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L’idea era troppo immensa per poter essere realizzata entro un tempo breve; era ancora più remota dei settecento anni che la Tellur doveva trascorrere lontana dal pianeta-madre… secoli e secoli di incessante progresso scientifico in continua accumulazione.

Eppure quante cose sarebbe stato possibile ottenere, unendo gli sforzi dei due pianeti! Specialmente se anche gli esseri pensanti di altri mondi avessero accettato di unirsi a loro. La razza umana del pianeta di fluoro non avrebbe dovuto estinguersi solitaria come una scintilla fantasma annientata nell’immensità dell’universo.

Quando i popoli degli innumerevoli pianeti delle innumerevoli stelle e degli universi-isola si fossero uniti, come ciò sarebbe inevitabilmente accaduto, gli abitanti del pianeta di fluoro non dovevano essere tagliati fuori da quella immensa unità soltanto perché la loro struttura fisica era diversa.

Forse, in realtà, il sentimento di tristezza di fronte alla separazione definitiva che aveva afferrato gli astronauti era immotivata. Perché, anche se erano opposte l’una all’altra per ciò che riguardava la struttura dei loro pianeti e dei loro corpi, le due razze umane della Terra e del pianeta di fluoro erano simili nel modo di vivere, erano dotate della stessa potenza intellettuale e della stessa conoscenza.

Quando Afra guardò negli occhi il capitano dell’astronave bianca, ebbe l’impressione che avesse compreso perfettamente il suo progetto. Od era soltanto un riflesso dei suoi stessi pensieri?

Eppure, gli stranieri sembravano avere nella ragione umana la stessa fede del popolo della Terra. E la scintilla di speranza accesa fra loro dalla biologa della Tellur rese meno tristi i loro gesti di saluto, perché non si trattava più di un addio, ma della promessa d’un incontro futuro.

Lentamente, le due astronavi si divisero, si allontanarono cautamente, per non danneggiarsi a vicenda con le esplosioni dei rispettivi motori ausiliari.

I motori dell’astronave bianca entrarono in funzione per primi. Vi fu un grande lampo accecante, e la nave era già scomparsa. Non rimaneva altro che lo spazio nero ed immenso.

Un minuto più tardi anche la Tellur si mosse. Dopo aver accelerato prudentemente, intraprese un balzo attraverso le insormontabili distanze interstellari.

Ben protetti nell’interno delle cupole, i componenti dello equipaggio non si rendevano più conto della compressione dei quanta luminosi né del cambiamento di colore delle stelle davanti a loro che diventavano di un violetto sempre più profondo.

L’astronave piombò nell’oscurità impenetrabile dello spazio-zero, oltre al quale la splendente vita della Terra continuava a fiorire, in attesa del suo ritorno.

Fine