Mat non ebbe bisogno di fingere una ruga di preoccupazione. «Milord, ho visto solo quella volta l’Erede. Mi ha dato la lettera... e un marco d’oro!... e mi ha detto di consegnarla alla regina. Del contenuto so solo ciò che ho udito qui.»
Gaebril parve riflettere, ma senza lasciar capire se credeva alle parole di Mat.
«No, Gaebril» disse all’improvviso Morgase. «Già troppi sono stati sottoposti a interrogatorio. Ne capisco la necessità, come mi hai spiegato, ma non in questo caso. Si tratta solo di un ragazzo che ha portato una lettera di cui ignora il contenuto.»
«Come ordina la mia regina, così sarà» disse Gaebril. Usò un tono pieno di rispetto, ma le accarezzò la guancia in un modo che le diede colore al viso e la indusse a dischiudere le labbra come se aspettasse un bacio Morgase trasse un respiro incerto «Dimmi, Thom Grinwell, mia figlia stava bene, quando l’hai vista?»
«Sì, mia regina. Sorrideva, rideva, parlava con lingua pepata... voglio due..»
Al suo imbarazzo, Morgase ridacchiò. «Non avere paura, giovanotto. Elayne ha davvero una lingua pepata, fin troppo spesso. Sono lieta che stia bene.» Lo scrutò a fondo. «Un giovanotto che ha lasciato il suo piccolo villaggio spesso trova difficile tornarvi. Penso che viaggerai molto, prima di rivedere Comfrey. Forse tornerai persino a Tar Valon Se per caso vai laggiù e rivedi mia figlia, dille che spesso ci si pente di ciò che si dice in un momento di collera. Non la toglierò dalla Torre Bianca prima del tempo. Dille che ricordo spesso quando anch’io ero nella Torre e sento la mancanza delle tranquille conversazioni nello studio di Sheriam. Riferiscile che l’ho detto io, Thom Grinwell.»
Mat scrollò le spalle, a disagio. «Sì, mia regina. Ma... ah... non ho intenzione di tornare a Tar Valon. Una volta nella vita basta e avanza. Mio padre ha bisogno che l’aiuti a mandare avanti la fattoria. Senza di me, le mie sorelle saranno incollate alla mungitura.»
Gaebril rise, divertito. «Allora sei ansioso di mungere vacche, ragazzo? Forse dovresti vedere un poco il mondo, prima che cambi. Prendi!» Tolse di tasca un sacchetto e lo tirò a Mat; questi lo prese al volo e sentì, sotto la pelle di daino, delle monete. «Se Elayne ti ha dato un marco d’oro per consegnare la lettera, te ne darò dieci per compensarti d’averla consegnata. Gira un poco il mondo, prima di tornare alle tue vacche.»
«Sì, milord» disse Mat. Soppesò la borsa e riuscì a sorridere. «Grazie, milord.»
Ma Gaebril, pugni sui fianchi, si era già girato verso Morgase. «Credo che sia tempo, Morgase, d’incidere quella piaga purulenta sulla frontiera dell’Andor. Per il tuo matrimonio con Taringail Damodred, puoi rivendicare il Trono del Sole. Le Guardie della Regina possono sostenere le tue pretese. Forse le aiuterò perfino, in qualche modo. Dammi retta.»
Tallanvor toccò il braccio di Mat e tutt’e due s’inchinarono e si ritirarono. Secondo Mat, nessuno lo notò. Gaebril parlava ancora; ogni lord e ogni dama parevano pendere dalle sue labbra. Morgase ascoltava, perplessa, ma annuiva come tutti gli altri.
47
Precedere l’Ombra
Dalla piccola corte con il laghetto, Tallanvor guidò rapidamente Mat nella grande corte di fronte al Palazzo, dietro le alte porte dorate che scintillavano al sole. Mancava poco a mezzodì. Mat sentiva un impulso ad andare via, un bisogno d’affrettarsi. Trovava difficile mantenere il passo del giovane ufficiale. Qualcuno si sarebbe meravigliato, se l’avesse visto correre... ma forse Gaebril in realtà non sospettava che lui sapesse tutto. Ricordò quegli occhi quasi neri afferrarlo e trattenerlo come un paio di rebbi conficcati nella testa. Si costrinse a camminare come se avesse a disposizione tutto il tempo del mondo (un semplice buzzurro di campagna che guardava a bocca aperta i tappeti e gli ori, uno zoticone che mai avrebbe immaginato di potersi beccare un coltello nella schiena) finché Tallanvor non gli fece varcare una porticina e non lo seguì all’esterno delle grandi porte.
Il grasso ufficiale dagli occhi da topo era ancora al comando delle Guardie alla porta; nel vedere Mat, ridivenne paonazzo di rabbia. Ma Tallanvor non gli diede tempo d’aprire bocca. «Ha consegnato alla Regina una lettera dell’Erede» gli disse. «T’è andata bene, Elber: Morgase e Gaebril non sanno che non l’avevi fatto entrare. Lord Gaebril era molto interessato alla lettera di lady Elayne.»
Da rosso, Elber diventò bianco come il proprio colletto. Lanciò un’occhiata di fuoco a Mat e tornò subito fra le guardie, scrutando fra le barre degli elmi come per stabilire se qualche soldato avesse notato la sua paura.
«Grazie» disse Mat a Tallanvor. Era sincero. Si era dimenticato del grassone, finché non se l’era ritrovato sotto gli occhi. «Addio, Tallanvor.»
Iniziò ad attraversare la piazza ovale, cercando di non camminare troppo velocemente, e si accorse con stupore che Tallanvor gli si era messo al fianco: Luce santa, era uomo di Gaebril o di Morgase? Già sentiva un prurito fra le scapole, come per la minaccia d’un coltello ("Maledizione, lui non lo sa” si disse. “Gaebril non sospetta che so tutto.") quando il giovane tenente si decise a parlare.
«Sei stato a lungo a Tar Valon? Nella Torre Bianca? Quanto bastava per apprendere qualcosa?»
«Solo tre giorni» rispose Mat, prudente. Avrebbe voluto dire d’essersi fermato solo un giorno (se avesse potuto consegnare la lettera senza ammettere d’essere stato a Tar Valon, l’avrebbe fatto) ma non pensava che il tenente gli avrebbe creduto: fare tutta quella strada per trovare la sorella e andarsene il giorno stesso! Comunque, cosa cercava, il tenente? «Ho appreso ciò che ho visto in tre giorni. Roba senza importanza. Non mi hanno portato a visitare la Torre e non mi hanno detto niente. Ero lì solo per vedere Else.»
«Qualcosa avrai pure udito, amico. Chi è Sheriam? Ha un significato particolare, parlarle nel suo studio?»
Mat scosse vigorosamente la testa per non mostrare il sollievo che provava. «Non so chi sia» rispose, sincero. Gli pareva d’avere udito il nome, forse da Nynaeve o da Egwene. Un’Aes Sedai, probabilmente. «Perché dovrebbe avere un significato?»
«Non lo so» disse piano Tallanvor. «Ci sono molte cose che non so. A volte penso che lei cerchi di dire qualcosa...» Scoccò a Mat un’occhiata penetrante. «Sei davvero un leale andorano, Thom Grinwell?»
«Ma certo!» Luce santa, se continuava a ripeterlo, avrebbe finito per convincersi! «E tu? Servi lealmente Morgase e Gaebril?»
Tallanvor gli scoccò un’occhiata dura come la pietà dei dadi. «Servo Morgase, Thom Grinwell. Lei, fino alla morte. Addio!» Si girò e tornò al palazzo, serrando le dita sull’elsa.
Guardandolo, Mat borbottò tra sé: «Scommetto tutte queste» e scosse il sacchetto avuto da Gaebril «che Gaebril dice la stessa cosa.» Qualsiasi gioco giocassero nel Palazzo Reale, non voleva prendervi parte. E voleva garantirsi che pure Egwene e le altre ne stessero fuori. Stupide donne! Adesso toccava a lui badare che non bruciassero la loro frittata, invece di pensare alla propria! Si mise a correre solo quando le vie lo nascosero alla vista del palazzo.
Entrò di corsa nella Benedizione della Regina e scoprì che in biblioteca ben poco era cambiato. Thom e il locandiere sedevano ancora al tavolo da gioco (un’altra partita, si accorse dalla posizione dei sassolini, altrettanto sfavorevole a Gill) e il gatto, tornato sul tavolo, faceva toeletta. Sul tavolo c’era anche un vassoio con le pipe spente e gli avanzi d’un pranzo per due; il fagotto di bagagli era scomparso dal bracciolo della poltrona. Thom e Gill avevano davanti una coppa di vino.
«Parto tra poco, mastro Gill» disse Mat. «Puoi tenere la moneta, se basta anche per un pranzo. Mi fermo il tempo necessario a pranzare e parto subito per Tear.»
«Come mai tanta fretta, ragazzo?» domandò Thom. Pareva guardare più il gatto che il tavoliere. «Siamo appena arrivati.»