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Il destino dei gemelli

Margaret Weis e Tracy Hickman

A Samuel G e Alta Hickman.

Ringraziamenti.

Mio nonno che mi buttava sul letto alla sua maniera tutta speciale e la tata di mia nonna che è sempre così saggia. Grazie per tutte le favole, la vita, l’amore e le storie che mi avete raccontato prima che mi addormentassi. Voi vivrete per sempre.

Tracy Raye Hickman

Questo libro sui legami fisici e spirituali che uniscono i fratelli può essere dedicato a una sola persona: mia sorella. A Terry Lynn Weis Wilhelm, con amore.

Margaret Weis

Desideriamo esprimere la nostra gratitudine per il lavoro svolto alle seguenti persone:

Michael Williams, per le splendide poesie e la calorosa amicizia.

Steve Sullivan, per le sue meravigliose mappe (adesso sai dove ti trovi, Steve!).

Patrick Price, per i suoi costruttivi consigli e le sue critiche meditate.

Jean Black, il nostro curatore, che ha avuto fede in noi sin dall’inizio.

Valerie Valusek, per la sua abile penna e i disegni a inchiostro.

Ruth Hoyer, per il progetto della copertina e dell’interno.

Roger Moore, per gli articoli su DRAGON® e la storia di Tasslehoff e del mammuth peloso.

La compagine di DRAGONLANCE™: Harold Johnson, Laura Hickman, Douglas Niles, Jeff Grubb, Michael Dobson, Michael Breault, Bruce Heard.

Gli artisti del DRAGONLANCE CALENDAR 1987: Clyde Caldwell, Larry Elmore, Keith Parkinson e Jeff Easley.

L’incontro.

Una figura solitaria avanzava con passo leggero verso la luce lontana. Camminava senza farsi sentire, il trepestio dei suoi passi veniva risucchiato dalla vasta oscurità tutt’intorno. Bertrem si concesse un raro volo pindarico quando lanciò un’occhiata alle file in apparenza interminabili di volumi e di rotoli di pergamena che facevano parte delle Cronache di Astinus e descrivevano nei particolari la storia di quel mondo, la storia di Krynn.

«È come venir risucchiati dentro il tempo,» pensò, sospirando, mentre guardava quelle file immobili e silenziose. Per un breve istante desiderò di venir risucchiato via da qualche parte, così da non dover affrontare il difficile compito che aveva davanti.

«Tutto il sapere del mondo si trova in questi libri,» aggiunse fra sé con nostalgia. «E non ho mai trovato una sola cosa che rendesse più facile comparire, non richiesti, alla presenza dei loro autori.»

Bertrem si fermò fuori della porta per fare appello a tutto il suo coraggio. Le sue fluttuanti vesti di estetico gli si riadagiarono intorno, ricadendo in pieghe decorose e ordinate. Il suo stomaco, però, si rifiutò di seguire l’esempio delle vesti e cominciò a trabalzare come impazzito. Bertrem si passò una mano sulla sommità del cranio, un istintivo gesto di nervosismo che risaliva ad una più giovane età, prima che la professione da lui scelta gli fosse costata i capelli.

Cos’era mai che lo angustiava? si chiese, cupo - salvo il fatto che stava per entrare e incontrare il Maestro, naturalmente, qualcosa che non aveva più fatto da... da... Rabbrividì. Sì, da quando il giovane mago era quasi morto sui gradini della loro biblioteca durante l’ultima guerra.

La guerra, il cambiamento, ecco cos’era. Come le sue vesti, il mondo era parso infine stabilizzarsi intorno a lui, ma sentiva che il cambiamento stava per arrivare ancora una volta, proprio come l’aveva sentito due anni prima. Quanto avrebbe bramato poterlo fermare... Bertrem sospirò. «Certamente non fermerò un bel niente standomene in piedi qui fuori nel buio,» borbottò. Comunque si sentiva a disagio, come se fosse circondato da fantasmi. Una vivida luce filtrava da sotto la porta, diffondendosi nel corridoio. Lanciando una rapida occhiata alle spalle verso le ombre dei libri, cadaveri pacifici che riposavano nelle loro tombe, l’estetico aprì senza far rumore la porta ed entrò nello studio di Astinus di Palanthas.

Malgrado fosse lì, nello studio, Astinus non parlò, neppure sollevò lo sguardo.

Camminando con passo leggero e misurato sul ricco tappeto di lana di pecora che copriva il pavimento di marmo, Bertrem si fermò davanti alla grande scrivania di legno lucido. Per alcuni lunghi istanti non disse nulla, osservando assorto la mano dello storico che guidava la penna d’oca con tratti fermi e costanti.

«Allora, Bertrem?» Astinus non smise di scrivere.

Bertrem, immobile davanti ad Astinus, lesse le parole che, perfino capovolte, erano nitide, chiare, facilmente decifrabili:

Questo giorno, come sopra Scuraveglia ascendendo il 29, Bertrem è entrato nel mio studio.

«Crysania della Casa di Tarinius è qui per incontrarti, Maestro. Dice che l’aspettavi...». La voce di Bertrem si dissolse in un sussurro, già aveva dovuto far ricorso ad una grande dose del suo coraggio di estetico per arrivare fino a quel punto.

Astinus continuò a scrivere.

«Maestro,» continuò Bertrem con un filo di voce, tremante per ciò che stava osando, «io-noi non sapevamo che fare. Dopotutto è una Reverenda Figlia di Paladine e io-noi abbiamo trovato impossibile rifiutarle l’accesso. Cosa do...»

«Conducila nelle mie camere private,» disse Astinus, continuando a scrivere senza neppure alzare gli occhi.

Bertrem sentì la lingua appiccicarglisi al palato, lasciandolo per un lungo istante senza parole. E intanto altre parole continuavano a fluire dalla penna d’oca di Astinus sulla pergamena bianca:

Questo giorno, come sopra Scuraveglia ascendendo 28, Crysania di Tarinius è arrivata per il suo appuntamento con Raistlin Majere.

«Raistlin Majere!» esclamò Bertrem, restando a bocca spalancata, lo shock e l’orrore gli ridisciolsero la lingua. «Dobbiamo ammettere il...»

Adesso Astinus sollevò lo sguardo, il fastidio e l’irritazione gl’increspavano la fronte. Quando la penna cessò il suo eterno raschiare sulla pergamena, un profondo e innaturale silenzio calò nella stanza. Bertrem impallidì. La faccia dello storico avrebbe potuto esser giudicata scultorea 8 in una maniera senza tempo e senza età. Ma nessuno che avesse visto con i propri occhi quella faccia riusciva a ricordarla. Ricordavano soltanto gli occhi - scuri, assorti, consapevoli, in costante movimento, occhi che vedevano tutto. Quegli occhi potevano anche comunicare immensi universi d’impazienza, ricordando a Bertrem che il tempo stava scorrendo. Anche mentre si stava svolgendo quel colloquio, interi minuti di storia stavano passando, senza venir documentati.

«Perdonami, Maestro!» Bertrem fece un profondissimo, reverente inchino, poi arretrò, uscendo a precipizio dallo studio e chiudendo silenziosamente la porta. Una volta fuori, si asciugò il cranio pelato che luccicava di sudore, poi si affrettò lungo i silenziosi corridoi di marmo della Grande Biblioteca di Palanthas.

Astinus si soffermò sulla soglia della sua residenza privata, il suo sguardo si appuntò sulla donna seduta all’interno.

Situata nell’ala orientale della Grande Biblioteca, la residenza dello storico era piccola e, come ogni altra stanza nella biblioteca, era piena di libri d’ogni genere e dalle più svariate rilegature; gli scaffali alle pareti ne rigurgitavano, esalando, anche lì nel soggiorno, un debole odore di muffa, come un mausoleo che fosse rimasto chiuso per secoli. La mobilia era poca, e antica. Le seggiole, di legno meravigliosamente scolpito, erano dure e scomode. Un tavolo basso, accanto a una finestra, era assolutamente libero da qualsiasi ornamento e oggetto e rifletteva la luce del sole al tramonto con la sua liscia superficie nera. Ogni cosa nella stanza era disposta in un ordine perfetto. Perfino la legna per il fuoco serale nel camino - le notti della tarda primavera erano fresche, anche lì nel profondo nord - era disposta in file così ordinate da assomigliare a una pira funeraria.

Eppure, per quanto fresca, pura e schietta fosse quella camera privata dello storico, essa sembrava soltanto rispecchiare la bellezza fredda, pura, con un sentore d’antico, della donna, che se ne stava con le mani ripiegate in grembo, in attesa.