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Lan, seduto più avanti di Moiraine, verso prua (non aveva tolto dalle bisacce posate ai suoi piedi il mantello dai colori cangianti) pareva intento a esaminare la lama della spada, ma faceva ben poco per nascondere il proprio divertimento. A volte aveva sulle labbra l’ombra d’un sorriso. Ognuna delle due donne pensava d’essere l’oggetto di quel divertimento, ma il Custode pareva non badare alle loro occhiate torve.

Qualche giorno prima, Perrin aveva udito Moiraine chiedere a Lan, con voce gelida come ghiaccio, se vedeva qualcosa di cui ridere. «Non riderei mai di te, Moiraine Sedai» aveva replicato lui con calma. «Ma se davvero hai intenzione di mandarmi da Myrelle, devo allenarmi a sorridere. Dicono che Myrelle racconti storielle buffe ai suoi Custodi. I Gaidin devono sorridere alle battute di colei a cui sono legati; tu mi hai rivolto spesso battute a cui sorridere, no? Forse preferiresti che restassi con te, dopo tutto.» Moiraine gli aveva rivolto un’occhiata che avrebbe inchiodato all’albero maestro qualsiasi altro uomo, ma il Custode non aveva battuto ciglio. Lan faceva sembrare stagno il gelido acciaio.

Da un po’ di tempo, quando Moiraine e Zarine erano insieme sul ponte, l’equipaggio si moveva in silenzio. Il capitano Adarra teneva piegata la testa e pareva ascoltare qualcosa che non volesse udire. Passava gli ordini in un bisbiglio, invece di gridarli come al solito. Adesso tutti sapevano che Moiraine era Aes Sedai e che era scontenta. Perrin si era lasciato coinvolgere da Zarine in uno scontro verbale e non sapeva con certezza chi dei due avesse detto la parola “Aes Sedai", ma ora tutto l’equipaggio sapeva. Maledetta donna, si disse Perrin, senza sapere bene a quale delle due si riferisse. “Se Zarine è il falco” pensò “cosa sarà lo sparviero? Avrò alle costole due donne come lei?" Nella situazione attuale vedeva una sola cosa buona: dovendosi preoccupare di una Aes Sedai in collera, nessuno badava ai suoi occhi.

Loial in quel momento non era in vista: ogni volta che Moiraine e Zarine salivano insieme sul ponte, rimaneva nell’angusta cabina... a lavorare al suo libro, diceva. Saliva sul ponte solo di sera, a fumare la pipa. Perrin non capiva come sopportasse il caldo: anche la presenza di Moiraine e di Zarine era meglio che stare sottocoperta.

Sospirò e continuò a guardare Illian. La vasta città (grande quanto Caemlyn o Cairhien, le uniche due vere città che lui avesse visto) si alzava da una gigantesca palude che si estendeva per miglia come una piana d’erba ondeggiante. Illian non era cinta di mura, pareva fatta solo di torri e di palazzi. Gli edifici erano tutti di pietra chiara, a parte alcuni che parevano intonacati di bianco, ma di svariati colori: bianco, grigio, rossiccio, perfino verde chiaro. Tetti di tegole di cento diverse sfumature scintillavano al sole. Ai lunghi moli erano ormeggiate molte navi, per la maggior parte più grandi dell’Oca delle Nevi , e le banchine brulicavano di gente che scaricava e caricava merci. All’estremità opposta della città c’erano cantieri navali con vascelli in ogni fase di costruzione, da scheletri di grosse coste di legno a navi quasi pronte a scivolare in porto.

Forse Illian era abbastanza grande da tenere a bada i lupi. Quelli di sicuro non andavano a caccia nelle paludi. L’Oca delle Nevi aveva distanziato i lupi che l’avevano seguita dalle montagne. Perrin cercò cautamente si stabilire il contatto mentale e percepì... niente. Una bizzarra sensazione di vuoto, se era ciò che desiderava. Da quella prima notte, i sogni erano stati tutti suoi... per la maggior parte. Moiraine aveva domandato notizie, con voce gelida, e lui le aveva detto la verità. Due volte si era trovato in quel bizzarro mondo di sogno dei lupi e tutt’e due le volte Hopper era comparso, ma l’aveva scacciato dicendo che era ancora troppo giovane, troppo nuovo. Perrin non aveva la minima idea di che cosa Moiraine ricavasse dal racconto di questi sogni; lei non gli spiegò niente, si limitò a invitarlo alla prudenza.

«Ah, per me va benissimo» ringhiò Perrin: si era quasi abituato al fatto che Hopper fosse morto ma non morto, almeno nel mondo dei sogni. Alle sue spalle udì il capitano Adarra muoversi sul ponte e borbottare qualcosa, sorpreso che qualcuno parlasse a voce alta.

I marinai lanciarono a riva delle gomene. Mentre i portuali le legavano ai pilastri del molo, il capitano entrò in azione e bisbigliò ordini all’equipaggio. Fece montare delle aste per calare sul molo i cavalli, con la stessa rapidità con cui fu approntata la passerella da sbarco. Il destriero morello di Lan scalciò e rischiò di spezzare l’asta che lo sollevava. Per calare il massiccio cavallo di Loial occorsero due aste.

«È stato un onore» bisbigliò Adarra a Moiraine, con un inchino, mentre l’Aes Sedai saliva sulla passerella. «È stato un onore averti servita, Aes Sedai.» Moiraine, col viso nascosto nel cappuccio, scese a terra e non lo degnò d’uno sguardo.

Loial non comparve finché tutti, cavalli compresi, non furono sul molo. L’Ogier percorse la passerella, cercando d’indossare la lunga giubba senza lasciar cadere le bisacce, il rotolo della coperta a righe e il mantello. «Non sapevo che eravamo arrivati» rombò, senza fiato. «Rileggevo le mie...» Non terminò la frase e diede un’occhiata a Moiraine. L’Aes Sedai pareva intenta a guardare Lan che sellava Aldieb, ma l’Ogier agitò le orecchie, nervoso come un gatto.

Le sue note, pensò Perrin. Un giorno o l’altro avrebbe dovuto leggerle per vedere che cosa diceva l’Ogier di quella storia. Si sentì solleticare la nuca e fece un salto, prima di notare il profumo pulito, d’erbe aromatiche, che superava l’odore di spezie e di catrame e la puzza dei moli.

Zarine agitò le dita, con un sorriso. «Se ti faccio saltare in aria, sfiorandoti appena con le dita, contadino, chissà dove arriveresti, se...»

Perrin cominciava a stufarsi di meditare sugli sguardi di quegli occhi a mandorla. “Sarà graziosa” pensò “ma mi guarda come guarderei un utensile mai visto prima, cercando di scoprire com’è fatto e a cosa serve."

«Zarine.» La voce di Moiraine era fredda, ma calma.

«Mi chiamo Faile» replicò Zarine, decisa; e per un attimo, con quel suo naso ben marcato, parve davvero un falco.

«Zarine» ripeté Moiraine, ferma. «Le nostre strade si dividono. Troverai altrove una Cerca migliore e più sicura.»

«Non credo» replicò Zarine, altrettanto ferma. «Un Cercatore deve seguire le piste che vede: nessun Cercatore ignorerebbe la pista che voi lasciate. E sono Faile.» Rovinò un poco l’effetto, deglutendo, ma non batté ciglio e sostenne lo sguardo dell’Aes Sedai.

«Sei sicura?» disse piano Moiraine. «Sei sicura che non cambierai idea... Falco?»

«Sì. Tu e il tuo Custode dal viso di pietra non potete fare niente per fermarmi.» Esitò, poi soggiunse lentamente, come se avesse deciso d’essere sincera fino in fondo: «Almeno, non farete niente. So qualcosa delle Aes Sedai; so che non faresti mai certe cose, lo dicono anche le storie. E non credo che Faccia di Pietra farà ciò che dovrebbe fare per costringermi a rinunciare.»

«Ne sei tanto sicura da correre il rischio?» disse Lan, a voce bassa; non mutò espressione, ma Zarine deglutì di nuovo.

«Non occorre minacciarla» disse Perrin. Si rese conto, sorpreso, di guardare in cagnesco il Custode.

Con un’occhiata, Moiraine li zittì. «Credi di sapere quali cose un’Aes Sedai non farebbe mai, vero?» disse, a voce più bassa di prima, con un sorriso tutt’altro che piacevole a vedersi. «Se desideri venire con noi, ecco cosa devi fare.» Lan batté le palpebre, sorpreso; le due donne si fissarono come falco e topolino, ma ora il falco non era Zarine. «Giurerai, sul tuo Giuramento di Cercatore, di fare come dico io, di darmi retta e di non lasciarci» proseguì Moiraine. «Una volta che delle nostre faccende saprai più del dovuto, non ti permetterò di cadere viva nelle mani sbagliate. Dico sul serio, ragazza. Giurerai di agire come una di noi e di non fare niente che metta in pericolo i nostri scopi. Non farai domande su dove andremo, né perché. Ti accontenterai di ciò che avrò voglia di dirti. Dovrai giurare tutto questo, altrimenti rimarrai qui a Illian. E non lascerai questa palude finché non tornerò a liberarti, anche a costo di restarci per il resto della tua vita. Questo lo giuro io!»