Egwene, stupita, si girò a guardarla, ma subito capì la sua intenzione: voleva mettere a loro agio gli Aiel e dare a Nynaeve il tempo di calmarsi.
«Riuscivate a cavarvela benissimo» disse. «Forse vi abbiamo offesi mettendo il naso nei vostri affari.»
Rhuarc ridacchiò. «Aes Sedai, io per primo sono felice del... del vostro intervento.» Parve un attimo insicuro, ma tornò subito di buonumore. Aveva un bel sorriso, faccia forte e squadrata; era un bell’uomo, anche se un po’ stagionato. «Potevamo ucciderli, ma tre Uomini Ombra... Di sicuro avrebbero ucciso due, tre di noi, forse tutti; e non posso garantire che li avremmo uccisi. Per i giovani, la morte è una nemica contro cui misurare la propria forza. Per quelli un po’ più anziani, è una vecchia amica, una vecchia amante, che non c’è fretta d’incontrare.»
A queste parole, Nynaeve parve rilassarsi, come se l’incontro con un Aiel poco ansioso di morire l’avesse liberata della tensione. «Dovrei ringraziarvi» disse «e vi ringrazio. Però sono sorpresa di vedervi. Aviendha, t’aspettavi di trovarci qui? Come mai?»
«Vi ho seguite» rispose l’Aiel, senza imbarazzo. «Per vedere cosa avreste fatto. Ho visto quegli uomini catturarvi, ma ero troppo distante per intervenire. Ero sicura che mi avreste scorta, se mi fossi avvicinata, così mi sono tenuta un centinaio di passi più indietro. Quando ho capito che non ce l’avreste fatta, era troppo tardi per provarci da sola.»
«Sono sicura che hai fatto il possibile» disse debolmente Egwene. Era a soli cento passi da loro? I banditi non avevano visto niente!
Aviendha lo considerò un invito a proseguire. «Sapevo dove si trovava Coram, e lui sapeva dov’erano Dhael e Luaine, e loro sapevano...» S’interruppe, con uno sguardo perplesso verso l’Aiel più anziano. «Non m’aspettavo di trovare un capoclan, tanto meno il mio, fra coloro che sono venuti. Rhuarc, chi guida gli Aiel Taardad, visto che tu sei qui?»
Rhuarc si strinse nelle spalle, come se la cosa non avesse alcuna importanza. «I capisetta faranno a turno e decideranno se vogliono davvero andare a Rhuidean, quando morirò. Non sarei venuto, ma Amys e Bain e Melarne e Seana mi stavano addosso come gatti di montagna dietro un caprone selvatico. I sogni dicevano che dovevo andare. Mi hanno domandato se davvero volevo morire in un letto, vecchio e grasso.»
Aviendha rise, come se fosse una bella battuta di spirito. «Si è sempre detto che un uomo preso fra la moglie e una Sapiente spesso rimpiange di non dover combattere invece dieci vecchi nemici» commentò.
«Un uomo preso fra la moglie, lei stessa Sapiente, e tre Sapienti, deve prendere in considerazione la possibilità di uccidere l’Accecatore in persona.»
«L’idea m’è già venuta» rispose Rhuarc. Guardò, perplesso, i tre anelli col Gran Serpente, finiti per terra, insieme con un anello d’oro, molto più pesante, adatto al dito d’un uomo. «E mi viene ancora. Tutto deve cambiare, ma non voglio far parte del cambiamento, se posso stare in disparte. Tre Aes Sedai in viaggio per Tear.» Gli altri Aiel si guardarono come se non volessero farsi notare da Egwene e dalle altre due.
«Hai accennato ai sogni» disse Egwene. «Le vostre Sapienti sanno cosa significano i loro sogni?»
«Alcune, sì. Se vuoi saperne di più, devi parlare con loro. Forse a un’Aes Sedai lo direbbero. A noi uomini non ne parlano, se non quando i sogni dicono cosa dobbiamo fare.» A un tratto parve assai stanco. «In genere sono cose che eviteremmo di fare, se ci fosse possibile.»
Si chinò a raccogliere l’anello da uomo. Vi era riprodotta una gru in volo sopra una lancia e una corona. Ora Egwene lo riconobbe: l’aveva visto spesso penzolare da una correggia intorno al collo di Nynaeve. Quest’ultima pestò gli altri anelli, per la fretta di strapparlo di mano a Rhuarc; era arrossita, di collera e di altre emozioni: troppe, perché Egwene le identificasse. Rhuarc non si oppose e continuò, nello stesso tono pieno di stanchezza.
«E una delle Aes Sedai ha un anello di cui da bambino ho sentito parlare. L’anello dei re del Malkier. Ai tempi di mio padre, cavalcarono con gli shienaresi contro gli Aiel. Erano bravi, nella danza delle lance. Ma poi il Malkier fu inghiottito dalla Macchia. Si dice che sia sopravvissuto soltanto un re ancora bambino, il quale corteggia la morte che gli strappò il regno come altri corteggerebbero le belle donne. In verità, è una cosa bizzarra, Aes Sedai. Di tutte le cose bizzarre che pensavo di vedere, quando Melaine mi ha spinto lontano dalla mia casa e al di là del Muro del Drago, nessuna è stata così bizzarra. Il sentiero che mi hai assegnato è un sentiero che non avrei mai creduto di percorrere.»
«Non ti ho assegnato alcun sentiero» replicò Nynaeve, brusca. «Voglio solo proseguire il viaggio. Questi uomini avevano cavalli. Ne prenderemo tre e ci metteremo in cammino.»
«In piena notte, Aes Sedai?» obiettò Rhuarc. «Il viaggio è tanto urgente da farvi percorrere nel buio queste zone pericolose?»
«No» rispose Nynaeve, dopo una chiara indecisione. «Ma voglio partire all’alba» soggiunse, in tono più fermo.
Gli Aiel portarono al di là della palizzata i morti. Né Egwene né le altre due vollero usare il letto lurido in cui aveva dormito Adden: ripresero ciascuna il proprio anello e dormirono all’aperto, avvolte in coperte avute dagli Aiel.
Quando l’alba imperlò il cielo, gli Aiel prepararono una colazione composta di carne secca e coriacea (Egwene esitò a mangiarla, finché Aviendha non le disse che era di capra), di gallette quasi altrettanto difficili da masticare e di un formaggio dalle venature bluastre e dal sapore piccante, tanto duro da far mormorare a Elayne che gli Aiel si allenavano sgranocchiando sassi. Ma l’Erede mangiò quanto Egwene e Nynaeve messe insieme. Gli Aiel scelsero i tre cavalli migliori e lasciarono liberi gli altri: loro non andavano a cavallo, se non vi erano costretti, spiegò Aviendha, col tono di chi preferirebbe andare di corsa anche con le vesciche ai piedi. I tre animali erano alti e grossi quasi come i destrieri da guerra, con collo dritto e occhi fieri: un morello per Nynaeve, una giumenta dal mantello roano per Elayne e una grigia per Egwene.
Egwene decise di chiamarla Nebbia, con l’augurio che un nome gentile la tranquillizzasse; e a dire il vero Nebbia parve muoversi con leggerezza quando si avviarono a meridione, mentre il sole faceva capolino all’orizzonte.
Tutti gli Aiel sopravvissuti allo scontro le accompagnarono a piedi. Avevano avuto altri tre caduti, oltre ai due uccisi dai Myrddraal. Adesso erano in diciannove e seguivano con facilità l’andatura dei cavalli. All’inizio Egwene cercò di far tenere a Nebbia un passo lento, ma gli Aiel la ritennero un’idea molto buffa.
«Farò con te una corsa di dieci miglia» disse Aviendha «e vedremo chi vincerà, se il tuo cavallo o io.»
«E io di venti miglia!» disse Rhuarc, ridendo.
Probabilmente dicevano sul serio, pensò Egwene: i cavalli allungarono il passo e di certo gli Aiel non rimasero indietro.
Quando comparvero i tetti di stoppie di Jurene, Rhuarc disse: «Addio, Aes Sedai. Possiate trovare sempre acqua e ombra. Forse ci incontreremo di nuovo, prima che avvenga il cambiamento.» Aveva un tono sinistro. Mentre gli Aiel deviavano verso meridione, Aviendha, Chiad e Bain alzarono la mano in segno di saluto. Non parvero rallentare l’andatura, adesso che non seguivano cavalli; anzi, parvero andare più speditamente. Egwene sospettò che avrebbero mantenuto quell’andatura fino dove erano diretti.
«Cosa voleva dire, con quella frase?» domandò. «"Forse ci incontreremo di nuovo, prima che avvenga il cambiamento."»
Elayne scosse la testa.
«Non importa cosa volesse dire» rispose Nynaeve. «Sono contenta che stanotte siano comparsi, ma sono anche contenta che se ne siano andati. Mi auguro che qui ci sia una nave.»
Jurene era un villaggio piccolino, di case di legno alte solo un piano, ma vi sventolava la bandiera con il Leone Bianco dell’Andor e vi stazionavano cinquanta Guardie della Regina, uomini in giubba rossa con ampio colletto bianco sotto lucenti pettorali di ferro. Erano stati dislocati lì, disse il loro capitano, per offrire rifugio sicuro ai profughi che volessero riparare nell’Andor; ma ne giungevano assai pochi. Ora la maggior parte andava nei villaggi più a valle, nei pressi di Aringill. Loro tre avevano avuto la fortuna di giungere in tempo, perché da un momento all’altro lui aspettava l’ordine di riportare nell’Andor la sua compagnia. Era probabile che i pochi abitanti di Jurene andassero con loro e abbandonassero quel poco che restava ai briganti e ai soldati delle Case cairhienesi in guerra.