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Perrin sentì brontolare lo stomaco e fiutò l’aria, con la speranza che qualcuno avesse già iniziato a cucinare. Era pronto a mangiare anche quella sorta di rape, persino crude. La brezza gli portò solo gli odori di Myrddraal uccisi, di Trolloc morti, di uomini morti e vivi, di cavalli, d’alberi. E di lupi morti.

La baracca di Moiraine, a metà pendio sull’altro lato della conca, pareva centro di grande attività. Min vi entrò in fretta; l’attimo dopo uscì Masema; poi Huno. Quest’ultimo sparì di corsa fra gli alberi, diretto alla parete di nuda roccia dietro la baracca, mentre l’altro shienarese scendeva zoppicando il pendio.

Perrin si diresse alla baracca. Mentre guadava il basso ruscello, incrociò Masema. Lo shienarese aveva l’aria stanca e occhi più infossati del solito; alzò di scatto la testa e afferrò per la manica Perrin.

«Sei del suo villaggio» disse, con voce rauca. «Lo conosci bene. Perché il Drago ci ha abbandonati? Quale peccato abbiamo commesso?»

«Peccato? Che storie sono? Non so per quale motivo Rand se ne sia andato, ma non riguarda certo ciò che avete o non avete fatto.»

Masema non parve convinto; non lasciò la manica di Perrin e lo scrutò in viso, come se lì ci fossero delle risposte.

Perrin sentì che l’acqua gelida cominciava a filtrargli negli stivali. «Masema» disse con calma «qualsiasi cosa abbia fatto il Drago, si accorda con il suo piano. Il Drago non ci abbandonerebbe.» Ma si domandò che cosa avrebbe fatto lui, al posto di Rand.

Masema annuì lentamente. «Sì. Sì, ora capisco. È andato via da solo per spargere la notizia del suo avvento. Anche noi dobbiamo diffonderla. Sì.» Zoppicando, attraversò il ruscello, senza smettere di borbottare.

Sciaguattando a ogni passo, Perrin salì alla baracca di Moiraine e bussò alla porta. Non ebbe risposta. Esitò un istante, poi entrò.

La stanza d’ingresso, dove dormiva Lan, era spoglia e semplice come la baracca dello stesso Perrin, con un letto approntato alla buona, posto contro la parete, qualche piolo per appendere abiti e un solo scaffale. Dalla porta entrava poca luce e l’unica altra fonte d’illuminazione era costituita da rozzi lumi di grasso vegetale, i cui sottili pennacchi di fumo formavano uno strato nebbioso sotto il soffitto. Perrin arricciò il naso all’odore.

Il soffitto era assai basso: Loial addirittura lo sfiorava, anche seduto a un capo del letto di Lan, con le ginocchia contro il petto per occupare meno spazio. L’Ogier, inquieto, muoveva a scatti le orecchie irsute. Min sedeva a gambe incrociate per terra, accanto alla porta che dava nella stanza di Moiraine; l’Aes Sedai andava avanti e indietro, immersa nei pensieri. Pensieri cupi, di sicuro. Poteva percorrere solo tre passi in ogni direzione, ma si muoveva con tale vigore che pareva voler consumare il pavimento; l’andirivieni smentiva l’espressione calma del viso.

«Credo che Masema non sia più a posto» disse Perrin.

Min sbuffò. «Conoscendolo, come fai a dirlo?»

Moiraine si girò verso Perrin, a labbra serrate. Parlò con voce calma, troppo calma. «Masema è la cosa più importante che hai in mente stamattina, Perrin Aybara?»

«No. Vorrei sapere quando e perché Rand se n’è andato. Qualcuno l’ha visto andar via? Qualcuno sa dove si è diretto?» Le restituì con fermezza lo sguardo, anche se non era facile. «Sei stata tu a mandarlo via? Hai tirato le redini fino a renderlo impaziente di andare da una parte qualsiasi, di fare una cosa qualsiasi, solo per non stare più con le mani in mano?»

Loial irrigidì le orecchie e di nascosto mosse il dito in un gesto d’ammonimento.

Moiraine inclinò di lato la testa e scrutò Perrin, che riuscì soltanto a non abbassare gli occhi. «Non è opera mia» rispose l’Aes Sedai. «Se n’è andato durante la notte. Quando, come e perché... non l’ho ancora scoperto.»

Loial sollevò le spalle in un silenzioso sospiro di sollievo. Silenzioso per un Ogier, cioè, poiché parve il sibilo di ferro rovente immerso nell’acqua. «Mai far arrabbiare un’Aes Sedai» disse, in un bisbiglio ovviamente destinato a se stesso, che però tutti udirono. E citò: «"Meglio abbracciare il sole che far arrabbiare un’Aes Sedai".»

Min alzò la mano quanto bastava a porgere a Perrin un foglio piegato in quattro. «Ieri sera, dopo che l’abbiamo messo a letto, Loial è andato a trovarlo. Rand si è fatto prestare penna, inchiostro e un foglio di carta.»

L’Ogier mosse di scatto le orecchie e assunse un’aria preoccupata, tanto che le sopracciglia gli arrivarono alle guance. «Non sapevo quali intenzioni avesse» protestò. «Davvero.»

«Lo sappiamo» replicò Min. «Nessuno ti accusa di niente, Loial. Moiraine fissò corrucciata il foglio ma non impedì a Perrin di leggerlo.»

Era scritto di pugno di Rand.

Faccio quel che faccio perché non esiste altra via. Lui mi dà di nuovo la caccia e stavolta uno di noi due deve morire, penso. Non occorre che muoiano anche coloro che mi stanno intorno. Già troppi sono morti per me. Neanch’io voglio morire, e non morirò, se riesco. Ci sono menzogne, nei sogni, e morte; ma i sogni contengono anche delle verità.

Era tutto, senza firma. Perrin non ebbe bisogno di domandarsi chi volesse indicare Rand, con quel “lui". Per Rand, per tutti loro, “lui” era uno solo: Ba’alzamon.

«L’ha infilato sotto la porta» disse Min, con voce tesa. «Ha preso delle vecchie vesti stese ad asciugare dagli shienaresi, il flauto e un cavallo. Nient’altro, a parte un po’ di provviste, per quanto ne sappiamo. Nessuna sentinella l’ha visto andare via: e stanotte le sentinelle avrebbero notato anche i movimenti d’un topo.»

«Sarebbe cambiato qualcosa, se l’avessero visto?» replicò, calma, Moiraine. «Avrebbero fermato il Drago? Gli avrebbero intimato l’altolà? Alcuni di loro, Masema per primo, si taglierebbero la gola da soli, se il Drago lo chiedesse.»

Ora fu Perrin a scrutare lei. «Cosa t’aspettavi? Hanno giurato di seguirlo. Luce santa, Moiraine, non si sarebbe mai proclamato il Drago, se non fosse stato per te. Cosa t’aspettavi, da loro?» Lei rimase in silenzio e Perrin proseguì, con più calma. «Sei convinta, Moiraine? Che sia davvero il Drago Rinato? Oppure ritieni Rand un semplice strumento che puoi usare finché l’Unico Potere non lo ucciderà o non lo farà impazzire?»

«Calma, Perrin» intervenne Loial. «Non arrabbiarti tanto.»

«Mi calmerò quando avrà risposto. Allora, Moiraine?»

«Lui è quel che è» rispose lei, brusca.

«Hai detto che a un certo punto il Disegno l’avrebbe costretto a imboccare il sentiero giusto. È ciò che Rand ha fatto, oppure cerca solo di allontanarsi da te?» Per un attimo pensò d’essersi spinto troppo oltre... gli occhi di Moiraine mandarono lampi d’ira... ma si rifiutò di fare marcia indietro. «Ebbene?»

Moiraine inspirò a fondo. «Può anche darsi che questa sia la scelta del Disegno, tuttavia non volevo che se ne andasse da solo. Malgrado l’enorme potere di cui dispone, per molti versi è inerme come un neonato e altrettanto ignorante del mondo. Può incanalare il Potere, ma non ha alcun controllo su di esso; non sa se il Potere verrà, quando si protende a toccarlo, né sa cosa combina con esso, se gli arriva. Il Potere lo ucciderà, prima che lui abbia l’opportunità d’impazzire, se non impara a controllarlo. Deve ancora imparare tante di quelle cose! Vuole correre, prima d’avere imparato a camminare.»

«Spacchi il capello in quattro e semini false piste, Moiraine» sbuffò Perrin. «Se Rand è il Drago, non hai mai pensato che forse sa meglio di te ciò che deve fare?»

«Lui è quel che è» ripeté Moiraine, con fermezza. «Ma devo mantenerlo in vita, se è destinato a fare qualcosa. Da morto non farà avverare nessuna profezia; anche se riesce a sfuggire agli Amici delle Tenebre e alla Progenie dell’Ombra, migliaia di mani sono già pronte per ucciderlo. Basterà un indizio della centesima parte di ciò che è. Eppure, se dovesse affrontare solo questi rischi, non mi preoccuperei la metà di quanto mi preoccupo. Bisogna fare i conti anche con i Reietti.»