja… sotto controllo!

Sì, era un quartier generale. Ma assurdo e sgangherato come i maghi inesperti che avevano cercato di catturarmi prima, in città. Certo, la rete era stata lanciata, ma nessuno si era preoccupato della quantità di buchi che aveva. Più mi agitavo per sfuggirle, più mi dibattevo, meglio era per le Tenebre. In linea generale, naturalmente. Svetlana non avrebbe resistito. Avrebbe perso il controllo. E avrebbe cercato di aiutarmi, sentendo nascere in sé la forza autentica. Nessuno dei nostri sarebbe riuscito ad arginarla. E avrebbero eliminato anche lei.