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Afferrai un po' di quella gelida nebbia che mi fluiva tra le mani. Le permisi di essere risucchiata dalle mie dita. E riversai un po' più di forza nella mano sinistra.

Da quel palmo sorse una bianca sciabola incandescente. Il Crepuscolo sibilò ardendo. Sollevai la spada bianca, un'arma semplice e infallibile. Maksim si bloccò.

— Il Male, il Bene. — Sul mio viso apparve un ghigno nuovo, un po' sbilenco. — Vieni da me. Vieni, e ti ammazzo. Puoi essere tre volte Luce, ma non è questo che conta.

Con un altro magari avrebbe funzionato. Credo di sì. Immagino l'impressione che deve fare veder nascere dal nulla una sciabola infuocata. Ma Maksim venne verso di me.

E così fece i cinque passi che ci separavano. Tranquillamente, senza accigliarsi, senza guardare la spada bianca. E io rimasi lì, continuando a ripetere fra me le parole che avevo pronunciato poco prima con tanta facilità e sicurezza.

Poi il pugnale di legno mi colpì sotto le costole.

Lontano lontano, nella sua tana, il capo dei Guardiani del Giorno, Zavulon, quasi soffocava dalle risate.

Crollai in ginocchio, poi caddi supino. Mi premetti una mano contro il petto. Mi faceva male, per adesso soltanto male. Il Crepuscolo strillò indignato, percependo il sangue vivo, e cominciò a dissiparsi.

Che peccato, però!

O forse era proprio quella l'unica via di scampo che mi era concessa? Morire?

Svetlana non avrebbe più avuto nessuno da salvare. Avrebbe percorso la sua strada, lunga e gloriosa, e prima o poi anche lei sarebbe entrata per sempre nel Crepuscolo.

Geser, forse tu lo sapevi? Era proprio questo che speravi?

Il mondo riacquistava colore. Un colore cupo, notturno. Il Crepuscolo mi aveva risputato insoddisfatto, mi aveva rifiutato. Io ero ancora lì semisdraiato, con le mani sulla ferita che continuava a perdere sangue.

— Perché sei ancora vivo? — mi chiese Maksim.

Di nuovo risuonava nella sua voce una nota di offesa infantile: ci mancava solo che mettesse il broncio. Avrei voluto sorridere, ma il dolore me lo impedì. Maksim guardò il pugnale e con aria incerta lo sollevò di nuovo. In quell'istante comparve Egor. Si levò tra noi due, allontanandomi da Maksim. A questo punto il dolore non mi impedì di ridere.

Un futuro mago delle Tenebre che salva un mago della Luce da un altro mago della Luce!

— Sono ancora vivo perché la tua arma funziona solo contro le Tenebre — dissi. Nel petto qualcosa aveva cominciato a gorgogliare. Il pugnale non era arrivato al cuore, ma mi aveva lacerato un polmone. — Non so chi te l'abbia dato. Ma è un'arma contro le Tenebre. Contro di me è poco più di una scheggia, anche se riesce lo stesso a far male.

— Tu sei un mago della Luce — disse Maksim.

— Sì.

— Lui è un mago delle Tenebre. — Girò lentamente il pugnale verso Egor.

Cercai di trascinare via il ragazzino, ma quello scosse la testa con espressione caparbia e rimase al suo posto.

— Perché? — chiese Maksim. — Su, perché? Tu sei un mago della Luce, lui delle Tenebre…

Per la prima volta da quando ci eravamo incontrati sorrise, sia pure senza allegria. — E io chi sono allora? Dimmelo.

— Credo che tu sia il futuro Inquisitore — sentii che rispondeva qualcuno alle mie spalle. — Ne sono quasi sicuro. Il potente, spietato, incorruttibile Inquisitore.

Gettai una rapida occhiata in quella direzione e dissi: — Buona sera, Geser.

Il Capo mi fece un cenno con aria compassionevole. Dietro di lui c'era Svetlana, il viso bianco come gesso.

— Puoi resistere cinque minuti? — mi chiese il Capo. — Poi mi occupo della tua ferita.

— Certo che resisto — lo rassicurai.

Maksim guardava il Capo, con occhi fissi e come folli.

— Credo che tu non abbia nulla da temere — gli disse il Capo. — Certo, un cacciatore di frodo normalmente viene giustiziato dal Tribunale. Sulle tue mani c'è anche troppo sangue delle Tenebre, e il Tribunale dovrebbe ristabilire l'equilibrio. Ma tu sei magnifico, Maksim. I maghi come te non si possono eliminare. Tu sarai al di sopra di noi, della Luce e delle Tenebre, e non avrà più importanza da che parte sei giunto. Ma non credere che sia un posto di potere! È una prigione! E adesso getta il pugnale!

Maksim scagliò a terra la sua arma come se gli scottasse tra le dita. Ecco cosa sa fare un vero mago.

— Svetlana, tu hai resistito. — Il Capo guardò la ragazza. — Che cosa posso dirti? Terzo livello per autocontrollo e resistenza. Senza dubbio.

Cercai di alzarmi, appoggiandomi a Egor. Avevo proprio voglia di stringere la mano al Capo. Anche questa volta aveva giocato da par suo. Aveva usato tutti quelli che gli erano capitati sottomano. E aveva beffato Zavulon… che peccato che non fosse lì! Come avrei voluto vedere la sua faccia, la faccia del demone che aveva trasformato il mio primo giorno di primavera in un incubo spaventoso.

— Ma… — Maksim cercò di dire qualcosa, ma rinunciò quasi subito. Anche sulle sue spalle pesavano troppe cose, quel giorno. Capivo perfettamente come si doveva sentire.

— Ero sicuro, Anton, assolutamente sicuro che sia tu che Svetlana ce l'avreste fatta — disse dolcemente il Capo. — La cosa più pericolosa per una maga della sua forza è la perdita dell'autocontrollo. La perdita dei criteri nella lotta contro le Tenebre, l'eccessiva fretta o, al contrario, l'indecisione. E questa fase dell'addestramento non si può in nessun modo rimandare.

Finalmente Svetlana fece un passo verso di me. Mi prese delicatamente per un braccio. Poi guardò Geser e per un istante il suo viso fu sfigurato dall'ira.

— No, no — le dissi. — Svetlana, non devi. Ha ragione lui. Io oggi l'ho capito, ho capito per la prima volta qual è il confine da non superare nella nostra lotta. Non ti infuriare. E questo — sollevai la mano dalla ferita — è solo un graffio. Noi non siamo umani, siamo molto più resistenti.

— Grazie, Anton — disse il Capo. Poi guardò Egor: — Grazie anche a te, ragazzo. È molto spiacevole pensare che starai dall'altra parte della barricata. Ma ero sicuro che in ogni caso avresti difeso Anton.

Il ragazzino fece per muoversi verso il Capo, ma io lo trattenni per la spalla. Ci mancava soltanto che se ne venisse fuori con qualche frase inopportuna. Non conosceva certo tutta la complessità del nostro gioco! Non sapeva che tutte le azioni di Geser erano solo contromosse.

— Mi dispiace soltanto una cosa, Geser — feci. — Soltanto una cosa. Che Zavulon non sia qui. Non aver potuto vedere la sua faccia quando tutto il suo gioco è crollato.

Il Capo non mi rispose subito.

Probabilmente gli risultava difficile dirmi la verità. Anch'io, devo ammetterlo, non fui tanto lieto di sentirla.

— Ma qui Zavulon non c'entra affatto, Anton. Devi scusarci. Ma lui non c'entra proprio per niente. Questa operazione è stata completamente gestita dalla Guardia della Notte.

Terza Storia

Strettamente riservato

Prologo

Era un omino piccolo, dalla carnagione olivastra, con gli occhi a mandorla. La preda ambita da ogni poliziotto della capitale. Il sorriso colpevole, smarrito; lo sguardo ingenuo, sfuggente; nonostante la calura mortale indossava un abito scuro, di taglio antiquato ma quasi nuovo; a completare il tutto, una vecchia cravatta dell'era sovietica. In una mano una cartella rigonfia, logora, di quelle che nei vecchi film usavano gli agronomi e i presidenti dei colcos; nell'altra una sacca per la spesa con un lungo melone asiatico.

L'omino scese da un vagone di seconda classe, sorridendo. Al cuccettista, agli altri viaggiatori, al facchino che l'aveva aiutato, al ragazzo della bancarella che vendeva limonata e sigarette. Alzò gli occhi, guardò estasiato il tetto che ricopriva la stazione Kazanskij. Poi s'incamminò lentamente lungo il marciapiede, fermandosi di tanto in tanto per impugnare più comodamente la borsa con il melone. Poteva avere trent'anni come cinquanta: per gli occhi di un europeo era difficile stabilirlo.