«Se non t’avessero visto parlare con Verin, non ti avrei trovata» disse, con una certa irritazione. «Vieni, bambina. Cos’hai in mano? Cosa sono, quei fogli?»
Egwene li strinse più forte. Cercò di rendere umile e rispettoso il tono di voce. «Verin Sedai ritiene che debba studiarli, Sheriam Sedai» rispose. Che cosa avrebbe fatto, se la Maestra delle Novizie avesse chiesto di darvi un’occhiata? Quale scusa poteva escogitare per un rifiuto? Quale spiegazione, per fogli che parlavano di tredici donne dell’Ajah Nera e dei ter’angreal da loro rubati?
Ma Sheriam parve dimenticare subito la richiesta. «Lascia perdere» disse. «Ti aspettano.» Prese per il braccio Egwene e la costrinse a camminare più velocemente.
«Mi aspettano, Sheriam Sedai? Per cosa?»
Sheriam le scoccò un’occhiata d’esasperazione. «Hai dimenticato che stai per diventare Ammessa? Domani, quando verrai nel mio studio, avrai al dito l’anello, anche se non ti sarà di grande consolazione.»
Egwene cercò di fermarsi, ma l’Aes Sedai proseguì di fretta e imboccò una stretta rampa di scale che scendeva a chiocciola dentro le pareti della biblioteca.
«Stanotte?» protestò Egwene. «Di già? Ma sono mezzo addormentata, Sheriam Sedai, e sporca, e... Pensavo che mancassero ancora diversi giorni. Per prepararmi.»
«L’ora non aspetta nessuno» replicò Sheriam. «La Ruota gira e ordisce come vuole e quando vuole. E poi, come ti prepareresti? Sai già l’indispensabile. Più di quanto non sapesse la tua amica Nynaeve.» Spinse Egwene attraverso una porticina ai piedi delle scale e percorse in fretta un altro corridoio, fino a una rampa che s’incurvava sempre più in basso.
«Ho ascoltato le lezioni» protestò Egwene «e le ricordo, ma... non posso avere una notte di sonno, prima?» La rampa a chiocciola le pareva interminabile.
«L’Amyrlin Seat ha deciso che non ha senso aspettare» rispose Sheriam, con un’occhiata di traverso. «Le sue parole esatte sono state: “Se hai deciso di sventrare un pesce, non ha senso aspettare che puzzi". A quest’ora Elayne ha già attraversato gli archi e l’Amyrlin Seat vuole che anche tu li attraversi stanotte. Non capisco il motivo di tanta fretta» soggiunse, quasi tra sé. «Però, quando l’Amyrlin Seat ordina, noi ubbidiamo. Egwene si lasciò tirare in silenzio giù per la rampa. Aveva un nodo allo stomaco. Nynaeve era stata tutt’altro che disponibile a parlare della propria esperienza durante la cerimonia per diventare Ammessa: si era limitata a fare una smorfia e a dire: «Odio le Aes Sedai!». Quando finalmente la rampa sbucò in un ampio corridoio nei sotterranei della Torre, Egwene ormai tremava.»
In fondo al corridoio, scavato nella roccia chiara e privo di decorazioni, c’era una porta a due battenti, di legno scuro, alta e larga come quella d’una fortezza e altrettanto semplice, anche se le assi erano ben rifinite e accostate ad arte. Ma i battenti erano ben bilanciati e Sheriam non ebbe difficoltà ad aprirne uno; varcò la soglia e tirò Egwene in un’ampia sala dal soffitto a cupola.
«Era ora!» sbottò Elaida. Portava lo scialle rosso e stava accanto al tavolo sul quale c’erano tre grossi calici d’argento.
Lampade su alti sostegni illuminavano la sala e la costruzione posta al centro, sotto la cupola: tre arcate d’argento con la parte superiore a contatto, di forma arrotondata, alte quanto bastava a permettere il passaggio, poste sopra un massiccio cordolo circolare d’argento. Un’Aes Sedai sedeva a gambe incrociate, sulla nuda pietra, davanti a ciascun punto d’unione fra le arcate e il cordolo; delle tre, Egwene riconobbe Alanna, una Sorella dell’Ajah Verde, ma non le altre due, una dell’Ajah Gialla e una della Bianca.
Circondate dall’alone che rivelava il contatto con Saidar, le tre Aes Sedai fissavano gli archi, all’interno dei quali diventava sempre più luminoso un analogo bagliore tremolante. Quei tre archi erano un ter’angreaclass="underline" non si sapeva bene per quale uso li avessero costruiti nell’Epoca Leggendaria, ma ora servivano per la cerimonia della nomina e le novizie dovevano attraversarli, per diventare Ammesse. All’interno degli archi ogni candidata affrontava le proprie paure. Ora la luce non tremolava più: pareva prigioniera all’interno delle arcate, ma riempiva lo spazio e lo rendeva opaco.
«Non agitarti, Elaida» disse Sheriam, con calma. «Faremo in un attimo.» Si rivolse a Egwene. «Alle novizie sono concesse tre possibilità» spiegò. «Puoi rifiutare due volte di entrare sotto gli archi, ma al terzo rifiuto sarai allontanata per sempre dalla Torre. Questa è la prassi. Hai il diritto di rifiutare, certo, ma non credo che l’Amyrlin Seat ne sarebbe contenta.»
«Non bisognerebbe darle questa possibilità» disse Elaida, con voce ferrea e viso altrettanto duro. «Non m’interessa il suo potenziale. Bisognerebbe allontanarla dalla Torre. O almeno metterla a pulire pavimenti per i prossimi dieci anni.»
Sheriam rivolse alla Sorella Rossa un’occhiata penetrante. «Non sei stata così inflessibile nei riguardi di Elayne» replicò, «Hai chiesto tu di partecipare alla cerimonia, forse proprio a causa di Elayne. Farai la tua parte anche per questa ragazza, come previsto; altrimenti, puoi andartene: troverò un’altra.»
Le due Aes Sedai rimasero a fissarsi con tale intensità che Egwene non si sarebbe stupita di veder spuntare intorno a loro l’alone dell’Unico Potere. Alla fine Elaida scosse la testa e sbuffò rumorosamente.
«Se dobbiamo farlo, facciamolo. Diamo a questa insopportabile ragazza la possibilità di rifiutare e procediamo. È tardi.»
«Non rifiuterò» disse Egwene, con voce un po’ tremante; ma la rese ferma e soggiunse: «Voglio andare avanti.»
«Bene» disse Sheriam. «Bene. Ora ti dirò due cose che nessuna donna ode finché non si trova dove sei tu. Se inizi, devi andare fino in fondo: se in qualsiasi momento ti rifiuti, sarai allontanata dalla Torre. Seconda cosa: tentare, sforzarsi, è conoscere il pericolo.» Dal tono pareva che avesse ripetuto molte volte quegli ammonimenti. Aveva negli occhi una luce di simpatia, ma viso duro quanto quello di Elaida. La simpatia spaventò Egwene più dell’espressione dura. «Alcune donne sono entrate, ma non sono mai uscite» proseguì Sheriam. «Quando il ter’angreal si è spento, non c’erano più! E non sono state riviste. Se vuoi sopravvivere, devi essere decisa. Vacilla, fallisci e...» Una smorfia sostituì la conclusione della frase. Egwene rabbrividì. «Questa è la tua ultima possibilità» continuò Sheriam. «Se rifiuti adesso, vale come primo rifiuto: avrai a disposizione altri due tentativi. Se accetti adesso, non puoi più ritirarti. Non è vergogna, rifiutare. La prima volta, io ho rifiutato. Decidi.»
"Non sono mai uscite?" pensò Egwene. Deglutì con forza. “Voglio essere Aes Sedai. Ma prima devo diventare Ammessa."
«Accetto» rispose.
Sheriam annuì. «Allora, preparati.»
Egwene batté le palpebre, sorpresa; poi ricordò. Doveva entrare nuda negli archi. Si chinò per posare i fogli avuti da Verin... ed esitò. Se li lasciava lì, Sheriam o Elaida potevano leggerli, mentre lei era dentro il ter’angreal. Potevano anche trovare il piccolo ter’angreal chiuso nella borsa. Se rifiutava la prova, poteva nasconderli o forse affidarli a Nynaeve. Si sentì mancare il respiro. Ormai non poteva più rifiutare: aveva già iniziato.
«Hai già cambiato idea, bambina?» domandò Sheriam, perplessa. «Pur sapendo quali saranno le conseguenze?»
«No, Sheriam Sedai» rispose subito Egwene. Si svestì in fretta e ripiegò gli abiti, posandoli sopra borsa e fogli. Non poteva fare di meglio.
Accanto al ter’angreal, Alanna esclamò all’improvviso: «C’è una sorta di... di risonanza.» Continuò a fissare gli archi. «Come un’eco. Non so da dove provenga.»
«Ci sono problemi?» domandò Sheriam, brusca. Pareva sorpresa, anche. «Non mando là dentro nessuno, se ci sono problemi.»