Выбрать главу

«Ospiti, mastro Harod» annunciò Simion. «Vogliono delle stanze. Mastro Harod? Lui è un Ogier, mastro Harod.» La cameriera si girò, vide Loial e lasciò cadere il boccale. Degli stanchi avventori seduti ai tavoli, non uno alzò gli occhi.

Loial agitò con forza le orecchie.

Mastro Harod si alzò lentamente, senza staccare gli occhi da Loial, e si lisciò il grembiule. «Almeno non è un Manto Bianco» disse infine; trasalì, sorpreso d’avere pensato a voce alta. «Voglio dire, benvenuti, padrona, padroni. Scusate i miei modi. Posso solo appellarmi alla stanchezza, padrona.» Scoccò a Loial un’altra occhiata e mosse le labbra a formare la parola “Ogier", con aria d’incredulità.

Loial aprì bocca per replicare, ma Moiraine lo anticipò. «Come ha detto il tuo servitore, vorrei stanze per me e per i miei compagni, per stanotte, e un pasto.»

«Oh, certo, padrona. Certo. Simion, accompagna gli ospiti nelle mie stanze migliori, così poseranno i bagagli. Quando scenderete, padrona, troverete in tavola la cena. Una buona cena.»

«Se volete seguirmi...» disse Simion. Con un inchino indicò la scala su di un lato della sala comune.

Dietro di loro, un avventore esclamò: «Nome della Luce, e quello cos’è?» Mastro Harod cominciò a dare spiegazioni sugli Ogier, come se li conoscesse bene.

Al primo piano, l’Ogier sfiorava con la testa il soffitto. Lo stretto corridoio diventava sempre più buio, rischiarato soltanto dalla cruda luce del tramonto, che entrava dalla finestra in fondo.

«Nelle stanze ci sono candele, padrona» disse Simion. «Avrei dovuto prendere un lume, ma la testa mi gira ancora, con tutti quegli sposalizi. Manderò un servo ad accendere il fuoco, se siete d’accordo. E vorrete naturalmente acqua per lavarvi.» Aprì una porta. «La nostra stanza migliore, padrona. Non abbiamo molti... molti forestieri, capite... ma questa è la migliore.»

«Prenderò quella accanto» disse Lan. Portava in spalla anche le bisacce e il rotolo di coperte di Moiraine, oltre ai propri, e il fagotto con lo stendardo del Drago.

«Oh, padrone, quella stanza non va bene. Letto troppo stretto, poco spazio. Prevista per un servitore, immagino... come se avessimo mai avuto un ospite accompagnato da un servitore. Chiedo scusa, padrona.»

«Non importa, la prendo» disse Lan, fermo.

«Simion» intervenne Moiraine «mastro Harod ha scarsa simpatia per i Figli della Luce?»

«Be’, sì, padrona. Un tempo no, ma ora sì. Non è buona politica, avere in scarsa simpatia i Figli, così vicino al confine. Quelli passano da Jarra tutti i momenti, come se il confine non esistesse. Ma ieri ci sono stati disordini. Durante gli sposalizi e tutto il resto.»

«Cos’è accaduto, Simion?»

Prima di rispondere, l’uomo le lanciò un’occhiata penetrante, ma Perrin ritenne che nessuno l’avesse notato, nella penombra. «Erano circa venti, giunti ieri l’altro» disse Simion. «Niente disordini, l’altro giorno. Ma ieri... Diamine, tre sono saltati su dicendo di non essere più Figli della Luce. Si sono tolti il manto e se ne sono andati via.»

«Il giuramento dei Manti Bianchi vale per tutta la vita» borbottò Lan. «Come ha reagito, il loro comandante?»

«Diamine, sarebbe intervenuto, certo, padrone; ma un altro ha detto che sarebbe andato a cercare il Corno di Valere. Comunque, un altro ancora ha dichiarato che avrebbero dovuto dare la caccia al Drago. Quest’ultimo, andandosene, ha detto che si sarebbe diretto alla Piana di Almoth. Poi altri hanno cominciato a dire delle cose alle donne per le vie, cose che non si dovrebbero dire, e ad allungare le mani. Le donne strillavano, i Figli gridavano contro quelli che molestavano le donne. Non ho mai visto un simile trambusto.»

«Non avete cercato di fermarli?» domandò Perrin.

«Padrone, tu porti quell’ascia e hai l’aria di saperla adoperare; non è facile affrontare uomini con spada e armatura e tutto il resto, quando si sa adoperare soltanto la scopa o la zappa. I Manti Bianchi rimasti hanno messo fine alla storia. Sono arrivati quasi al punto di sguainare la spada. E c’è stato di peggio. Altri due sono impazziti... dicevano che Jarra è pieno di Amici delle Tenebre. Hanno tentato d’incendiare il villaggio... cominciando dal Salto di Harilin. Sul retro ci sono ancora segni di bruciature, dove hanno dato fuoco. E hanno lottato contro gli altri Manti Bianchi che cercavano di fermarli. I Manti Bianchi rimasti ci hanno aiutato a spegnere l’incendio, hanno legato i due colpevoli e sono tornati a cavallo nell’Amadicia. Una bella liberazione, dico io; e se non torneranno più, meglio per tutti.»

«Comportamento rude perfino per i Manti Bianchi» disse Lan.

Simion annuì. «Dici bene, padrone. Non si erano mai comportati in questo modo. Camminare impettiti, sì. Guardare la gente come se fosse immondizia e ficcare il naso dove non era affare loro, anche. Ma non avevano mai provocato incidenti, prima d’ora. Non come questi, comunque.»

«Ormai se ne sono andati» disse Moiraine. «E i guai, con loro. Sono sicura che passeremo una notte tranquilla.»

Perrin tenne la bocca chiusa, ma avrebbe avuto un mucchio di cose da dire. Sposalizi e Manti Bianchi andavano bene, ma lui avrebbe preferito sapere se Rand si era fermato lì e poi da che parte era andato. L’odore all’ingresso del villaggio non poteva essere quello di Rand!

Si lasciò guidare più avanti nel corridoio, fino a una stanza con due letti e un lavabo, un paio di sgabelli e poco d’altro. Loial si piegò in due per infilare nella stanza la testa. Dalla stretta finestrella entrava poca luce. I letti erano abbastanza grossi, con coperte e trapunte ripiegate ai piedi, ma i materassi parevano pieni di gobbe. Simion frugò sulla mensola del caminetto e alla fine trovò una candela e la scatola con acciarino, esca e pietra focaia.

«Provvederò a far unire un paio di letti per te... ah... Ogier. Sì, un momento solo.» Però rimase a giocherellare con il candeliere, come se cercasse il posto esatto dove metterlo.

"Pare a disagio” pensò Perrin. “Be’, sarei a disagio anch’io, se i Manti Bianchi si comportassero nello stesso modo a Emond’s Field."

«Simion» disse poi «per caso negli ultimi giorni è passato da qui un altro forestiero? Giovane, alto, occhi grigi, capelli rossicci. Forse ha suonato il flauto in cambio d’un pasto e d’una stanza.»

«Lo ricordo bene, padrone» rispose Simion, continuando a cambiare posto al candeliere. «È giunto ieri mattina, sul presto. Pareva affamato. Ieri ha suonato il flauto a tutti gli sposalizi. Un giovanotto dall’aria per bene. Alcune donne l’hanno preso di mira, all’inizio, ma...» Esitò, guardando di sottecchi Perrin. «È un tuo amico, padrone?»

«Lo conosco. Perché?»

Simion esitò ancora. «Niente, padrone. Era un tipo insolito, ecco. A volte parlava tra sé; e a volte rideva da solo. Ha dormito in questa stessa stanza, la notte scorsa, o una parte della notte scorsa. Ci ha svegliati tutti in piena notte, tanto gridava. Aveva soltanto avuto un incubo, ma non ha voluto fermarsi oltre. Comunque mastro Harod non si è sforzato troppo per fargli cambiare idea, dopo tutto quel frastuono.» Esitò di nuovo. «Mentre se ne andava, ha detto una frase bizzarra.»

«Quale?»

«Ha detto che lo inseguivano. Ha detto...» Deglutì e soggiunse più lentamente: «Ha detto che l’avrebbero ucciso, se non fosse andato via. “Uno di noi deve morire e voglio che quell’uno sia lui." Le sue esatte parole.»

«Non si riferiva a noi» rombò Loial. «Siamo suoi amici.»

«Ma certo... ah... Ogier. Certo, non si riferiva a voi. Non... ah... non voglio dire niente di un vostro amico, ma... ah... penso che sia ammalato. Nella testa, capite.»