Выбрать главу

In lontananza, verso occidente, un cane ululò: un verso tremulo nel silenzio della notte.

Rand sollevò la testa. Scrutò in quella direzione, come se potesse scorgere il cane, mettendocela tutta.

Un secondo cane rispose al primo; poi un terzo; altri due insieme: tutti disseminati chissà dove, più a occidente.

«Datemi pure la caccia» ringhiò Rand. «Cercate di prendermi, se ci riuscite. Non sono una facile preda. Non più.»

Si staccò dal tronco, guadò un gelido ruscello poco profondo e si diresse di buon passo verso levante. Aveva gli stivali pieni d’acqua fredda e sentiva dolore al fianco, ma non vi badò. Alle sue spalle, la notte era di nuovo silenziosa, ma lui non badò neanche a questo. “Datemi la caccia” pensò. “Posso dare la caccia anch’io. Non sono una facile preda."

10

Segreti

Trascurando per un momento i compagni, Egwene al’Vere si alzò sulle staffe, con la speranza di scorgere Tar Valon; ma nel sole del mattino vide soltanto una macchia bianca, confusa e scintillante. Però doveva trattarsi proprio della città sull’isola. La solitaria montagna dalla cima mozza, detta Montedrago, che spuntava dalla piana ondulata, era comparsa all’orizzonte nel tardo pomeriggio del giorno prima e si trovava da questo lato del fiume Erinin rispetto a Tar Valon. Era un punto di riferimento — una zanna accidentata che sporgeva dalla piana — facile da vedere per molte miglia e facile da evitare, come facevano tutti, anche chi era diretto a Tar Valon.

Montedrago, si diceva, era il luogo dove era morto Lews Therin il Kinslayer; ed era argomento di altre storie, profezie e avvertimenti. Tanti buoni motivi per stare lontano dalle sue nere pendici.

Egwene invece aveva più d’un motivo per non starne lontano. Solo a Tar Valon poteva trovare l’addestramento che le occorreva, che doveva avere. Mai più le avrebbero messo un collare! Scacciò il pensiero, che però continuava a tornarle in mente. Mai più avrebbe perduto la libertà! A Tar Valon, Anaiya avrebbe ripreso a controllarle i sogni; le Aes Sedai l’avrebbero fatto, anche se Anaiya non aveva trovato nessuna vera prova che Egwene fosse una Sognatrice, come sospettava. Da quando avevano lasciato la Piana di Almoth, Egwene era stata turbata dai sogni. A parte i Seanchan — e quei sogni ancora la facevano sudare — sempre più di frequente sognava Rand. Rand che correva. Che correva verso qualcosa, ma anche lontano da qualcos’altro.

Si sforzò di scorgere Tar Valon. Là ci sarebbe stata Anaiya. E forse anche Galad. Arrossì suo malgrado e si tolse completamente dalla testa Galad. “Pensa al tempo” si disse. “Pensa a qualsiasi altra cosa. Luce santa, ma qui fa caldo."

Quasi a inizio anno, con l’inverno appena trascorso, Montedrago era ancora incappucciato di bianco, ma nella piana la neve si era disciolta. Nuovi germogli spuntavano dal tappeto marrone dell’erba dell’anno precedente e dove, qua e là, gli alberi incoronavano la sommità d’una collina, si vedeva il primo rosso delle nuove gemme. Dopo un inverno passato a viaggiare, a volte bloccata in un villaggio o in una tenda da tempeste lunghe giorni interi, a volte percorrendo dall’alba al tramonto, fra cumuli di neve che arrivavano alla pancia dei cavalli, meno strada di quanta ne avrebbe percorsa a piedi in un pomeriggio di bel tempo, era piacevole scorgere i segni della primavera.

Scostò il pesante mantello di lana nera e si riaccomodò sulla sella dall’alto arcione posteriore, lisciandosi le sottane in un gesto d’impazienza. Pensò, con una smorfia, che da troppo tempo portava quella veste, da lei stessa divisa in due e ricucita per andare a cavallo; ma ne aveva solo un’altra, perfino più sudicia di quella che indossava. E dello stesso colore, il grigio scuro delle Incatenate. Per tutte quelle settimane, dall’inizio del viaggio, aveva avuto una sola scelta: grigio scuro o niente.

«Giuro che non metterò mai più vesti grigie, Bela» disse, rivolta all’irsuta giumenta, accarezzandole il collo. Ma tanto non avrebbe avuto molta scelta, una volta tornata alla Torre. Tutte le novizie vestivano di bianco.

«Parli di nuovo da sola?» disse Nynaeve, accostandosi in sella al castrone baio. Le due donne erano della stessa altezza e indossavano vesti identiche; solo la diversità delle cavalcature rendeva più alta d’una testa quella che un tempo era stata la Sapiente di Emond’s Field. Nynaeve corrugò la fronte e si tirò la grossa treccia scura che le ricadeva sulla spalla... gesto abituale, quand’era preoccupata. Portava l’anello col Gran Serpente delle Ammesse: non era ancora Aes Sedai, ma ben più prossima di Egwene alla qualifica. «Faresti meglio a tenere gli occhi aperti.»

Egwene si morsicò la lingua per non ribattere che teneva proprio gli occhi aperti per scorgere Tar Valon. Che cosa credeva, che si fosse alzata sulle staffe perché stufa della sella? Troppo spesso Nynaeve pareva dimenticare di non essere più la Sapiente di Emond’s Field e che Egwene non era più una ragazzina. Ma Nynaeve aveva l’anello, e lei no... non ancora; quindi per Nynaeve era come se niente fosse cambiato!

«Ti chiedi come Moiraine stia trattando Lan?» domandò in tono mielato; e per un attimo si compiacque per l’involontario strattone che Nynaeve diede alla treccia. Ma solo per un attimo: non era portata alle battute velenose e sapeva che i sentimenti di Nynaeve nei confronti del Custode erano come gomitoli di lana su cui un gattino avesse allungato le zampe.

Si pentì subito. Loro erano solo sei, con vesti semplici per non dare nell’occhio nei villaggi e nei paesi incontrati durante il viaggio, eppure formavano forse il gruppo più bizzarro che avesse mai attraversato di recente la prateria Caralain: quattro donne e due uomini, uno dei quali disteso nella barella sospesa fra due cavalli che portavano anche un carico leggero, le provviste per i lunghi tratti fra un villaggio e l’altro.

Sei persone, pensò Egwene, e quanti segreti? Alcuni li condividevano e avrebbero dovuto mantenerli, forse, perfino nella Torre Bianca. Si disse che la vita era stata più semplice, nel villaggio natio.

«Nynaeve» riprese «credi che Rand stia bene? E Perrin?» Non poteva più permettersi di fingere che un giorno avrebbe maritato Rand: ormai sarebbe stata soltanto finzione. Non ne era contenta... ancora non si era del tutto rassegnata... ma lo sapeva.

«I sogni? Ti hanno tormentato ancora?» Nynaeve parve preoccupata per lei, ma Egwene non era dell’umore adatto ad accettare dimostrazioni di simpatia.

Si costrinse a parlare con indifferenza. «Dalle voci che abbiamo udito, non saprei dire cosa accade. Tutto è distorto, sbagliato.»

«Niente è andato per il verso giusto, da quando Moiraine è entrata nella nostra vita» disse Nynaeve, brusca. «Perrin e Rand...» Esitò, con una smorfia. Pensava, secondo Egwene, che il cambiamento di Rand fosse opera di Moiraine. «Ora dovranno cavarsela da soli. Purtroppo anche noi dobbiamo preoccuparci: qualcosa non quadra, lo... lo sento.»

«Di cosa si tratta?»

«Ho come l’impressione d’una tempesta.» Nynaeve scrutò il cielo mattutino, sereno e azzurro, con qualche nuvola sparsa, e scosse la testa. «Una tempesta in arrivo.» Era sempre stata in grado di prevedere il tempo. “Ascoltare il vento", lo definivano; e ci si aspettava che in ogni villaggio la Sapiente ascoltasse il vento, anche se molte in realtà non ne avevano l’abilità. Tuttavia, da quando avevano lasciato Emond’s Field, il talento di Nynaeve in questo campo si era sviluppato, o era cambiato: a volte le tempeste da lei previste ora riguardavano gli uomini, non le condizioni atmosferiche.

Egwene si morsicò il labbro, riflettendo. Dopo tutta quella strada, non potevano lasciare che qualcosa li fermasse o li facesse rallentare, così vicino a Tar Valon. Per la salvezza di Mat e per ragioni a rigor di logica più importanti della vita stessa d’un giovane paesano, un amico d’infanzia, ma alle quali lei in cuor suo non attribuiva altrettanto valore. Guardò gli altri e si domandò se uno di loro avesse notato qualcosa.