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Bili annuì, ansioso di mostrarsi utile, visto che non aveva fatto in tempo a intervenire prima. Afferrò per la cintura un cadavere per mano e si diresse alla cucina.

«Aes Sedai?» disse la cantante. «Non volevo mancare di rispetto, con la mie canzoni popolari.» Si copriva con le mani le parti esposte del petto, in pratica tutto. «Ne canterò altre, se preferisci.»

«Canta ciò che ti pare, ragazza» rispose Moiraine. «La Torre Bianca non è così isolata dal mondo come ritieni tu. Ho udito canzoni più sboccate di queste.» Però non parve contenta: ora tutti sapevano che era un’Aes Sedai. Diede un’occhiata a Lan, si strinse nel mantello di lino e si diresse alla porta.

Il Custode si mosse rapidamente per intercettarla e parlarono sottovoce, ma Perrin udì tutto, come se avessero mormorato accanto a lui.

«Vuoi andare senza di me?» disse Lan. «Quando ho accettato il legame, Moiraine, ho promesso di badare a te.»

«Sai benissimo, mio Gaidin, di non essere attrezzato per affrontare certi rischi. Devo andare da sola.»

«Moiraine...»

Lei lo bloccò. «Dammi retta, Lan. Se dovessi fallire, lo saprai e sarai obbligato a tornare alla Torre Bianca. Questo non lo cambierei neppure se avessi tempo. Non voglio che tu muoia nel vano tentativo di vendicarmi. Porta Perrin con te. L’Ombra mi ha fatto capire, anche se in maniera poco chiara, quanto lui sia importante per il Disegno. Sono stata stupida. A furia di pensare a Rand, ho trascurato il fatto che intorno a lui ci fossero altri due ta’veren. Con Perrin e Mat, l’Amyrlin può ancora influire sul corso degli eventi. Con Rand libero, dovrà farlo. Riferiscile cos’è accaduto, mio Gaidin.»

«Parli come se fossi già morta» ribatté Lan, aspro.

«La Ruota tesse e ordisce come vuole e l’Ombra oscura il mondo. Dammi retta, Lan; e ubbidisci, come hai giurato.» Senza dire altro, si allontanò.

43

Fratelli dell’Ombra

La ragazza dagli occhi scuri salì di nuovo sul tavolo e riprese a cantare, ma con voce incerta. Perrin conosceva il motivo, col titolo “Il gallo di comare Aynora"; le parole, con sua delusione (e imbarazzo per la delusione) erano diverse, ma parlavano davvero di un gallo. La stessa comare Luhhan non le avrebbe disapprovate.

Gli spettatori non si lamentarono; alcuni parvero un poco scontenti, ma anche ansiosi, come la cantante, di non incorrere nella disapprovazione di Moiraine. Nessuno aveva voglia di offendere un’Aes Sedai, anche se era uscita. Bili tornò a prendere altri due Grigi; alcuni avventori diedero un’occhiata ai cadaveri e scossero la testa. Uno sputò per terra.

Lan si fermò davanti a Perrin. «Come li hai riconosciuti, fabbro?» domandò sottovoce. «Il loro lezzo di male non è forte: né Moiraine né io l’abbiamo percepito. I Grigi hanno oltrepassato centinaia di guardie senza essere scoperti, anche se c’erano Custodi fra di esse.»

Imbarazzato perché si sentiva addosso lo sguardo di Zarine, Perrin cercò di parlare anche più piano di Lan. «Li... li ho fiutati» rispose. «Li avevo già fiutati altre volte, a Jarra e a Remen, ma il puzzo è svanito subito. Tutt’e due le volte se n’erano andati prima del nostro arrivo.» Non sapeva se Zarine avesse udito: la ragazza si sporgeva come per tendere meglio l’orecchio e nello stesso tempo fingeva indifferenza.

«Seguivano Rand, allora. Adesso seguono te, fabbro.» Il Custode non mostrò alcuna sorpresa. Riportò la voce a livello normale. «Vado fuori a dare un’occhiata. I tuoi occhi potrebbero vedere qualcosa che a me sfugge.» Perrin annuì: la richiesta d’aiuto era indice della preoccupazione del Custode. «Ogier» soggiunse Lan «anche la tua razza ha vista più acuta di tante.»

«Oh, ah» disse Loial. «Be’, immagino che potrei dare un’occhiata anch’io.» Ruotò gli occhi verso i due Grigi ancora per terra. «Non penso che ce ne siano altri fuori. E tu?»

«Cosa cerchi, Faccia di Pietra?» domandò Zarine.

Lan la fissò un istante e scosse la testa come se avesse deciso di non dire niente. «Qualsiasi cosa troveremo, ragazza» rispose poi. «Quando la vedrò, la riconoscerò.»

Perrin pensò di salire a prendere l’ascia, ma il Custode si diresse alla porta e non aveva la spada. Non ne aveva gran bisogno, si disse Perrin: anche senza spada, era quasi altrettanto micidiale. Lo seguì, portando con sé la gamba di sedia. Notò con sollievo che Zarine impugnava ancora il coltello.

In alto ribolliva una nuvolaglia nera. La via era buia come a sera inoltrata, e deserta: la gente non voleva farsi sorprendere dalla pioggia. Un tizio correva sul ponte in fondo alla via: era l’unica persona che Perrin vide, in qualsiasi direzione. Il vento aumentava d’intensità e spingeva uno straccio sulle pietre irregolari del lastrico; un altro straccio, impigliato sotto un gradino, sbatacchiava rumorosamente. Il tuono brontolava.

Perrin arricciò il naso. Nel vento c’era puzzo di fuochi d’artificio. No, non proprio. Puzzo come di zolfo bruciato.

Con la lama del coltello Zarine diede qualche colpetto alla gamba della sedia che Perrin stringeva ancora in pugno. «Sei davvero forzuto, bestione» disse. «Hai fatto a pezzi la sedia come se fosse di rametti.»

Perrin rispose con un borbottio. Si rese conto d’avere raddrizzato le spalle, allora di proposito assunse una posizione più rilassata. Sciocca d’una ragazza! Zarine rise piano e all’improvviso Perrin non seppe quale atteggiamento tenere. Si diede dello stupido. In teoria, avrebbe dovuto cercare... che cosa? Vedeva soltanto la via, non sentiva alcun odore se non quello simile a zolfo bruciato. E il profumo di Zarine, ovviamente.

Anche Loial aveva l’aria di domandarsi che cosa bisognasse cercare. Si grattò l’orecchio, scrutò la via da una parte e dall’altra, si grattò l’altro orecchio. Poi fissò il tetto della locanda.

Lan sbucò dal vicolo laterale e avanzò nella via, scrutando le ombre più scure lungo gli edifici.

«Forse non ha visto qualcosa» borbottò Perrin, per quanto gli riuscisse difficile crederlo, e si girò verso il vicolo. Doveva cercare, quindi avrebbe cercato: forse Lan aveva davvero tralasciato qualcosa.

Il Custode si era fermato un po’ più avanti nella via e fissava le pietre del lastrico davanti ai propri piedi. Si mosse di nuovo verso la locanda, a passo svelto, scrutando la via come se seguisse una traccia. Quale che fosse, portava direttamente ai gradini, quasi di fianco alla porta della locanda. Lan si fermò lì e fissò la parte superiore del blocco di pietra grigia.

Perrin decise di non andare fino in fondo al vicolo (tanto per cominciare, puzzava come i canali del quartiere) e raggiunse Lan. Vide chiaramente che cosa fissava il Custode: sul gradino c’erano due impronte, come se un enorme segugio vi avesse posato le zampe anteriori. Il puzzo di zolfo bruciato era più intenso. Ma i cani non lasciano impronte sulla pietra, Luce santa! Distinse anche la traccia seguita da Lan. Il cane aveva risalito la via fino ai gradini, poi si era girato ed era tornato da dove era venuto. Lasciando impronte sulla pietra come su di un campo appena arato.

«Un Segugio Nero» disse Lan. Zarine ansimò. Loial gemette piano... per un Ogier. «Un Segugio Nero non lascia impronte sulla terra battuta e neppure sul fango, fabbro» proseguì il Custode. «Ma la pietra è un’altra faccenda. Non si è più visto un Segugio Nero a meridione delle Montagne di Dhoom dai tempi delle Guerre Trolloc. Questo qui cercava qualcosa, direi. L’ha trovata ed è andato a riferire al padrone.»

"Cercava me?" pensò Perrin. “Grigi e Segugi Neri mi danno la caccia? Che follia!"