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Segui qualche minuto di contrattazione. La ragazza diede al capitano tre inarchi d’argento, corrugò la fronte contando le monete di rame avute di resto, le mise nella borsa e venne a fermarsi accanto a Perrin.

Emanava profumo d’erbe, leggero e fresco e pulito. Aveva occhi neri, a mandorla, sopra zigomi alti: guardò Perrin e si girò verso la riva. Era all’incirca della sua età, decise Perrin; non riuscì a decidere se il naso le si adattasse al viso o lo dominasse. “Sei uno sciocco, Perrin Aybara” pensò. “Perché t’interessi del suo aspetto?"

Ormai la distanza dal molo era di cinquanta passi buoni; i remi affondarono, provocando increspature biancastre sull’acqua nera. Per un istante Perrin pensò di gettare fuori bordo la ragazza.

«Bene» disse lei dopo un momento. «Non mi sarei mai aspettata di tornare così presto a Illian.» Aveva voce acuta e parlava in tono piatto, ma non spiacevole. «Tu Vai a Illian, vero?» Perrin serrò le labbra. «Non accigliarti» disse lei. «Avete lasciato una bella confusione, laggiù, fra te e l’Aiel. Quando sono venuta via, cominciava il subbuglio.»

«Non hai detto niente?» domandò Perrin, sorpreso.

«La gente crede che l’Aiel abbia rosicchiato la catena o l’abbia spezzata a mani nude. Non aveva ancora deciso, quando sono venuta via.» Emise un verso sospettosamente simile a una risatina sciocca. «Orban gridava con rabbia che la ferita gli impediva di dare personalmente la caccia all’Aiel.»

Perrin sbuffò. «Se vede ancora un Aiel, quello se la fa sotto.» Si schiarì la voce e mormorò: «Chiedo scusa.»

«Non so» replicò lei, come se la battuta di Perrin fosse stata normalissima. «L’ho visto a Jehannah, durante l’inverno. Affrontò quattro uomini in una volta, ne uccise due e costrinse gli altri due ad arrendersi. Naturalmente fu lui a iniziare, perciò l’impresa ha minor valore, ma quelli sapevano il fatto loro. Non aveva attaccato briga con gente incapace di difendersi. Però è uno stupido. Ha idee bizzarre sul Gran Bosco Nero. Quello che alcuni chiamano Foresta delle Ombre. Ne hai già sentito parlare?»

Perrin la guardò di scancio: parlava di scontri e di uccisioni, con la stessa calma con cui un’altra avrebbe parlato di cucina. Lui non aveva mai sentito nominare il Gran Bosco Nero, ma la Foresta delle Ombre si trovava a meridione dei Fiumi Gemelli. «Stai seguendo me?» domandò. «Mi fissavi, nella locanda. Perché? E perché non hai riferito ciò che hai visto?»

«Un Ogier» rispose lei, fissando il fiume «è chiaramente un Ogier e gli altri non erano troppo difficili da identificare. Al contrario di Orban, sono riuscita a dare una buona occhiata dentro il cappuccio di lady Alys: il suo viso proclama che il tizio dalla faccia granitica è un Custode. Non ci tengo proprio a mandare in bestia uno come lui. Ha sempre quella faccia o come ultimo pasto ha mangiato un sasso? Restavi tu. Non mi piacciono le cose che non so spiegarmi.»

Perrin pensò di nuovo di gettarla nel fiume. Seriamente, stavolta. Ma ormai Remen era soltanto una chiazza di luce, lontano del buio, e chissà quanto distava la riva.

Lei parve interpretare il suo silenzio come invito a continuare. «Quindi, abbiamo...» Si guardò intorno e abbassò la voce, anche se il marinaio più vicino moveva il remo a dieci passi da loro. «Abbiamo un’Aes Sedai, un Custode, un Ogier... e te. Un campagnolo, alla prima occhiata.» Scrutò con attenzione gli occhi gialli di Perrin, che sostenne lo sguardo; allora sorrise. «Solo, tu liberi un Aiel, gli parli a lungo, poi lo aiuti a fare a pezzi dodici Manti Bianchi. Presumo che tu faccia regolarmente queste cose; di sicuro davi l’impressione che per te fossero normalissime. Fiuto qualcosa d’insolito, in un gruppo come il tuo; e sono proprio le piste insolite, quelle che seguono i Cercatori.»

Perrin batté le palpebre: impossibile ingannarsi sull’enfasi. «Sei un Cercatore? Tu? Impossibile. Sei una ragazza.»

Il suo sorriso divenne così innocente che Perrin quasi si allontanò da lei. La ragazza arretrò d’un passo, fece uno svolazzo con tutt’e due le mani e a un tratto ebbe in pugno due coltelli, con la destrezza che avrebbe mostrato il vecchio Thom Merrilin. Un rematore emise un verso strozzato, altri due perdettero il ritmo; l’Oca delle Nevi sbandò un poco, prima che le grida del capitano rimettessero tutto a posto. Nel frattempo la ragazza aveva fatto sparire i coltelli.

«Dita svelte e mente sveglia ti portano più lontano di muscoli e spada. Anche occhi acuti sono utili. Per fortuna, possiedo queste doti.»

«Soprattutto la modestia» mormorò Perrin. La ragazza parve non accorgersene.

«Ho pronunciato il giuramento e ho ricevuto la benedizione nella Piazza Grande di Tammaz, a Illian. Forse ero davvero la più giovane, ma in quella folla, tra le grida e il suono di trombe e tamburi e cimbali... Anche un bambino avrebbe potuto pronunciare il giuramento e nessuno se ne sarebbe accorto. Eravamo più di mille, forse duemila, e ciascuno aveva la propria idea di dove trovare il Corno di Valere. Io ho la mia... potrebbe ancora essere quella giusta... ma nessun Cercatore può permettersi di trascurare una pista insolita; e non ho mai visto pista più insolita di quella lasciata da voi quattro. Dove siete diretti? A Illian? In qualche altro posto?»

«Qual è la tua idea?» domandò Perrin. «Dove si troverebbe, il Corno? Nel Ghealdan?» Lui sapeva che il Corno era al sicuro a Tar Valon e si augurava che la Luce gli permettesse di non vederlo mai più.

Lei corrugò la fronte (Perrin aveva la sensazione che non rinunciasse a seguire una pista, una volta trovata, ma era pronto a offrirle tante diramazioni secondarie quante ne avrebbe accettate) e disse: «Hai mai sentito parlare del Manetheren?»

Perrin quasi soffocò. «Un nome che ho già udito» rispose, prudente.

«Ogni regina del Manetheren era Aes Sedai e il re era il Custode a lei legato. Non riesco a immaginare un posto del genere, ma così dicono i libri. Era un paese esteso... comprendeva gran parte dell’Andor e del Ghealdan e altro ancora... ma la capitale, la città stessa, si trovava nelle Montagne delle Nebbie. Penso che il Corno si trovi lì. A meno che voi quattro non mi conduciate da esso.»

Perrin si sentì rizzare i capelli: la ragazza gli dava lezioni come se lui fosse un ignorante zoticone di campagna. «Non troverai né il Corno né Manetheren» disse. «La città fu distrutta durante le Guerre Trolloc, quando l’ultima regina attinse in maniera esagerata all’Unico Potere per distruggere i Signori del Terrore che le avevano ucciso il marito.» Moiraine gli aveva anche detto i nomi del re e della regina, ma non li ricordava.

«Non si trova nel Manetheren, campagnolo» replicò lei, calma «per quanto un territorio come questo sarebbe stato un ottimo nascondiglio. Ma nelle Montagne delle Nebbie c’erano altre nazioni e altre città, così antiche che neppure le Aes Sedai le ricordano. E pensa a tutte le storie secondo cui porta sfortuna addentrarsi fra le Montagne. Quale nascondiglio migliore, per il Corno, di una delle città dimenticate?»

«Ho sentito parlate di un tesoro nascosto fra le montagne» disse Perrin. Gli avrebbe creduto? Lui non era mai stato bravo, a mentire. «Le storie non dicevano quale fosse, ma è ritenuto il più grande tesoro del mondo, quindi potrebbe trattarsi del Corno. Ma le Montagne delle Nebbie si estendono per centinaia di leghe. Non ti conviene perdere tempo dietro di noi. Ne avrai bisogno, se vuoi trovare il Corno prima di Orban e di Gann.»

«Te l’ho detto, quei due sono convinti che sia nascosto nel Gran Bosco Nero.» Gli sorrise: la bocca non era affatto troppo grossa, se sorrideva. «E ti ho detto che un Cercatore deve seguire le piste insolite. Siete fortunati che Orban e Gann siano rimasti feriti combattendo contro tutti quegli Aiel, altrimenti forse sarebbero a bordo anche loro. Io almeno non mi caccerò tra i piedi, non cercherò di prendere il comando, non attaccherò briga col Custode.»