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Hurin si guardò intorno, a bocca aperta, atterrito quanto i Manti Bianchi, mentre cercava di evitare che i cavalli con la barella e anche il suo si dessero alla fuga. Verin aveva spalancato gli occhi, per lo stupore e per la collera: mosse furiosamente le labbra, ma le parole si perdettero nel frastuono.

E poi i Manti Bianchi fuggirono: alcuni lasciarono cadere l’arco e galopparono come se avessero alle calcagna il Tenebroso stesso. Tutti, tranne il giovane ufficiale, che si rialzò da terra e a spalle ingobbite fissò Verin, mostrando il bianco degli occhi. La polvere gli imbrattava il viso e l’elegante mantello bianco, ma lui parve non accorgersene. «Allora uccidimi, strega» disse, scosso. «Avanti. Uccidimi come hai ucciso mio padre!»

Verin non gli badò: era concentrata sulle altre. Come se anche loro si fossero dimenticati dell’ufficiale, i Manti Bianchi scomparvero al di là della cresta senza girarsi a guardare. Il cavallo dell’ufficiale galoppava con gli altri.

Sotto lo sguardo infuriato di Verin, Egwene si staccò da Saidar, lentamente, malvolentieri. Era sempre spiacevole, staccarsene. Ancora più lentamente svanì il bagliore intorno a Nynaeve, che fissava con ferocia il comandante dei Manti Bianchi, quasi lo ritenesse capace di chissà quale trucco. Elayne pareva sconvolta per ciò che aveva appena fatto.

«La tua azione...» cominciò Verin; s’interruppe, inspirò a fondo. Comprese nell’occhiata le altre due. «La tua azione è abominevole» riprese. «Abominevole! Un’Aes Sedai non usa come arma il Potere, se non contro la Progenie dell’Ombra e come ultima risorsa per salvare la propria vita. I Tre Giuramenti...»

«Erano pronti a ucciderci» la interruppe Nynaeve, accalorandosi. «A ucciderci o a portarci via per farci torturare. Stava per dare l’ordine.»

«In realtà, Verin Sedai, non abbiamo usato come arma il Potere» protestò Elayne, guardandola negli occhi, ma con voce scossa. «Non abbiamo danneggiato, né tentato di danneggiare, nessuno. Di sicuro...»

«Non cercare il pelo nell’uovo, con me!» replicò Verin, brusca. «Quando sarai Aes Sedai, se mai avverrà, sarai obbligata a mantenere i Tre Giuramenti; ma ci si aspetta che pure le novizie si comportino come se fossero già impegnate.»

«E lui?» disse Nynaeve, indicando l’ufficiale, ancora lì fermo, con l’aria stordita. Aveva il viso teso come pelle di tamburo e pareva furibonda quasi quanto l’Aes Sedai. «Stava per prenderci prigioniere. Mat morirà, se non arriva subito alla Torre, e... e...»

Egwene sapeva che cosa Nynaeve si sforzava di non dire: “E quella sacca deve essere assolutamente consegnata all’Amyrlin Seat".

Verin guardò con aria stanca l’ufficiale. «Voleva solo intimidirci, bambina» disse. «Non poteva costringerci ad andare dove non volevamo e lo sapeva benissimo. Avrebbe incontrato più complicazioni di quante fosse disposto ad accettare. Con un po’ di pazienza, l’avrei convinto a farci passare. Oh, forse avrebbe provato a ucciderci, se avesse potuto tenderci un’imboscata; ma neppure un Manto Bianco col cervello d’un caprone cercherebbe di colpire un’Aes Sedai che sappia della sua presenza. Guardate cosa avete combinato! Quali storie racconteranno, quegli uomini? Quale danno provocheranno, queste storie?»

Nell’udire l’accenno alle imboscate, l’ufficiale arrossì. «Non è da vigliacchi» sbottò «non andare alla carica contro i poteri che causarono la Frattura del Mondo. Voi streghe volete che la Frattura si ripeta, a favore del Tenebroso!»

Verin scosse la testa, incredula e stufa di quelle storie.

Egwene avrebbe voluto riparare in parte il danno. «Mi spiace molto per l’accaduto» disse all’ufficiale. Per fortuna ancora non aveva l’obbligo di dire sempre la verità, come le Aes Sedai: infatti ciò che stava per dire era, nel migliore dei casi, solo una mezza verità. «Sono stata avventata e me ne scuso. Sono certa che Verin Sedai ti Guarirà i lividi.»

L’ufficiale arretrò, come se lei avesse proposto di farlo scorticare vivo. Verin tirò su col naso rumorosamente.

«Abbiamo fatto un lungo viaggio» proseguì Egwene «da Capo Toman a qui; se non fossi stata così stanca, non avrei mai...»

«Sta’ zitta, ragazza!» gridò Verin.

«Capo Toman?» ringhiò l’ufficiale dei Manti Bianchi. «Falme! Eravate a Falme!» Barcollò, arretrò ancora d’un passo, sguainò a mezzo la spada. Dalla sua espressione Egwene non capì se volesse assalirla o difendersi. Hurin, mano sul frangilama, spostò il cavallo più vicino all’ufficiale; ma l’altro proseguì come invasato, con la bava alla bocca per la furia: «Mio padre è morto a Falme! Byar me l’ha riferito! Voi streghe l’avete ucciso per il vostro falso Drago! Farò in modo che paghiate con la vita! Farò in modo che vi mettano al rogo!»

«Bambine avventate» sospirò Verin. «Incapaci di tenere a freno la lingua. Vai con la Luce, figlio mio.»

Senza altre parole, gli girò intorno e si avviò; ma le grida del giovane ufficiale la seguirono.

«Mi chiamo Dain Bornhald! Ricordatelo, Amici delle Tenebre! Vi farò temere il mio nome! Ricordatelo!»

Mentre le grida di Bornhald si affievolivano, Verin e gli altri cavalcarono in silenzio per un poco. Alla fine Egwene disse, a nessuno in particolare: «Cercavo solo di migliorare la situazione.»

«Migliorare!» brontolò Verin. «Devi imparare che c’è un momento per dire tutta la verità e un momento per tenere a freno la lingua. La lezione meno significativa, ma importante, se vuoi vivere tanto a lungo da portare lo scialle di Sorella. Non ti è mai venuto in mente che le notizie di Falme potevano precederci?»

«E perché doveva venirle in mente?» domandò Nynaeve. «Abbiamo incontrato gente che aveva udito solo qualche voce; e nell’ultimo mese abbiamo viaggiato più rapidamente persino delle voci.»

«E le voci dovevano per forza percorrere la nostra stessa strada?» ribatté Verin. «Abbiamo viaggiato lentamente. Le voci hanno le ali e seguono centinaia di vie diverse. Prevedi sempre il peggio, bambina, e non avrai sorprese spiacevoli.»

«Cosa voleva dire, riguardo mia madre?» domandò a un tratto Elayne. «Mentiva di sicuro. Lei non si metterebbe mai contro Tar Valon.»

«Da sempre le regine dell’Andor sono amiche di Tar Valon, ma tutto cambia» disse Verin, di nuovo serena, ma con una certa tensione nel tono di voce. Si girò sulla sella per guardare le tre ragazze, Hurin, Mat sulla barella. «Il mondo è bizzarro e tutto cambia.» Arrivarono in cima all’altura; ora più avanti si scorgeva un villaggio: tetti dalle tegole gialle ammassati alla base del grande ponte che portava a Tar Valon. «Da questo momento dovete stare davvero in guardia» disse Verin. «Ora iniziano i veri pericoli.»

11

Tar Valon

Il piccolo villaggio di Dairein, sulla sponda dell’Erinin, era antico quasi quanto la stessa Tar Valon. Le casette e le botteghe, di mattoni rossi e marrone, e le vie lastricate in pietra davano una sensazione di stabilità nel tempo, ma Dairein era stato incendiato durante le Guerre Trolloc, saccheggiato dall’esercito di Artur Hawkwing durante l’assedio di Tar Valon, depredato più d’una volta nel corso della Guerra dei Cento Anni, dato alle fiamme durante la Guerra Aiel, nemmeno vent’anni prima. Una storia travagliata, per un piccolo villaggio; ma la sua posizione, all’estremità di uno dei ponti che davano accesso all’isola, garantiva che, per quante volte lo distruggessero, l’avrebbero sempre ricostruito. Almeno finché Tar Valon fosse esistita.