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Elayne tenne il viso nascosto nel cappuccio, ma nessuno parve associare all’Erede quella ragazza dai capelli rosso oro. Alcuni le chiesero di trattenersi lì; Egwene non capì se Elayne ne fosse compiaciuta o sconvolta. Lei stessa rispose, agli uomini che glielo chiesero, di non avere tempo per loro. Faceva piacere, in un certo senso, che chiedessero; di sicuro lei non aveva la minima voglia di baciare uno di loro, ma gradiva che alcuni almeno la ritenessero graziosa quanto Elayne. Nynaeve schiaffeggiò un uomo. Egwene quasi scoppiò a ridere e Elayne sorrise apertamente. Egwene pensò che Nynaeve avesse ricevuto un pizzicotto; però, malgrado lo sguardo feroce, non pareva troppo dispiaciuta.

Non portavano l’anello Nynaeve le aveva facilmente convinte che proprio Tear era l’unico posto in cui era meglio non farsi ritenere Aes Sedai, soprattutto se in città circolava l’Ajah Nera. Egwene aveva messo nella borsa l’anello, insieme al ter’angreal di pietra; spesso li toccava per ricordare a se stessa che erano ancora lì. Nynaeve aveva appeso il suo alla cordicella con l’anello di Lan.

C’era una nave, a Jurene, ormeggiata all’unico molo di pietra che si protendeva nell’Erinin. Nel vederla, Egwene si demoralizzò: larga il doppio della Gru Azzurra, la Perca smentiva il proprio nome, con la prua rotonda come la pancia del capitano.

Costui guardò con sorpresa Nynaeve e si grattò l’orecchio, quando lei domandò se la nave era veloce. «Veloce?» rispose. «Sono carico di legname pregiato dello Shienar e di tappeti del Kandor. A cosa serve la velocità, con un carico del genere? Tanto, i prezzi continuano a salire. Sì, immagino che dietro la mia ci siano navi più veloci, ma qui non si fermeranno. Nemmeno io mi sarei fermato, se non avessi trovato vermi nella carne. Ma sbagliavo, a pensare che nel Cairhien abbiano carne da vendere. La Gru azzurra? Sì, stamattina ho visto Ellisor incagliato più a monte. Non si disincaglierà tanto presto, ritengo. Ecco dove porta, una nave veloce.»

Nynaeve pagò le tariffe (e il doppio, per i cavalli) con una tale faccia che Egwene e Elayne non le rivolsero parola, finché la Perca non si fu allontanata da Jurene.

40

Un eroe nella notte

Appoggiato alla murata, Mat guardò avvicinarsi Aringill, piccola città cinta di mura, mentre i remi spingevano il Gabbiano Grigio verso i lunghi moli di legno incatramato. Protetti da alti muri di pietra che si estendevano nel fiume, questi moli brulicavano di gente; molte altre persone lasciavano le navi di varie dimensioni Ormeggiate lungo i pontili. Alcuni spingevano carriole o tiravano slitte o carretti dalle ruote assai alte, tutti stracolmi di mobili e di bauli ben legati; ma diversi portavano fagotti sulla schiena. Non tutti si davano da fare. Molti se ne stavano ammassati, uomini e donne, incerti, con bambini in lacrime aggrappati alle gambe. Soldati in giubba rossa e lucente pettorale cercavano di farli spostare dai moli ed entrare in città, ma molti parevano troppo spaventati per muoversi.

Mat si girò e si schermò gli occhi per scrutare il fiume. L’Erinin era pieno di traffico, più di quanto non avesse visto a meridione di Tar Valon, con una decina d’imbarcazioni in movimento, che andavano da un vascello dalla prua appuntita che saettava contro corrente diretto a monte del fiume, spinto da due vele triangolari, all’ampia nave dalla prua tozza e rigonfia, con vele quadrate, che ancora sguazzava molto a settentrione.

Quasi la metà delle navi in vista, però, non aveva niente a che fare con il commercio fluviale. Due imbarcazioni dall’ampia chiglia e dal ponte vuoto attraversavano senza fretta il fiume, dirette a una città più piccola sulla riva opposta; tre altre tornavano faticosamente verso Aringill e avevano il ponte affollato di persone, strette come pesci in un barile. Il sole al tramonto metteva in ombra la bandiera che sventolava sulla città più piccola. La riva apparteneva al Cairhien, però Mat non aveva bisogno di vedere chiaramente la bandiera, per sapere che si trattava del Leone Bianco dell’Andor. C’erano state abbastanza chiacchiere, nei pochi villaggi andorani in cui il Gabbiano Grigio aveva fatto breve scalo.

Mat scosse la testa. Non era interessato alla politica. “Basta che non provino ancora a dirmi che sono andorano solo a causa di qualche riga tracciata su di una mappa” pensò. “Maledizione, potrebbero anche costringermi a combattere nel loro maledetto esercito, se la crisi cairhienese si estende. E a ubbidire agli ordini!" Con un brivido si girò verso Aringill. Sul Gabbiano Grigio, marinai scalzi preparavano le gomene da lanciare ai portuali sul molo.

Da dietro la barra del timone, il capitano Mallia guardava Mat. Non aveva rinunciato agli sforzi per ingraziarsi lui e Thom, né ai tentativi di scoprire quale fosse la loro importante missione. Alla fine Mat gli aveva mostrato la lettera sigillata e gli aveva detto che la portava alla regina, da parte dell’Erede. Un messaggio personale da figlia a madre, nient’altro. A quanto pareva, Mallia aveva udito soltanto le parole “regina Morgase".

Mat ridacchiò tra sé. Nella tasca della giubba aveva due borse più piene di quando era salito a bordo; aveva monete sfuse sufficienti a riempirne altre due. Non aveva avuto la stessa fortuna della prima, bizzarra notte in cui i dadi e tutto il resto parevano impazziti, ma era bastata. Dopo la terza notte, Mallia aveva rinunciato a giocare con lui per mostrarsi amico, ma a quel punto il suo forziere si era già alleggerito di parecchio. Dopo Aringill, sarebbe stato ancora più leggero: Mallia doveva rinnovare le scorte di cibo... Mat lanciò un’occhiata alla gente che si muoveva sui moli... se poteva, a qualsiasi prezzo.

Nel ripensare alla lettera, Mat perdette il sorriso. Dopo un piccolo lavoretto con un coltello dalla lama riscaldata, aveva sollevato il sigillo a forma di giglio d’oro. Non aveva trovato niente: Elayne studiava con impegno, faceva progressi, era ansiosa d’apprendere. Era figlia diligente; era stata punita dall’Amyrlin Seat per essersi allontanata e aveva ricevuto l’ordine di non parlarne mai più, quindi non poteva dire altro, era chiaro. Era stata promossa fra le Ammesse (non era meraviglioso, in così breve tempo?) e riceveva incarichi più importanti; per un poco avrebbe lasciato Tar Valon, al servizio dell’Amyrlin stessa. Non c’era da preoccuparsi.

Andava benissimo, pensò Mat, che Elayne dicesse a Morgase di non preoccuparsi. Era lui, che aveva cacciato nel pentolone. La stupida lettera era di sicuro il motivo per cui quegli uomini gli avevano dato la caccia, ma neppure Thom era riuscito a cavarne un senso, per quanto borbottasse di “messaggi cifrati” di “codici” e del “Gioco delle Case".

Ora Mat aveva messo al sicuro la lettera all’interno della fodera della giubba; l’aveva di nuovo sigillata ed era pronto a scommettere che nessuno si sarebbe mai accorto della manomissione. Se qualcuno la voleva al punto da cercare di ucciderlo, forse ci avrebbe riprovato. Aveva promesso a Nynaeve di consegnare la lettera e l’avrebbe fatto. Ma avrebbe avuto qualcosa da dire, quando avesse rivisto quelle tre irritanti donne... qualcosa che loro non avrebbero gradito molto.

Mentre i marinai gettavano sul molo le gomene, Thom venne sul ponte: portava sulla schiena gli astucci con gli strumenti e in mano il fagotto con le sue cose. Pur zoppicando, si accostò con aria impettita alla murata, movendo il mantello con piccoli svolazzi che agitavano le toppe colorate e soffiando con importanza nei lunghi baffi bianchi.