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«Voleva morire vicino all’acqua» disse Aviendha. Lanciò un’occhiata al fiume e distolse in fretta lo sguardo. Secondo Egwene, era anche rabbrividita.

«Stupide!» sbottò Nynaeve. Si mise a frugare nella borsa di erbe. «Con una ferita del genere, i movimenti potevano ucciderla. Voleva morire vicino all’acqua!» ripeté, disgustata. «Solo perché portate armi come gli uomini, non significa che dobbiate ragionare come loro.» Tolse dalla borsa una coppa di legno e la tese a Chiad. «Riempila. Mi occorre dell’acqua per mescolare queste erbe e fargliele bere.»

Chiad e Bain andarono al fiume e tornarono insieme. Non avevano cambiato espressione, ma Egwene pensò che si fossero aspettate di vedere il fiume protendersi ad afferrarle.

«Se non l’avessimo portata qui al... fiume, Aes Sedai» disse Aviendha «non ti avremmo incontrato e sarebbe morta comunque.»

Nynaeve sbuffò e mise nella coppa delle erbe ridotte in polvere, borbottando fra sé. «Radice di coren per formare sangue, erbacane per saldare la carne e panacea, naturalmente, e...» Il borbottio si ridusse a bisbiglio impercettibile. Aviendha la guardava, perplessa.

«Le Sapienti usano erbe, Aes Sedai, ma non sapevo che pure le Aes Sedai le usassero.»

«Uso ciò che mi pare!» replicò, brusca Nynaeve. Continuò a cercare fra le polveri e a borbottare tra sé.

«Da come parla, sembra proprio una Sapiente» disse Chiad a Bain, sottovoce. L’altra annuì.

Dailin era disarmata, ma le altre Aiel parevano pronte a usare le armi al minimo pretesto. Nynaeve di sicuro non le tranquillizzava, pensò Egwene. Meglio farle parlare. Di qualsiasi cosa. Nessuno ha voglia di combattere, se parla di argomenti pacifici.

«Senza offesa» disse, scegliendo con cura le parole «ho notato che vi sentite tutte a disagio, nei riguardi del fiume. Il fiume non diventa violento, se non c’è una tempesta. Potreste fare una nuotata, se avete voglia, senza allontanarvi troppo dalla riva, perché al centro la corrente è forte.» Elayne scosse la testa.

Le Aiel la guardarono, con occhi vacui. Aviendha disse: «Una volta ho visto un uomo... uno shienarese... andare a nuoto.»

«Non capisco» replicò Egwene. «So che nel Deserto non c’è molta acqua, ma Chiad appartiene alla setta Fiume Sassoso. Di sicuro avrete nuotato nel Fiume Sassoso, no?» Elayne la guardò come se la ritenesse pazza.

«Nuotare» disse Jolien, impacciata. «Significa... immergersi nell’acqua? In tutta quell’acqua? Senza niente a cui aggrapparsi?» Rabbrividì.

«Aes Sedai, prima d’attraversare il Muro del Drago, non ho mai visto scorrere acqua che non potessi scavalcare con un passo. Il Fiume Sassoso... Secondo alcuni, un tempo conteneva acqua, ma è una vanteria. Ci sono soltanto i sassi. Le più antiche registrazioni delle Sapienti e il capoclan dicono che non ci sono stati altro che sassi, dal primo giorno in cui la nostra setta si staccò dalla Piana Alta e reclamò quelle terre. Nuotare!» Strinse le lance come per combattere la parola stessa. Chiad e Bain si allontanarono d’un altro passo dalla sponda.

Egwene sospirò. Incrociando lo sguardo di Elayne, divenne tutta rossa. “Be’, non sono un’Erede, per sapere tutte queste cose” si disse. Però le avrebbe imparate. Guardò le Aiel e si rese conto d’averle innervosite, anziché tranquillizzarle. Se avessero tentato un’azione violenta, le avrebbe immobilizzate con Aria. Non sapeva se avrebbe potuto bloccare quattro persone insieme, ma si aprì a Saidar, intessé rivoli in Aria e li tenne pronti. Sentì pulsare in sé il Potere, ansioso d’essere usato. Vide che Elayne non era circondata dall’alone e se ne domandò il motivo. Elayne la guardò dritto negli occhi e scosse la testa.

«Non toccherei mai un’Aes Sedai» disse all’improvviso Aviendha. «Voglio che lo sappiate. Se Dailin vive o muore, non fa differenza. Non userei mai queste lance contro delle donne. E voi siete Aes Sedai.» Egwene ebbe a un tratto l’impressione che l’Aiel cercasse di tranquillizzare loro!

«Lo sapevo» disse Elayne; parlava a Aviendha, ma fissava Egwene. «Nessuno sa molto di voi, però mi hanno insegnato che gli Aiel non aggrediscono mai le donne, a meno che non siano, come dici tu, maritate alla lancia.»

Bain parve pensare che Elayne non riuscisse di nuovo a scorgere la verità. «Non è proprio esatto, Elayne» disse. «Se una donna non maritata alla lancia rivolgesse contro di me le armi, la picchierei fino a farle cambiare idea. Un uomo... Un uomo potrebbe ritenere che una donna delle vostre terre sia maritata, se quella portasse armi; non so. A volte gli uomini sono bizzarri.»

«Certo» disse Elayne. «Ma finché non vi assaliamo con le armi, non ci farete niente.» Le Aiel parevano sconvolte. Elayne diede a Egwene un rapido sguardo carico di significato.

Comunque Egwene non abbandonò Saidar. Il semplice fatto che avessero insegnato a Elayne una cosa non significava che questa cosa fosse vera, anche se le Aiel la confermavano. E Saidar le... le dava una buona sensazione.

Nynaeve sollevò a Dailin la testa e cominciò a versarle in bocca la mistura. «Bevi» disse, decisa. «Ha un saporaccio, lo so, ma la devi bere tutta.»

Dailin trangugiò, rischiò di soffocare, trangugiò di nuovo.

«Neppure in quel caso, Aes Sedai» disse Aviendha a Elayne. Però tenne lo sguardo su Dailin e Nynaeve. «Si narra che un tempo, prima della Frattura del Mondo, noi servissimo le Aes Sedai, ma nessuno sa in quale modo. E fallimmo. Forse è proprio questo il peccato che ci mandò nella Triplice Terra, non so. Nessuno sa quale fosse il peccato, escluse forse le Sapienti o i capiclan, che comunque non ne parlano. Si dice che se falliremo di nuovo nel servire le Aes Sedai, queste ci distruggeranno.»

«Bevila tutta» brontolò Nynaeve. «Spade! Spade e muscoli e niente cervello!»

«Noi non abbiamo nessuna intenzione di distruggervi» disse Elayne con fermezza; Aviendha annuì.

«Certo, Aes Sedai. Ma su di un punto le antiche storie sono molto chiare. Non dobbiamo mai combattere contro le Aes Sedai. Se scaglierai contro di me i tuoi fulmini e il tuo fuoco malefico, danzerò con essi, ma non ti farò niente.»

«Popolo che accoltella» brontolò Nynaeve. Abbassò la testa di Dailin, che aveva chiuso gli occhi, e le toccò la fronte. «Donne che accoltellano!»

Aviendha si mosse a disagio e tornò ad accigliarsi: non fu la sola, fra le Aiel.

«Fuoco malefico» disse Egwene. «Aviendha, cos’è il fuoco malefico?»

«Non lo sai? Secondo le antiche storie, le Aes Sedai lo usavano. Le storie lo rendono un’arma spaventosa, ma non so altro. Abbiamo dimenticato molte cose che una volta conoscevamo.»

«Forse anche la Torre Bianca ha dimenticato molto» disse Egwene. Nel sogno... o quel che era... lei aveva saputo che esisteva il fuoco malefico. Era una cosa tanto reale quanto il Tel’aran’rhiod. Ci avrebbe scommesso, anche contro un fortunato come Mat.

«Non ne hanno il diritto!» sbottò Nynaeve. «Nessuno ha il diritto di straziare cosi un corpo umano! Non è giusto!»

«È arrabbiata?» domandò Aviendha, a disagio. Chiad, Bain e Jolien si scambiarono occhiate piene di preoccupazione.

«Va tutto bene» disse Elayne.

«Anzi, ottimamente» soggiunse Egwene. «Si sta per arrabbiare davvero.»

All’improvviso Nynaeve fu circondata dal bagliore di Saidar (Egwene si sporse per vedere bene, imitata da Elayne) e Dailin sobbalzò con un grido, a occhi sbarrati. L’attimo dopo, Nynaeve la costrinse a stare distesa. Il bagliore si affievolì e scomparve. Dailin richiuse gli occhi e rimase distesa, ansimando.

L’ho visto, pensò Egwene. Almeno, le pareva. Non era riuscita a indentificare i vari rivoli di Potere, né il modo in cui Nynaeve li aveva intessuti. L’azione compiuta da Nynaeve in quei pochi istanti era stata come tessere a occhi bendati quattro tappeti nello stesso tempo.

Nynaeve usò la fascia insanguinata per ripulire lo stomaco di Dailin, togliendo chiazze rosse di sangue fresco e nere croste di sangue coagulato. Sotto, non c’era alcuna ferita né cicatrice, solo pelle sana, molto più chiara di quella del viso di Dailin.