«Gli Ogier» disse Moiraine «sono sensibili a certe cose.» Teneva ancora il viso nascosto, ma indossava un mantello leggero, di lino azzurro scuro, che evidentemente Nieda aveva mandato a comprare per lei. Ora non emanava odore di paura, ma pareva tenere sotto stretto controllo la voce. Lan le spostò la sedia per farla accomodare; aveva l’aria preoccupata.
Zarine fu l’ultima a scendere, passandosi le dita fra i capelli appena lavati. Aveva intorno a sé un profumo d’erbe più intenso di prima. Guardò il vassoio che Nieda portava in tavola e brontolò sottovoce: «Odio il pesce!»
Nieda aveva portato il cibo servendosi di un carrello a ripiani; era polveroso in certi punti, come se fosse stato tolto frettolosamente dal ripostiglio, in onore di Moiraine. I piatti, pur sbreccati, erano di porcellana del Popolo del Mare.
«Mangia» disse Moiraine, guardando negli occhi Zarine. «Ogni pasto potrebbe essere l’ultimo, non dimenticarlo. Hai voluto viaggiare con noi, perciò stasera mangerai pesce. Domani potresti morire.»
Perrin non riconobbe i pesci, quasi rotondi, a strisce rosse, ma con un profumo appetitoso. Ne prese due e, a bocca piena, sorrise a Zarine. I pesci avevano anche un buon sapore, leggermente piccante. “Mangia i tuoi odiati pesci, falco” pensò. E pensò pure che Zarine pareva pronta a dargli un morsicone.
«Dico alla ragazza di smettere di cantare, lady Mari?» domandò Nieda, posando sul tavolo ciotole di piselli e di funghi giallini. «Così cenate tranquilli.»
Moiraine fissava il proprio piatto e parve non udire.
Lan ascoltò un attimo la canzone (il mercante aveva già perduto, l’uno dopo l’altro, la carrozza, il mantello, gli stivali, l’oro e il resto dei vestiti ed era ridotto a contendere il pranzo a un maiale) e scosse la testa. «Non ci dà alcun fastidio» rispose. Per un attimo parve sul punto di sorridere, ma diede un’occhiata a Moiraine e riprese l’aria preoccupata.
«Cos’è che non va?» disse Zarine, trascurando i pesci. «Qualcosa non quadra, lo so. Da quando ti ho incontrato, Faccia di Pietra, non ti ho mai visto così espressivo.»
«Niente domande!» intervenne Moiraine, brusca. «Saprai ciò che ti dirò io e basta!»
«E cosa mi dirai?» replicò Zarine.
Moiraine sorrise. «Mangia i pesci.»
Proseguirono la cena quasi in silenzio, a parte le canzoni. Una parlava di un riccone che moglie e figlie continuavano a imbrogliare senza neppure sminuirne la boria; un’altra riguardava una ragazza che aveva deciso di fare una passeggiata senza niente indosso; un’altra ancora parlava di un fabbro che era riuscito a ferrare se stesso anziché il cavallo. Ascoltando quest’ultima, Zarine quasi soffocò per il gran ridere; si distrasse al punto da mangiare un pezzetto di pesce e fece una smorfia, come se avesse addentato fango.
"Non riderò di lei” pensò Perrin. “Per quanto sciocca sembri, le mostrerò che cosa sono le buone maniere." «Hanno un buon sapore, vero?» le disse. Zarine gli rivolse un’occhiataccia e Moiraine si accigliò, perché aveva interrotto le sue riflessioni. La conversazione fu tutta qui.
Mentre Nieda portava via i piatti e metteva sul tavolo un vassoio di formaggi, un lezzo orribile fece rizzare i capelli a Perrin. Era il puzzo di qualcosa che non sarebbe dovuto esistere e lui l’aveva già sentito in due precedenti occasioni. Scrutò a disagio la sala comune.
La ragazza cantava ancora, alcuni uomini erano appena entrati e Bili stava sempre appoggiato alla parete a battere col piede il tempo della musica. Nieda si aggiustò la crocchia, diede alla sala una rapida occhiata e si girò per spingere via il carrello.
Perrin guardò i compagni: Loial aveva tolto di tasca un libro e pareva dimentico di dove si trovava; Zarine, con aria assente, faceva rotolare una pallina di formaggio e guardava prima Perrin, poi Moiraine, poi di nuovo Perrin, fingendo indifferenza. Ma in realtà lui era interessato a Lan e a Moiraine: quei due potevano percepire un Myrddraal o un Trolloc o qualsiasi Progenie dell’Ombra, prima che si avvicinassero a meno di qualche centinaio di passi; ma l’Aes Sedai fissava con aria remota il tavolo davanti a sé e il Custode tagliava un pezzo di formaggio giallino e osservava lei. Eppure lui sentiva un puzzo malefico, come a Jarra e alla periferia di Remen, che stavolta non pareva destinato a scomparire. Proveniva da dentro la sala comune.
Esaminò di nuovo la sala: Bili contro la parete; alcuni uomini che attraversavano la sala; la ragazza che cantava sul tavolo; tutti che ridevano seduti attorno a lei. Uomini che attraversavano la sala? Li osservò, perplesso. Sei uomini con facce comuni, diretti verso di lui. Facce molto comuni. Stava per esaminare di nuovo gli avventori intorno alla ragazza, quando si accorse all’improvviso che il puzzo proveniva dai sei. E quelli, di colpo, avevano in mano pugnali, come se avessero capito d’essere stati individuati.
«Hanno coltelli!» gridò Perrin e scagliò contro di loro il vassoio di formaggi.
Nella sala scoppiò la baraonda. Gli avventori gridavano, la ragazza strillava, Nieda chiamava Bili. Lan balzò in piedi, Moiraine lanciò una palla di fuoco comparsa dal nulla, Loial impugnò come randello la sedia, Zarine balzò di lato, imprecando. Anche lei aveva in mano un coltello, ma Perrin era troppo occupato per badare agli altri. Quegli uomini parevano puntare proprio su di lui... e l’ascia era rimasta appesa al piolo, su in camera.
Afferrò la sedia, ne strappò il robusto pezzo che formava gamba e spalliera, scagliò il resto contro gli uomini e mosse intorno a sé l’improvvisato randello. Quelli cercavano di colpire lui, come se Lan e gli altri fossero semplici ostacoli sul loro cammino. Nella confusione, a distanza ravvicinata, Perrin poteva soltanto deviare i pugnali e col frenetico movimento del randello rischiava di colpire anche Lan, Loial e Zarine. Con la coda dell’occhio scorse Moiraine ferma da parte, con aria frustrata: non poteva intervenire senza mettere in pericolo anche i compagni. Nessun assalitore le diede una sola occhiata: Moiraine non si trovava fra loro e il bersaglio.
Ansimando, Perrin riuscì a colpire in piena testa un assalitore e udì lo scricchiolio d’ossa rotte; a un tratto si rese conto che tutt’e sei erano caduti. Gli pareva che fosse trascorso più d’un quarto d’ora, ma vide che Bili si fermava in quel momento e muoveva le mani, fissando i sei sconosciuti distesi scompostamente per terra. Non aveva neppure avuto il tempo d’unirsi allo scontro prima che terminasse.
Lan aveva un’espressione perfino più torva del solito; cominciò a perquisire attentamente i cadaveri, ma con una rapidità che rivelava quanto disgusto provasse a toccarli. Loial teneva ancora in aria la sedia, pronto a colpire: trasalì e posò l’arma improvvisata, con un sorriso pieno d’imbarazzo. Moiraine fissava Perrin e lo stesso faceva Zarine, mentre ricuperava dal petto d’un cadavere il proprio coltello. Il puzzo era scomparso, come se fosse morto con loro.
«Grigi» disse piano Moiraine. «Alle tue costole.»
«Grigi?» rise nervosamente Nieda. «Oh, lady Mari, fra poco dirai di credere a spettri e goblin e Fade e al Vecchio Torvo che cavalca con i cani neri nella Caccia Furiosa.» Anche alcuni avventori si misero a ridere, pur guardando con disagio sia Moiraine, sia i cadaveri. Anche la cantante, a occhi sbarrati, fissava Moiraine. Perrin ricordò quell’unica palla di fuoco, prima che scoppiasse la confusione. Un Grigio pareva carbonizzato ed emanava un lezzo dolciastro e nauseante.
Moiraine si rivolse a Nieda. «Si può camminare nell’Ombra» disse con calma «senza essere Progenie dell’Ombra.»
«Oh, sì, gli Amici delle Tenebre» replicò Nieda; si mise le mani sui fianchi generosi e fissò, accigliata, i cadaveri. Lan aveva terminato la perquisizione; guardò Moiraine e scosse la testa, come se in realtà non si fosse aspettato di trovare qualcosa. «Ma è più probabile che fossero ladri» prosegui Nieda «anche se non ho mai sentito parlare di ladri tanto coraggiosi da entrare in una locanda. Prima d’ora, nel Tasso non era mai morto nessuno. Bili! Falli sparire in un canale e metti per terra segatura pulita. Passa dall’uscita posteriore, capito? Non voglio che la Ronda metta il naso nel Tasso.»