«Arriva l’Ultima Caccia.»
Stava per colpire il terreno. Lo sapeva. Vide il terreno corrergli incontro e si tese, aspettando l’urto che...
Si svegliò di colpo e fissò la fiamma tremolante della candela posta sul tavolino accanto al letto. La finestra era illuminata dai lampi e vibrava per il rombo dei tuoni.
«Cosa significa, l’Ultima Caccia?» borbottò Perrin. Ricordava benissimo di non avere acceso la candela.
«Parli da solo. E ti agiti nel sonno.»
Perrin sobbalzò e imprecò contro se stesso per non avere notato nell’aria il profumo di erbe. Zarine sedeva su di uno sgabello, al limitare del cerchio di luce; teneva il gomito sul ginocchio, la mano sul mento e osservava lui.
«Sei ta’veren» disse, come se contasse un punto a suo favore. «Faccia di Pietra pensa che quei tuoi insoliti occhi possano vedere cose che a lui sfuggono. I Grigi vogliono ucciderti. Viaggi in compagnia di un’Aes Sedai, di un Custode e di un Ogier. Liberi Aiel prigionieri e uccidi Manti Bianchi. Chi sei, contadino? Il Drago Rinato?» Il tono diceva che era la spiegazione più assurda che le fosse venuta in mente, ma Perrin cambiò posizione, a disagio. «Chiunque tu sia, bestione» continuò Zarine «avresti bisogno di qualche pelo in più sul petto.»
Perrin si girò, imprecando, e si tirò in fretta la coperta fino al mento. Maledizione, quella ragazza continuava a farlo saltare come una rana sopra una pietra rovente! Il viso di Zarine era nell’ombra. Perrin non lo vedeva chiaramente, se non durante i lampi: la cruda luce metteva in risalto il naso forte e gli zigomi alti. A un tratto ricordò il consiglio di Min: stare alla larga da una donna molto bella. Quando, nel sogno di lupo, aveva riconosciuto Lanfear, aveva pensato che Min si riferisse a lei... non credeva che esistessero donne più belle di Lanfear. Ma quella era in un sogno. Zarine invece sedeva davanti a lui e lo fissava, con quegli occhi scuri a mandorla, lo esaminava, lo soppesava.
«Cosa ci fai nella mia stanza?» domandò. «Cosa vuoi? Chi sei?»
Zarine gettò indietro la testa e rise. «Sono Faile, contadino, un Cercatore del Corno. Chi credi che sia? La donna dei tuoi sogni? Perché sei saltato in aria? Si direbbe che t’ho fatto venire la pelle d’oca.»
Perrin non riuscì a replicare: in quel momento la porta sbatté contro la parete e Moiraine comparve nel vano, pallida e torva come la morte stessa. «I tuoi sogni dicono la verità come quelli d’una Sognatrice, Perrin» annunciò. «I Reietti sono davvero in libertà. Uno di loro governa Illian.»
44
La caccia
Perrin scese dal letto e iniziò a vestirsi, senza curarsi se Zarine guardava. Sapeva che cosa doveva fare, ma chiese ugualmente conferma a Moiraine: «Ce ne andiamo?»
«Se non vuoi conoscere di persona Sammael» rispose lei, ironica. Il tuono parve sottolineare la frase. Balenò il lampo. L’Aes Sedai diede appena un’occhiata a Zarine.
Infilandosi nelle brache i lembi della camicia, Perrin rimpianse all’improvviso di non avere indosso giubba e mantello: nominare un Reietto aveva reso gelida la stanza. Non bastava Ba’alzamon, si disse; bisognava pure che i Reietti fossero liberi. Contava ancora, adesso, trovare Rand? Non era troppo tardi? Ma continuò a vestirsi e s’infilò gli stivali. Trovare Rand o darsi per vinti. Gli abitanti dei Fiumi Gemelli erano noti perché non si davano mai per vinti.
«Sammael?» disse debolmente Zarine. «Un Reietto governa... Luce santa!»
«Hai ancora voglia di seguirci?» domandò piano Moiraine. «Non ti costringerei a restare qui, non ora, ma ti offro un’ultima possibilità: giura che andrai da un’altra parte, senza venirmi dietro.»
Zarine esitò. Perrin si bloccò, con la giacca infilata a metà. Di sicuro nessuno avrebbe scelto di andare con gente incorsa nella collera di un Reietto. Soprattutto sapendo in parte che cosa loro avrebbero dovuto affrontare. A meno d’avere un motivo veramente valido. Se per questo, chi avesse saputo che c’era un Reietto in libertà avrebbe dovuto correre alla prima nave del Popolo del Mare e chiedere un passaggio fino all’altro capo del Deserto Aiel, non stare seduto lì a riflettere.
«No» disse infine Zarine. Perrin cominciò a rilassarsi. «No, non giurerò di andare da un’altra parte» riprese Zarine. «Anche se non mi guiderete al Corno di Valere, neppure chi troverà il Corno vivrà un’avventura come questa. La mia sarà narrata per secoli e secoli, Aes Sedai, e io ne farò parte.»
«No!» sbottò Perrin. «Questa spiegazione non basta! Cosa vuoi realmente?»
«Non ho tempo per i bisticci» intervenne Moiraine. «Da un momento all’altro lord Brend può scoprire che uno dei suoi Segugi Neri è morto. Capirà subito che è stato un Custode e cercherà l’Aes Sedai del Gardin. Volete stare qui finché non avrà scoperto dove siete? Movetevi, stupidi bambocci! Movetevi!» Scomparve nel corridoio, prima che Perrin potesse aprire bocca.
Anche Zarine non perdette tempo e uscì di corsa dalla stanza, senza riprendersi la candela. Perrin raccolse in fretta le sue cose e si lanciò verso la scala posteriore, agganciandosi nel frattempo il cinturone con l’ascia. Raggiunse Loial che scendeva e intanto cercava d’infilare nelle bisacce un libro dalla copertina in legno e di mettersi il mantello. Perrin lo aiutò e Zarine li raggiunse prima che uscissero nella pioggia a dirotto.
Perrin ingobbì le spalle per bagnarsi il meno possibile e corse alla stalla, attraversando il cortile reso buio dall’acquazzone, senza perdere tempo a mettersi il cappuccio. “Ha di sicuro un motivo” pensò. “Diventare il personaggio d’una storia è ragione valida solo per una pazza!" Prima di varcare al volo la porta della stalla, aveva i ricci fradici di pioggia, incollati alla testa.
Moiraine, in un mantello di tela cerata ancora imperlato di pioggia, li aveva preceduti; Nieda reggeva una lanterna, in modo che Lan terminasse di sellare i cavalli. C’era un quinto animale, un castrone baio dal muso più pronunciato del naso di Zarine.
«Manderò piccioni ogni giorno» diceva il quel momento Nieda. «Nessuno sospetterà niente. Porca Fortuna! Perfino i Manti Bianchi parlano bene di me!»
«Stammi bene a sentire, donna!» replicò Moiraine, brusca. «Non si tratta di un Manto Bianco né di un Amico delle Tenebre. Te ne andrai da Illian e porterai con te chiunque ti stia a cuore. Per dodici anni mi hai ubbidito. Ubbidisci anche ora!» Nieda annuì, riluttante. Moiraine brontolò d’esasperazione.
«Il baio è tuo, ragazza» disse Lan a Zarine. «Monta in sella. Se non sai cavalcare, o impari strada facendo, o accetti la mia offerta.»
Zarine posò la mano sul pomo della sella e volteggiò in groppa, con grande facilità. «Ora che ci penso, Faccia di Pietra, una volta sono andata a cavallo» replicò. Si girò a legare dietro la sella il fagotto di bagagli.
«Cosa intendevi, Moiraine?» domandò Perrin, gettando sulla groppa di Stepper le bisacce. «Hai detto che avrebbe scoperto dov’ero. Lo sa già! I Grigi.» Nieda ridacchiò e Perrin si domandò, irritato, quanto la donna sapesse realmente e quanto credesse, delle cose che diceva di non credere.
«Non è stato Sammael a mandare i Grigi» rispose Moiraine, montando in groppa, con fredda precisione di movimenti, come se non avesse alcuna fretta. «Però il Segugio Nero era suo. Credo che abbia seguito la mia pista. Lui non avrebbe mandato gli uni e l’altro. Qualcuno vuole te, ma a mio parere Sammael non sa neppure che esisti. Per il momento.» Perrin si bloccò con un piede sulla staffa e fissò Moiraine, ma l’Aes Sedai pareva più interessata ad accarezzare il collo della giumenta che alla domanda sul viso di Perrin.
«Per fortuna ti ho seguito» disse Lan.
Moiraine sbuffò rumorosamente. «Mi dispiace che tu non sia donna, Gaidin» replicò. «Ti manderei come novizia alla Torre per farti imparare l’ubbidienza!» Lan inarcò il sopracciglio e sfiorò l’elsa; poi montò in sella. Moiraine sospirò. «Forse è una fortuna che tu sia disubbidiente. A volte. E poi, neppure Sheriam e Siuan Sanche insieme t’insegnerebbero a ubbidire, penso.»