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A Mat non interessava che cosa avrebbero concluso, mettendo in giro voci (non bastavano le voci, ad aiutare Egwene e le altre) ma rimase perplesso per una considerazione. «Thom» disse «mi pare che la prendi con troppa calma. Morgase non era il grande amore della tua vita?»

Thom riprese a fissare il fornello della pipa. «Mat, una volta una donna molto saggia mi disse che il tempo avrebbe guarito le mie ferite, che il tempo appiana tutto. Non le credetti. Però aveva ragione.»

«Allora non ami più Morgase.»

«Ragazzo, sono trascorsi quindici anni da quando lasciai Caemlyn con mezzo passo di vantaggio sulle Guardie e l’inchiostro di Morgase ancora fresco sul mandato di cattura. Seduto qui ad ascoltare le chiacchiere di Basel...» Gill protestò e Thom alzò la voce «...le chiacchiere, ripeto, su Morgase e Gaebril e sul loro possibile matrimonio, ho capito che la passione è svanita da molto tempo. Oh, immagino che mi sia ancora simpatica... forse l’amo ancora un poco, ma non si tratta più d’una grande passione.»

«Pensavo che saresti corso al Palazzo Reale per avvertirla» rise Mat. Vide con sorpresa che pure Thom rideva.

«Non sono così scemo, ragazzo. Anche gli sciocchi sanno che uomini e donne a volte la pensano diversamente, ma c’è una sostanziale differenza: gli uomini dimenticano, ma non perdonano mai; le donne perdonano, ma non dimenticano mai. Morgase potrebbe baciarmi sulla guancia, offrirmi una coppa di vino, dirmi quanto le sono mancato. E poi lasciare che le guardie mi portino in prigione e mi affidino al boia. No. Morgase è una delle donne più in gamba che abbia mai conosciuto: e questo è significativo. Gaebril mi fa quasi pena, al pensiero di quando Morgase scoprirà cosa trama. Tear, hai detto? Per caso non aspetteresti domattina, per partire? Mi andrebbe proprio, una notte di sonno.»

«Prima di notte voglio essere il più lontano possibile in direzione di Tear» disse Mat. Batté le palpebre. «Vuoi venire con me? Credevo che volessi restare qui.»

«Ho appena detto che voglio tenermi la testa ben attaccata al collo! Tear mi pare un posto più sicuro di Caemlyn e la sicurezza all’improvviso non mi dispiace. Inoltre, quelle tre ragazze mi sono simpatiche.» Fece comparire di colpo un coltello e tornò a farlo sparire. «Non voglio che accada loro niente di male. Ma se vuoi arrivare rapidamente a Tear, ti conviene puntare su Aringill. Con una nave veloce arriveremo molto prima che a cavallo, anche facendo scoppiare gli animali. Non lo dico soltanto perché il mio posteriore ha già preso la forma di una sella.»

«Aringill, allora. Purché facciamo in fretta.»

«Be’, ragazzo, se te ne vai, sarà meglio che ti faccia preparare quel pranzo» disse Gill. Spinse indietro la sedia e si diresse alla porta.

«Tienimi questo da parte, mastro Gill» disse Mat; gli lanciò il sacchetto di pelle.

«Cosa sono, ragazzo? Monete?»

«La puntata. Gaebril ancora non lo sa, ma io e lui abbiamo una scommessa.» Prese dal tavolo il bicchiere e lanciò i dadi, facendo scappare il gatto. Cinque “sei". «E io vinco sempre!»

48

Seguire l’arte

Mentre la Perca procedeva dondolando verso i moli di Tear, sulla riva occidentale dell’Erinin, Egwene non vide niente della città. Con la testa contro il bordo della murata, guardava l’acqua scorrere? lungo il tozzo scafo e il primo remo dalla sua parte comparire e scomparii re, tagliando solchi di spuma. Aveva la nausea, ma sapeva che, se avesse alzato la testa, si sarebbe sentita peggio. Guardare la riva avrebbe soltanto reso più evidente il lento dondolio della Perca.

Fin da Jurene la nave si era mossa con quel dondolio. Egwene se ne fregava di come avesse proceduto in precedenza: si ritrovò a desiderare che la Perca fosse affondata prima d’arrivare a Jurene. Avrebbe voluto che il capitano avesse fatto scalo ad Aringill, in modo che loro potessero trovare un’altra nave. Avrebbe voluto non essersi mai nemmeno avvicinata a una nave. Avrebbe voluto un mucchio di cose, la maggior parte solo per non pensare a dove si trovava.

Ora, sotto la spinta dei remi, il dondolio era minore di quando la nave procedeva a vela; ma ormai durava da troppi giorni perché Egwene si accorgesse della differenza Aveva l’impressione che lo stomaco le sguazzasse! dentro il corpo come latte in una zangola di pietra. Deglutì e cercò di pensare ad altro.

Sulla Perca non avevano fatto molti piani. Nynaeve non arrivava a trascorrere dieci minuti senza dare di stomaco e lo spettacolo spingeva Egwene a rimettere tutto il cibo che era riuscita a ingurgitare. Il caldo crescente non era d’aiuto. Al momento Nynaeve era sottocoperta e senza dubbio Elayne era lì a reggerle una catinella.

Oh, Luce santa, doveva smettere di pensarci! Campi verdeggianti Prati. I prati non si sollevavano a quel modo Colibrì No, niente colibrì allodole. Allodole cinguettanti.

«Lady Joslyn? Lady Joslyn?»

Egwene impiegò un momento a riconoscere il nome che aveva dato al capitano Canin e la voce del capitano stesso. Alzò lentamente la testa e guardò la faccia allungata del capitano.

«Attracchiamo, lady Joslyn. Hai continuato a dire che non vedevi l’ora di scendere a terra. Bene, ci siamo.» Il tono non nascose l’ansia di liberarsi delle tre passeggere, due delle quali non facevano altro che rimettere e gemere tutta la notte.

Marinai scalzi e con camicia senza maniche lanciavano gomene agli uomini sul molo di pietra sporgente nel fiume; i portuali parevano indossare lunghe vesti di cuoio al posto di camicie. I remi erano già stati ritirati, tranne un paio per impedire che lo scafo urtasse troppo rudemente contro il molo. Le pietre del molo erano bagnate; l’aria dava l’impressione di pioggia recente e questa era una piccola consolazione. Il movimento ondulatorio era cessato da qualche tempo, si rese conto Egwene, ma il suo stomaco lo ricordava ancora. Il sole calava. Lei cercò di non pensare alla cena.

«Molto bene, capitano Canin» rispose, con tutta la dignità che riuscì a mostrare. Il capitano non avrebbe usato quel tono, se lei avesse portato l’anello, neppure se gli avesse vomitato sugli stivali. Rabbrividì al pensiero. Ora l’anello col Gran Serpente, e l’altro, il ter’angreal di pietra ritorta, pendevano da una correggia intorno al collo. L’anello di pietra dava una sensazione di freddo contro la pelle, quasi sufficiente a contrastare il caldo umido dell’aria; ma, frescura a parte, Egwene aveva scoperto che, più usava il ter’angreal, più voleva toccarlo senza che si frapponessero sacchetto di pelle o stoffa.

Il Tel’aran’rhiod si era rivelato tuttora di scarsa utilità. A volte in quel, mondo Egwene aveva avuto fuggevoli visioni di Rand, o di Mat, o di Perrin, e visioni più numerose nei propri sogni normali, ma niente da cui trarre un senso. I Seanchan, ai quali si rifiutava di pensare. Incubi di un Manto Bianco che metteva mastro Luhhan come esca al centro d’una enorme trappola dai denti acuminati. Perché Perrin aveva un falco sulla spalla? E perché era importante che scegliesse fra l’ascia che ora portava alla cintola e un maglio da fabbro? Cosa significava il fatto che Mat giocasse a dadi col Tenebroso? E perché continuava a gridare “Sto arrivando!"? E perché nel sogno pensava che Mat gridasse a lei? E Rand. Si muoveva di soppiatto nell’oscurità completa verso Callandor, mentre intorno a lui camminavano sei uomini e cinque donne: alcuni gli davano la caccia e altri lo ignoravano, alcuni cercavano di guidarlo alla scintillante spada di cristallo e altri cercavano di tenerlo lontano da essa, ma tutti parevano non sapere dove lui si trovava o soltanto scorgerlo di sfuggita. Uno degli uomini aveva occhi di fuoco e voleva la morte di Rand, con una disperazione che lei quasi percepiva. Credeva di conoscerlo. Ba’alzamon. Ma chi erano gli altri? Rand di nuovo in quella stanza asciutta e polverosa, con quelle piccole creature che gli si annidavano nella pelle. Rand che affrontava un’orda di Seanchan. Rand che affrontava lei e le donne con lei, e una di loro era una Seanchan. Quei sogni la rendevano troppo confusa. Doveva smetterla di pensare a Rand e agli altri, doveva pensare a ciò che l’aspettava. Cosa combinava l’Ajah Nera? Perché lei non faceva sogni che la riguardassero? Luce santa, perché non imparava a fare in modo che il ter’angreal funzionasse come voleva lei?