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Afra, pallida per la stanchezza, stava ritta davanti ai diagrammi dei processi fisiologici umani, alle carte genetiche, alle formule, ad una carta che mostrava lo sviluppo embrionale dell’organismo umano sul pianeta di fluoro. L’interminabile catena di molecole di proteine fluoro-resistenti erano straordinariamente simili alle molecole delle proteine terrestri; c’erano gli stessi filtri di energia, le stesse barriere sorte nella lotta della materia vivente contro l’entropia.

Venti ore più tardi Tey e Kari, barcollanti per la stanchezza, portarono le mappe stellari che riproducevano la rotta della Tellur, da quando aveva lasciato il Sole fino al momento in cui le due navi si erano incontrate.

Gli stranieri lavoravano ancora più duramente. Le registrazioni fotomagnetiche delle macchine-memoria dei terrestri riferivano la posizione di stelle sconosciute, con indecifrabili designazioni di distanze, e i dati astrofisici relativi alle complicate rotte a zig-zag delle due astronavi bianche. Tutti i dati sarebbero stati decifrati più tardi, con l’aiuto di tavole sinottiche che gli stranieri avevano preparato proprio a quello scopo.

Finalmente vennero proiettate immagini che strapparono grida di gioia ai terrestri: sullo schermo apparvero dei cerchi accanto a cinque stelle, attorno alle quali ruotavano pianeti. Nello stesso tempo l’immagine di una goffa astronave che recava lo strano gonfiore a metà scafo fu sostituita da una intera flotta di astronavi dalla linea più elegante. Sulle piattaforme ovali che emergevano dal loro ventre erano ritte creature vestite di tute spaziali: e senza dubbio erano esseri umani!

E, sull’immagine dei pianeti e delle astronavi, apparve il segno di un atomo con otto elettroni… l’atomo dell’ossigeno!

Ma soltanto due di quei pianeti erano connessi con le astronavi. Uno ruotava attorno ad un sole rosso, l’altro girava attorno ad una splendente stella dorata della classe F.

Era evidente che la vita sugli altri tre pianeti, anche se si stava sviluppando in una atmosfera di ossigeno, non aveva ancora raggiunto un livello così avanzato da consentire il volo spaziale, o forse gli esseri pensanti non erano ancora apparsi…

I terrestri non riuscirono a comprendere esattamente tutti questi particolari, ma ormai erano in possesso di dati di inestimabile valore che avrebbero consentito il raggiungimento di questi mondi abitati, situati a centinaia di parsec dal punto in cui avevano incontrato gli emissari del pianeta di fluoro.

Capitolo XI

Era giunto il momento della partenza.

Gli equipaggi delle due astronavi si schierarono, faccia a faccia, ai due lati della parete divisoria. Gli uomini della Terra, dal colorito bronzeo, e gli uomini dalla pelle proveniente dal mondo di fluoro, il cui nome rimaneva tuttavia ignoto, si dissero addio con gesti e sorrisi che rappresentavano, per entrambi, inequivocabili messaggi di amicizia.

I membri dell’equipaggio della Tellur provavano un sentimento di tristezza più acuto di quelli mai provati prima di allora, nemmeno quando avevano lasciato la loro Terra sapendo che vi sarebbero ritornati soltanto dopo sette secoli.

Non riuscivano a sopportare il pensiero che, entro pochi minuti, questi bellissimi e strani amici-sconosciuti sarebbero svaniti per sempre nello spazio cosmico per continuare la loro solitaria ma forse non disperata ricerca di altri mondi abitati da esseri pensanti simili a loro.

Ma forse solo in quel momento, gli astronauti si resero pienamente conto che la forza ispiratrice di tutte le loro ricerche, di tutti i loro sogni e di tutte le loro lotte era il sommo bene dell’Uomo, la cosa più preziosa di tutte le civiltà, di tutte le stelle, di tutti gli universi-isola; veramente l’Universo, nella sua interezza, era l’Uomo, la sua ragione, le sue emozioni, la sua forza, la sua bellezza… la sua vita!

La felicità, la conservazione e l’evoluzione dell’umanità erano lo scopo principale dell’avvenire, adesso che il Cuore del Serpente era stato sconfitto e non c’erano stati pazzeschi sprechi di energia vitale simili a quelli verificatisi nelle società umane ai livelli più bassi del loro sviluppo.

L’Uomo era l’unica forza nell’Universo capace di agire secondo intelligenza, di superare gli ostacoli più formidabili, di raggiungere lo stadio di un mondo organizzato razionalmente… il trionfo della vita onnipossente e la fioritura della personalità umana…

Il capitano dell’astronave bianca fece un segno con la mano, mentre una giovane donna, la stessa che si era spogliata per dimostrare la bellezza fisica degli abitanti del pianeta di fluoro corse verso la divisione per trovarsi viso a viso con Afra. Si appoggiò contro lo schermo trasparente ed allargò le braccia come se volesse abbracciare la donna della Terra. Afra si lanciò a sua volta contro lo schermo, come un uccellino che cercasse un varco in una gabbia di vetro. Il suo viso era bagnato di lagrime. Poi la luce si spense, dall’altra parte e la parete divisoria fu un vuoto nero dal quale non giungeva più una risposta alle insorgenti emozioni dei Terrestri.

Moot Ang ordinò l’accensione dell’illuminazione di tipo terrestre, ma la galleria, dall’altra parte, era già vuota.

«Gruppo di operazioni esterne, presto! Mettete le tute spaziali e disinserite la galleria!» la voce del capitano spezzò il silenzio carico di una strana angoscia. «Gli uomini addetti ai motori tornino ai loro posti! Astronavigatore, alla torretta di controllo. Tutti ai propri posti per la partenza!»

Tutti si affrettarono ad uscire dalla galleria, portando gli strumenti ed i registratori.

Soltanto Afra rimase indietro, immobile nella debole luce che filtrava dal portello dell’astronave. Sembrava congelata dal freddo intenso dello spazio interstellare.

«Afra, stiamo per chiudere la botola!» gridò Tey Eron, che era già ritornato a bordo. «Vogliamo vederli partire.»

La giovane donna trasalì.

«Aspetta, Tey, aspetta!» gridò; poi rincorse il capitano. Il secondo ufficiale rimase sbalordito quando vide Afra ritornare correndo insieme a Moot Ang.

«Tey, riporta il proiettore nella galleria!» disse il capitano. «Chiama i tecnici e fa rimontare lo schermo.»

L’ordine fu trasmesso in un attimo e il raggio possente del riflettore lampeggiò su e giù nella galleria, alla stessa intermittenza con cui aveva lampeggiato il localizzatore della Tellur quando le due astronavi si erano incontrate per la prima volta.

Gli stranieri interruppero il loro lavoro e ritornarono nella galleria. La Tellur accese una luce azzurra con il filtro 430, e Afra si piegò, tremando, sulla tavola da disegno; i suoi schizzi venivano ripresi da una telecamera che li proiettava sullo schermo. Partendo dalla convinzione che le catene spirali degli schemi d’eredità sulla Terra e sul pianeta di fluoro fossero all’incirca le stesse, Afra li tracciò, poi disegnò un diagramma che mostrava il metabolismo dell’organismo umano. Lanciò un’occhiata alle grige figure immobili dall’altra parte della parete divisoria, cancellò il simbolo dell’atomo di fluoro con i suoi nove elettroni e lo sostituì con il simbolo dell’atomo di ossigeno.

Gli stranieri trasalirono.

Poi il loro capitano si fece avanti e, premendo il volto contro la farete trasparente, osservò gli schizzi di Afra con i suoi occhi immensi. Finalmente alzò le mani con le dita intrecciate all’altezza della fronte, poi si inchinò davanti alla donna della Terra.

Gli abitanti del «pianeta di fluoro avevano afferrato l’idea nata all’ultimo momento nella mente di Afra, nella tensione del commiato. Afra stava pensando ad uno schema arditissimo per cambiare i processi di trasformazione chimica che erano la caratteristica principale del complesso organismo umano, per sostituire l’ossigeno al fluoro, in un processo metabolico, attraverso gli agenti dell’ereditarietà: per preservare tutte le particolarità, tutte le caratteristiche ereditarie del popolo di fluoro, pur mettendo in grado i loro corpi di trarre la loro energia da un’altra sorgente!