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«E Be’lal?» domandò Perrin.

«A lui» rispose Moiraine, con voce gelida come acciaio «penserò stanotte.» Non emanò odore di paura.

«Penseremo, stanotte» la corresse Lan.

«Sì, mio Gaidin. A lui penseremo noi.»

«E noi cosa faremo? Resteremo qui ad aspettare? Fra le montagne ho aspettato a sufficienza per una vita intera, Moiraine.»

«Tu e Loial... e Zarine... andrete a Tar Valon» rispose Moiraine. «Finché non sarà finita. Per voi sarà il luogo più sicuro.»

«Dov’è l’Ogier?» disse Lan. «Voglio che voi tre partiate per il settentrione al più presto possibile.»

«Di sopra, credo» disse Perrin. «In camera sua. O forse in stanza da pranzo. Dalle finestre proviene luce. Lavora sempre a quei suoi appunti. Immagino che avrà tanto da raccontare, nel suo libro, della nostra fuga.» Si sorprese per l’amarezza del tono. “Stupido” si disse “vuoi affrontare un Reietto? No, no. Ma sono stufo di scappare. Una volta non scappavo. Combattevo e mi sentivo meglio. Anche se pensavo che sarei morto, mi sentivo meglio."

«Vado a cercarlo» disse Zarine. «Non mi vergogno di dire che sono ben felice di scappare da questo scontro. Gli uomini combattono quando dovrebbero fuggire e gli stupidi combattono quando dovrebbero fuggire. Ma non ho bisogno di dirlo due volte.» Li precedette con un fruscio di sottane ed entrarono nella locanda.

Mentre seguivano Zarine verso la scala in fondo, Perrin diede un’occhiata nella sala comune. Ai tavoli c’erano meno avventori del solito. Alcuni sedevano da soli, con sguardo spento; quelli in compagnia bisbigliavano, spaventati. Perrin, malgrado il suo udito superiore, coglieva a malapena i discorsi. Tuttavia udì tre volte la parola “Drago".

Quando arrivò in cima alle scale, udì un altro rumore soffocato, un tonfo, come di corpo che cada per terra: proveniva dalla stanza da pranzo privata. Scrutò il corridoio. «Zarine?» chiamò. Non ebbe risposta. Si sentì rizzare i capelli e si diresse alla sala da pranzo. «Zarine?» chiamò ancora. Spinse la porta. «Faile!»

Zarine giaceva per terra accanto al tavolo. Perrin si mosse per precipitarsi nella stanza, ma fu bloccato dal grido di Moiraine.

«Fermo, idiota! Fermo, se ci tieni alla vita!»

L’Aes Sedai avanzò lentamente nel corridoio, girando la testa come se tendesse l’orecchio a qualche rumore o se cercasse qualcosa. Lan la seguiva, mano sulla spada e negli occhi l’espressione di chi sa già che una spada sarebbe stata inutile. Davanti alla porta, Moiraine si fermò. «Indietro, Perrin. Indietro!»

Con la morte nel cuore, Perrin fissò Zarine. Faile. La ragazza giaceva come priva di vita. Alla fine Perrin si costrinse ad arretrare dalla porta, lasciandola aperta, e si fermò in un punto da dove poteva vedere Zarine: pareva morta. Non vide movimenti del petto. Voleva ululare. Con la fronte corrugata, mosse la mano, la stessa usata per spingere la porta; aprì e chiuse le dita. Sentiva un formicolio doloroso, come se avesse battuto il gomito. «Non fai niente, Moiraine?» sbottò. «Se non ti muovi, vado io a soccorrerla.»

«Stai fermo o non andrai da nessuna parte» replicò lei, calma. «Cos’è quell’oggetto accanto alla sua destra? Si direbbe che le sia sfuggito di mano, quando è caduta. Non lo distinguo bene.»

Perrin le diede un’occhiata torva e scrutò nella stanza. «Un istrice» disse. «Sembra un istrice intagliato nel legno. Moiraine, di cosa si tratta? Cos’è avvenuto? Parla!»

«Un istrice» mormorò Moiraine. «Un istrice. Fai silenzio, Perrin. Devo riflettere. L’ho sentita scattare. Percepisco i residui dei flussi intessuti per tenderla. Spirito. Spirito e nient’altro. Quasi nessuna usa flussi di Spirito! Perché quell’istrice mi fa pensare a Spirito

«Cos’hai sentito scattare, Moiraine? Cos’hanno teso? Una trappola?»

«Sì, una trappola» replicò lei, con una certa irritazione che incrinava un poco la sua gelida serenità. «Una trappola destinata a me. Sarei entrata per prima nella stanza, se Zarine non m’avesse preceduta. Lan e io saremmo certo entrati per fare piani e attendere la cena. Adesso non aspetterò la cena. Stai zitto, se vuoi che aiuti la ragazza, per quanto possibile. Lan! Porta qui il locandiere!» Lan si allontanò senza rumore verso la scala.

Moiraine andò avanti e indietro per il corridoio, a volte fermandosi a scrutare dentro la stanza. Perrin non vide segno che Zarine fosse viva. Il suo petto era immobile. Perrin tese l’orecchio, nel tentativo di udire il battito del cuore, ma inutilmente.

Lan tornò, spingendo davanti a sé uno spaventato Jurah Haret tenuto per la collottola; Moiraine si girò verso il grassone. «Hai promesso di tenere per me questa stanza, mastro Haret» disse, con voce dura e affilata come coltello da scorticare. «Hai promesso di non far entrare nessuno, nemmeno una cameriera per le pulizie, se non ero presente. Chi hai fatto entrare, mastro Haret? Dimmelo!»

Haret tremava come una ciotola di budino. «S-solo le due d-dame, signora. V-volevano l-lasciare una sorpresa per te. Lo giuro, signora. M-me l’hanno m-mostrata. Un piccolo i-istrice. Hanno d-detto che s-saresti stata s-sorpresa.»

«E la sorpresa l’ho avuta, locandiere» replicò Moiraine, piano. «Vattene! Se fai parola di questa storia, anche nel sonno, farò crollare la locanda e lascerò solo un buco per terra.»

«S-sì, signora» mormorò Haret. «Lo giuro! Lo giuro!»

«Vattene!»

Nella fretta d’arrivare alla scala, il locandiere cadde sulle ginocchia e scese con tonfi sordi, come se, nel correre via, cadesse più d’una volta.

«Sa che sono qui» disse Moiraine a Lan. «E ha trovato qualcuna dell’Ajah Nera per tendere la trappola; tuttavia forse crede che ci sia caduta. Era un minuscolo lampo del Potere, ma forse abbastanza forte perché l’abbia percepito.»

«Allora non sospetterà che arriviamo» disse sottovoce Lan. Quasi sorrise.

Perrin li fissò, a denti snudati. «E lei? Cosa le hanno fatto, Moiraine? È viva? Non la vedo respirare!»

«È viva» disse lentamente Moiraine. «Non posso... non oso... avvicinarmi tanto da poter dire altro, ma è viva. Dorme... in un certo senso. Come un orso d’inverno. Il cuore batte cosi lentamente che tra un battito e l’altro passano minuti. La stessa cosa vale per il respiro. Dorme.» Anche dalla profondità del cappuccio Perrin sentì su di sé i suoi occhi. «Ho paura che non sia qui, Perrin» disse ancora Moiraine. «Non è più nel suo corpo.»

«Cosa significa? Luce santa! Non vorrai dire che... che le hanno preso l’anima? Come ai Grigi?» Moiraine scosse la testa e Perrin sospirò di sollievo. Sentiva male al petto, come se avesse trattenuto il fiato, dopo le sue parole. «Allora dove si trova?»

«Non lo so» rispose Moiraine. «Ho un sospetto, ma non lo so con certezza.»

«Un sospetto, un indizio, qualsiasi cosa! Maledizione, dove?» Lan si agitò alla rudezza del tono; ma Perrin sapeva che avrebbe cercato di spezzarlo come ferro sopra il tagliolo, se il Custode avesse cercato di fermarlo. «Dove?»

«So molto poco, Perrin» disse Moiraine, con voce gelida come musica insensibile. «Ho ricordato il poco che so di ciò che collega a Spirito un istrice intagliato. L’intaglio è un ter’angreal: l’ultima a studiarlo è stata Corianin Nedeal, l’ultima Sognatrice avuta dalla Torre. Il Talento di Sognatrice riguarda lo Spirito, Perrin. Non è una cosa che abbia studiato: i miei Talenti sono in altri campi. Credo che Zarine sia stata intrappolata dentro un sogno, forse persino nel Mondo dei Sogni, nel Tel’aran’rhiod. Tutto il suo essere è in quel sogno. Una Sognatrice vi invia soltanto una parte di sé. Se Zarine non torna presto, il suo corpo morirà. Forse lei continuerà a vivere nel sogno. Non lo so.»

«Sono troppe, le cose che non sai» brontolò Perrin. Scrutò nella stanza ed ebbe voglia di piangere. Distesa lì per terra, Zarine pareva così piccola, così inerme. Faile. L’avrebbe chiamata soltanto Faile, d’ora in poi. «Perché non fai qualcosa?»