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«Sono certa che sono arrivati, Nieda» disse Moiraine. «Sono stata via, ma di sicuro Nadine ha preso nota dei tuoi rapporti.» Diede un’occhiata alla ragazza che cantava sul tavolo, senza manifestare disapprovazione. «Il Tasso era molto più tranquillo, l’ultima volta.»

«Sì, lady Mari, è vero. Ma gli zoticoni non hanno ancora superato l’inverno, si direbbe. Negli ultimi dieci anni non c’è più stata una zuffa, nel Tasso, fino alla coda di quest’inverno.» Accennò all’unico uomo seduto in disparte, un tipo più grosso perfino di Perrin, appoggiato contro la parete, a braccia conserte, occupato a battere il piede a tempo con la musica. «Perfino Bili ha avuto il suo daffare a tenerli tranquilli, così ho assunto la ragazza per distrarli e non farli pensare alla rabbia. Viene da qualche parte dell’Altara.» Piegò la testa e per un attimo tese l’orecchio. «Bella vo ce... ma la cantavo meglio io, sì, e la ballavo meglio, pure, quando avevo la sua età.»

Perrin rimase a bocca aperta, all’idea di un simile donnone che saltellava sopra un tavolo e cantava quel motivetto (ne udì un verso: “Sotto non porto niente, proprio niente") finché Zarine non gli rifilò un pugno nelle costole. Emise un borbottio.

Nieda guardò dalla sua parte. «Ti preparo una mistura di miele e zolfo, ragazzo, per la gola infiammata. Non vorrai prendere un malanno, prima che il tempo si scaldi, con una ragazza così graziosa come quella che hai sottobraccio.»

L’occhiata di Moiraine a Perrin era un chiaro invito a non disturbare. «Mi pare strano che ci siano state risse» disse l’Aes Sedai. «Ricordo bene come tuo nipote mantiene l’ordine. È accaduto qualcosa che ha reso più irritabile la gente?»

Nieda rifletté un attimo. «Forse. Difficile a dirsi. I giovani signorotti scendono sempre ai moli a caccia di ragazze e di baldoria, cose che non possono permettersi dove l’aria ha un profumo migliore. Forse ora vengono più spesso, visto il rigido inverno. Forse. E altri s’infiammano subito, anche. L’inverno è stato davvero duro. Gli uomini diventano più irascibili; le donne, pure. Colpa di tutte queste piogge e di tutto questo freddo. Già due volte, la mattina, ho trovato ghiaccio nel lavabo. Non è stato un inverno duro come quello scorso, certo, ma di quelli ne viene uno ogni cento anni. Quasi quasi comincio a credere ai viandanti, quando parlano di acqua ghiacciata che cade dal cielo.» Ridacchiò per mostrare quanto poco vi credesse. Era un suono bizzarro, in un donnone come lei.

Moiraine chinò la testa, pensierosa.

La ragazza sul tavolo iniziava un’altra strofa e Perrin si ritrovò ad ascoltare suo malgrado. Non aveva mai sentito dire che qualche donna facesse cose anche solo remotamente simili a quelle di cui cantava la ragazza, ma gli parvero interessanti. Notò che Zarine lo guardava e cercò di far finta di non ascoltare.

«Ultimamente cos’è accaduto di fuori del normale?» domandò infine Moiraine.

«Be’, si potrebbe definire fuori del normale l’ascesa di lord Brend al Consiglio dei Nove» rispose Nieda. «Porca Fortuna, non ricordo neppure d’averlo sentito nominare, prima dell’inverno; ma è venuto in città... da qualche posto vicino alla frontiera del Murandy, pare... e nel giro d’una settimana è stato accolto fra i Nove. Bisogna dire che è un brav’uomo, il più forte dei Nove... tutti seguono la sua guida, corre voce, anche se è l’ultimo eletto e in pratica uno sconosciuto... ma a volte ho strani sogni su di lui.»

Moiraine esitò. «Che genere di sogni?» domandò poi.

«Oh, stupidaggini, lady Mari. Semplici stupidaggini. Vuoi davvero che te li racconti? Sogni di lord Brend in luoghi bizzarri, mentre cammina su ponti sospesi a mezz’aria. Sogni confusi, ma li faccio quasi ogni notte. Chi ha mai sentito di cose del genere? Anche Bili fa gli stessi sogni, però. Credo che li ascolti e li copi. Bili non è troppo sveglio, a volte.»

«Forse non gli rendi giustizia» disse Moiraine.

Perrin fissò il cappuccio scuro. Moiraine gli era parsa scossa, anche più di quando aveva pensato che nel Ghealdan fosse comparso un altro falso Drago. Lui non sentiva l’odore della paura... però Moiraine era spaventata! Un pensiero più terrificante di Moiraine in collera. Riusciva a immaginarla infuriata, ma non atterrita.

«Continuo a parlare a vanvera» disse Nieda, aggiustandosi la crocchia. «Come se i miei stupidi sogni fossero importanti.» Ridacchiò di nuovo. «Hai l’aria stanca, lady Mari. Ti accompagno alla tua stanza. E poi, una buona cena a base di tigrato fresco.»

"Tigrato?" pensò Perrin. Era di sicuro un pesce: sentiva il profumo di pesce in cottura.

«Stanza» disse Moiraine. «Sì. Alloggeremo qui. La cena può attendere. Navi. Nieda, quali navi salpano per Tear? Domattina presto. Stasera ho da fare.»

Lan le scoccò un’occhiata, perplesso.

«Per Tear, lady Mari?» rise Nieda. «Be’, nessuna! Da un mese il Consiglio ha proibito alle navi di andare a Tear e a quelle di Tear di fare scalo qui; ma penso che il Popolo del Mare se ne freghi. Però nel porto non ci sono navi del Popolo del Mare. Ed è strano. L’ordine dei Nove, voglio dire, e il silenzio del re, che alza sempre la voce se i Nove muovono un passo senza la sua guida. O forse i motivi sono altri. Tutte le voci parlano di guerra con Tear; ma i barcaioli e i carrettieri che riforniscono l’esercito dicono che i soldati guardano a settentrione, al Murandy.»

«I sentieri dell’Ombra sono intricati» disse Moiraine, tesa. «Faremo ciò che dobbiamo fare. Le stanze, Nieda. E poi la cena.»

Perrin trovò che la sua stanza era più comoda di quanto non s’aspettasse, a giudicare dall’aspetto del Tasso. L’ampio letto aveva un morbido materasso. La porta era fatta di assicelle inclinate; dalla finestra entrava la brezza con gli odori del porto. E anche dei canali. Ma almeno rinfrescava un poco. Perrin appese a un piolo il mantello, la faretra e l’ascia; appoggiò in un angolo l’arco. Lasciò il resto nelle bisacce e nella coperta arrotolata: forse non sarebbe stata una notte di riposo.

Se prima Moiraine era parsa spaventata, era stato niente a confronto di quando aveva detto di dover fare qualcosa quella notte. In quel momento, per un istante, l’Aes Sedai aveva emanato l’odore della paura, come se avesse annunciato d’infilare la mano in un nido di calabroni per schiacciarli fra le dita nude. Che cosa aveva in mente? Se Moiraine era spaventata, lui avrebbe dovuto essere atterrito!

Invece non era nemmeno spaventato. Si sentiva... entusiasta. Pronto, quasi ansioso che accadesse qualcosa. Determinato. Riconobbe le sensazioni: cosi si sentivano i lupi in attesa d’attaccare.

Fu il primo, a parte Loial, a scendere di nuovo nella sala comune. Nieda aveva preparato per loro un tavolo con sedie dall’alta spalliera, anziché panche. Aveva anche trovato una sedia abbastanza grande per Loial. La ragazza in quel momento cantava di un ricco mercante che, perduto in maniera improbabile l’attacco di cavalli, aveva per qualche ragione deciso di tirare da sé la propria carrozza. Gli spettatori ridevano. Le finestre mostravano che l’oscurità scendeva più rapidamente di quanto Perrin non s’aspettasse; l’aria aveva l’odore che preannuncia la pioggia.

«La locanda ha una stanza per Ogier» disse Loial, mentre Perrin si sedeva. «Pare che ogni locanda di Illian ne abbia una, con la speranza d’aumentare i clienti, quando arrivano i Costruttori. Nieda dice che porta fortuna, avere un Ogier sotto il proprio tetto. Non penso che ne abbiano molti. I Costruttori stanno sempre insieme, quando vanno a lavorare all’Esterno. Gli umani sono troppo frenetici e gli Anziani hanno sempre paura che scoppi qualche lite e che qualcuno metta un lungo manico alla propria ascia.» Guardò gli uomini intorno alla cantante, come se li sospettasse di simili azioni. Teneva di nuovo le orecchie basse.

Il ricco mercante, fra altre risate, stava per perdere la propria carrozza. «Hai scoperto se in città ci sono degli Ogier di Stedding Shangtai?» domandò Perrin.

«C’erano. Ma Nieda dice che se ne sono andati durante l’inverno. Senza terminare il lavoro. Non capisco. I Costruttori non lasciano lavori a metà, se la gente paga; secondo Nieda, non si trattava di pagamenti mancati. Un bel mattino sono spariti, ma li hanno visti percorrere di notte la strada rialzata Maredo. Perrin, questa città non mi piace. Non so perché, ma mi mette a disagio.»