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Adesso la Tellur era sulla strada per superare il Serpente, verso uno spazio privo di stelle, nelle latitudini alte della Galassia, diretta verso una stella al carbonio nella costellazione di Ercole. Lo scopo di questo viaggio così incredibilmente lungo era studiare il misterioso processo di trasformazione della materia direttamente sulla stella al carbonio. I dati raccolti sarebbero stati di valore inestimabile, per l’evoluzione dell’energia, sulla Terra. Secondo una teoria, quella stella era in rapporto con una nuvola scura, elettromagnetica, a forma di disco, che ruotava di taglio rispetto alla Terra. Gli scienziati ritenevano che i processi in atto in quella zona del cielo relativamente vicina al Sole potevano costituire una ripetizione della nascita del nostro sistema planetario. L’espressione “relativamente vicina", indicava, comunque, una distanza di centodieci parsec, corrispondente a «trecentocinquanta anni-luce.

Kari Ram controllò tutti gli strumenti di sicurezza, che gli confermarono come tutte le installazioni automatiche dell’astronave funzionassero normalmente.

Tornò a sedersi e si dedicò di nuovo ai suoi pensieri.

Adesso la Terra era infinitamente lontana. Settantotto anni luce li dividevano dalla buona, bella Terra che l’umanità aveva trasformato in un’oasi di esistenza felice, di lavoro creativo ed ispirato.

Nella società priva di classi che l’uomo era riuscito a creare per il proprio benessere, ciascuno conosceva il suo pianeta così bene che ormai era rimasto poco da imparare. Gli uomini conoscevano non soltanto le sue fabbriche, le sue miniere, le sue piantagioni, le sue industrie marine ed i suoi centri di ricerca, i suoi musei e le sue riserve, ma anche i tranquilli rifugi nei quali si poteva godere delle bellezze della natura in piacevole solitudine o in compagnia della persona amata.

Era un mondo meraviglioso, ma nella sua insaziabile sete di conoscenza l’uomo si era spinto verso gli spazi gelidi del cosmo, cercando la soluzione dell’enigma dell’universo, ansioso di scoprire i segreti della natura, di assoggettarla ancora più completamente alla propria volontà.

Dapprima l’uomo aveva raggiunto la Luna; aveva veduto le pianure e le montagne lunari spazzate dalla pioggia letale dei raggi X e delle radiazioni ultraviolette del Sole.

Poi su Venere, torrido e senza vita, con i suoi oceani di petrolio, il suo suolo intriso di catrame e la sua nebbia eterna; e su Marte, freddo e sabbioso, che conservava ancora qualche scintilla di vita nelle profondità del sottosuolo.

Aveva avuto appena inizio l’esplorazione di Giove, quando le nuove astronavi già raggiungevano le stelle più vicine. Le navi spaziali della Terra visitarono Alpha e Proxima del Centauro, la Stella di Barnard, Sirio, Età Eridani, e perfino Tau Ceti: non le stelle vere e proprie, naturalmente, ma i loro pianeti o le loro immediate vicinanze, come nel caso della stella doppia di Sirio, che non aveva un sistema planetario.

Ma mai, fino ad allora, gli astronauti della Terra avevano raggiunto un pianeta sul quale la vita fosse arrivata al più alto stadio evolutivo, in altre parole, un pianeta abitato da esseri pensanti.

Dall’infinità del cosmo, le onde radio ultracorte portavano messaggi di altri mondi abitati; qualche volta quei messaggi raggiungevano il nostro pianeta migliaia di anni dopo essere stati lanciati. Ma l’uomo cominciava solo adesso a comprendere questi messaggi, ad ottenere una prima visione del vasto oceano di cognizioni scientifiche e tecniche e di realizzazioni artistiche che bagnava le sponde dei mondi abitati della nostra Galassia.

E questi mondi erano al di fuori della portata dell’uomo; per non parlare, poi, dei mondi appartenenti agli universi-isola lontani milioni di anni-luce!

Questa consapevolezza aveva acuito l’ansia dell’uomo di raggiungere pianeti abitati da uomini, forse dissimili dagli umani della Terra, ma che comunque avevano costruito sane e razionali società nelle quali ogni individuo aveva diritto alla sua parte di felicità, in una misura limitata soltanto dalla sua capacità di dominare la natura. Sembrava ormai certo che esistevano mondi abitati da esseri simili a noi; anzi, questi mondi costituivano probabilmente la maggioranza.

Infatti, le leggi che governavano l’evoluzione dei sistemi planetari e della vita sui loro mondi erano identiche non soltanto nella Galassia, ma in tutto l’universo conosciuto.

L’astronave a deriva spaziale, l’ultimo trionfo del genio umano, aveva reso possibile rispondere al richiamo di tutti quei mondi lontanissimi

E adesso la Tellur era avviata verso la sua missione. Se il suo volo avesse conseguito il successo sperato, allora… Ma, come in ogni altro caso, anche questa invenzione aveva un suo lato negativo.

«Sicuro, l’altra faccia della medaglia,» disse Kari Ram, a voce alta. Era immerso così profondamente nei suoi pensieri che non si accorse di aver parlato finché non udì la voce profonda di Moot Ang cantare una antica canzone.

L’altra faccia dell’amore, ora profonda come l’oceano ora stretta come una scala a chiocciola: non c’è scampo, è nel tuo sangue!

«Non immaginavo che anche a te piacessero le vecchie canzoni,» disse il capitano. «Questa ha almeno cinquecento anni.»

«Non stavo pensando alle canzoni,» rispose l’astronavigatore. «Stavo pensando al nostro volo..E mi chiedevo quale aspetto avrà la Terra, quando ritorneremo.»

Il volto del capitano si rannuvolò.

«Abbiamo percorso soltanto il primo balzo. E tu stai pensando al nostro ritorno?»

«Oh, no! Sai bene quanto mi stava a cuore essere fra i prescelti per questa spedizione. Ma stavo pensando che quando ritorneremo sulla Terra saranno passati settecento anni di tempo terrestre. E anche se la durata media della vita umana sarà raddoppiata, i pro-pronipoti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle saranno morti, di qui ad allora.»

«E non lo sapevi?»

«Certo, lo sapevo. Ma c’è qualcosa d’altro che mi ha colpito.»

«L’apparente inutilità del nostro volo?»

«Appunto. Molto tempo prima che la Tellur fosse costruita o anche soltanto progettata, normali astronavi a razzo partirono per Fomalhaut, Capella e Arcturus. Questo accadde cinquant’anni fa; ma la spedizione di Fomalhaut è attesa di ritorno soltanto fra due anni. Le spedizioni di Arcturus e di Capella torneranno fra quaranta o cinquant’anni. Sai bene che Arcturus dista dal Sole dodici parsec, e Capella quattordici. Ma le nuove astronavi a tonneggio possono raggiungere Arcturus in un solo balzo; è una distanza minima, rispetto a quelle che dovremo coprire nel nostro volo. E, prima che noi ritorniamo indietro, gli uomini potrebbero aver conquistato completamente il tempo o lo spazio, da qualsiasi punto di vista lo consideri. Le astronavi che vengono costruite nel frattempo avranno una portata molto più vasta che non la nostra… E noi torneremo sulla Terra con un carico di informazioni inutili ed ormai vecchie.»

«Vuoi dire che la nostra partenza dalla Terra è qualcosa di simile alla morte, e che noi ritorneremo come esseri primitivi, come sopravvissuti di un’età ormai trascorsa?» chiese Moot Ang.

«Sì.»

«Hai ragione e torto nello stesso tempo. La raccolta dì nuove conoscenze e di nuove esperienze, che comprende anche l’esplorazione dell’universo, non deve mai cessare. Altrimenti le leggi dell’evoluzione verrebbero violate; e l’evoluzione è sempre ineguale, contraddittoria. Pensa agli antichi scienziati, che oggi ci sembrerebbero altrettanti primitivi… cosa sarebbe accaduto se avessero atteso che fosse inventato il moderno microscopio a quante? E se i coltivatori ed i costruttori del passato che lavoravano la terra con il loro sudore avessero deciso di non fare nulla fino a che non fossero state costruite le macchine automatiche? Se essi avessero pensato in questo modo, noi vivremmo ancora nelle grotte e ci nutriremmo delle briciole che la natura potrebbe concederci. »