Si sentì inondare d’acqua fredda.
«Sei mondata del falso orgoglio» intonò Elaida.
«Sei mondata della falsa ambizione. Vieni a noi pulita e pura, nel cuore e nell’anima.»
Mentre la Sorella Rossa si girava, Sheriam circondò gentilmente le spalle di Egwene e la guidò verso l’ultimo arco. «Ancora uno, bambina» disse. «Ancora uno e avrai terminato.»
«Ha detto che potevano convertirlo all’Ombra» borbottò Egwene. «Ha detto che Myrddraal e Signori del Terrore potevano obbligarlo.»
Sheriam perdette il passo e si guardò intorno. Elaida era quasi tornata al tavolo. Le tre Aes Sedai fissavano il ter’angreal e parevano non accorgersi d’ogni altra cosa. «Un argomento sgradevole, bambina» disse infine Sheriam, a voce assai bassa. «Vieni. Ancora uno.»
«Possono farlo?» domandò Egwene, insistente.
«La consuetudine impone di non parlare di ciò che accade dentro il ter’angreal» rispose Sheriam. «Ogni donna ha le proprie paure.»
«Possono farlo?»
Sheriam sospirò, diede ancora un’occhiata alle altre Aes Sedai e ridusse la voce a un rapido bisbiglio. «È una cosa nota solo a poche, bambina, perfino nella Torre. Non dovresti apprenderla adesso, anzi forse mai; però te ne parlerò ugualmente. C’è un... un punto debole, nella capacità d’incanalare il Potere. Noi impariamo ad aprirci alla Vera Fonte, ma questo significa che possiamo aprirci anche a... ad altre cose.» Egwene rabbrividì. «Stai tranquilla, bambina» riprese Sheriam. «Non è facile. Per quanto ne so, non è più accaduto... e la Luce volesse che non fosse accaduto mai!... dalle Guerre Trolloc. In quel caso occorsero tredici Signori del Terrore... Amici delle Tenebre in grado d’incanalare il Potere... che intessevano i flussi attraverso tredici Myrddraal. Capisci? Non è facile. Oggi non ci sono Signori del Terrore. Questo è un segreto della Torre, bambina. Se altri sapessero, non potremmo mai convincerli che sono al sicuro. Solo chi ha la capacità d’incanalare può essere convertito in questo modo. Il punto debole della nostra forza. Gli altri sono sicuri come una rocca inespugnabile: solo i propri misfatti possono convertirli all’Ombra.»
«Tredici» disse Egwene, con un filo di voce. «Lo stesso numero di donne che hanno abbandonato la Torre. Liandrin e altre dodici.»
Sheriam indurì l’espressione. «Non sono cose per te. Dimenticale.» Riportò la voce al tono normale. «La terza volta è per quel che sarà» disse. «La via del ritorno si presenterà una volta sola. Non esitare.»
Egwene fissò l’arco rilucente, fissò un punto remoto al di là di esso. “Liandrin e altre dodici” pensò. “Tredici Amici delle Tenebre in grado d’incanalare il Potere. La Luce ci aiuti tutti!" Entrò nel bagliore. La luce la riempì. Brillò attraverso di lei. La bruciò fino all’osso, la cauterizzò fino all’anima. Egwene divenne un lampo incandescente. C’era soltanto la luce. E il dolore.
Egwene fissò l’alto specchio e non seppe se era più sorpresa per il viso senza età o per la stola a bande colorate che le scendeva sul petto. La stola da Amyrlin Seat.
"La via del ritorno si presenterà una volta sola. Non esitare."
"Tredici."
Vacillò, si afferrò allo specchio, rischiò di farlo cadere con lei stessa sul pavimento a piastrelle azzurre del camerino. C’era un errore, si disse. L’errore non aveva niente a che fare con l’improvviso giramento di testa. Ma lei non sapeva identificarlo.
Aveva a fianco un’Aes Sedai, una donna con zigomi alti, come Sheriam, ma con capelli scuri e occhi castani pieni di preoccupazione, che portava la stretta stola da Custode degli Annali. Non era Sheriam, però. Egwene non l’aveva mai vista. Eppure era certa di conoscerla bene quanto se stessa. Riuscì a ricordare il nome: Beldeine.
«Ti senti male, Madre?»
La stola della Custode era verde. Quindi Beldeine apparteneva all’Ajah Verde. Ma la Custode proveniva sempre dalla stessa Ajah dell’Amyrlin. Quindi anche lei, se era l’Amyrlin, proveniva dall’Ajah Verde. Fu turbata da questo pensiero. Non perché apparteneva all’Ajah Verde, ma perché aveva dovuto dedurlo. C’era qualcosa di sbagliato, in lei!
"La via del ritorno si pre..." La voce nella sua testa si perdette in un ronzio.
"Tredici Amici delle Tenebre."
«Sto bene, Beldeine» rispose. «Non dobbiamo farli aspettare.» Far aspettare chi? Non lo sapeva, ma si sentiva infinitamente triste, riluttante a porre termine all’attesa.
«Diventeranno impazienti, Madre.» C’era un’esitazione, nella voce di Beldeine, come se anche lei provasse la stessa riluttanza, ma per un motivo diverso. Se non si sbagliava di grosso, dietro la calma esteriore, Beldeine era atterrita.
«Allora sarà bene muoverci.»
Beldeine annuì, inspirò a fondo e attraversò il tappeto per prendere il bastone della carica, sormontato dalla candida goccia della Fiamma Bianca di Tar Valon, appoggiato accanto alla porta. «Immagino che sia necessario, Madre» disse. Aprì per lei la porta e la precedette, in un corteo di due sole persone, la Custode degli Annali e l’Amyrlin Seat.
Egwene non notò i particolari del corridoio che imboccarono. Tutta la sua attenzione era rivolta dentro di sé. Che cosa le accadeva? Perché non riusciva a ricordare? Perché la maggior parte dei ricordi le pareva... sbagliata? Si toccò la stola con le sette bande. Perché aveva la forte impressione d’essere ancora novizia?
"La via del ritorno si presenterà una..." Stavolta il pensiero terminò di colpo.
"Tredici dell’Ajah Nera."
Inciampò. Era un pensiero terrificante, la gelava fino al midollo, superava anche il terrore. Le pareva... personale. Avrebbe voluto urlare, correre a nascondersi. Si sentiva come se le dessero la caccia. Sciocchezze. L’Ajah Nera era stata distrutta. Anche questo pareva un pensiero bizzarro. Una parte di lei ricordava un evento definito la Grande Purga. Una parte di lei era sicura che l’evento non si era mai verificato.
Con lo sguardo fisso avanti, Beldeine non si era accorta del suo inciampone. Egwene allungò il passo per starle dietro. Beldeine, si disse, era spaventata fino alla punta dei capelli. Dove la conduceva?
La Custode si fermò davanti a una doppia porta assai alta, i cui battenti di legno scuro avevano un grande intarsio d’argento, la Fiamma di Tar Valon. Si asciugò nella veste le mani, come se all’improvviso le sentisse sudate; spalancò un battente e precedette Egwene su per una rampa dritta della stessa pietra bianca striata d’argento delle mura di Tar Valon. Anche lì la pietra pareva brillare.
La rampa conduceva in un’ampia stanza circolare dal soffitto a cupola alto almeno novanta piedi. Una piattaforma correva lungo la base delle pareti e presentava una serie di gradini, tranne nei punti dove sbucavano tre rampe equidistanti. Al centro del pavimento c’era la Fiamma di Tar Valon, circondata da spirali che si allargavano verso l’esterno, con i colori delle sette Ajah. Dalla parte opposta della stanza c’era un seggio dall’alto schienale, massiccio e riccamente intagliato a tralci e foglie nei colori di tutte le Ajah.
Beldeine batté con forza il bastone. Nella voce mostrò un leggero tremito: «Giunge» disse. «La Custode dei Sigilli. La Fiamma di Tar Valon. L’Amyrlin Seat. Ecco che giunge.»
Con un fruscio di sottane, le donne accomodate sulla piattaforma si alzarono dalla sedia. Ventun sedie in gruppi di tre, dello stesso colore della frangia dello scialle di chi le occupava.
La Sala della Torre, si disse Egwene, mentre si dirigeva al proprio seggio. Il seggio dell’Amyrlin Seat. Ecco che cos’era: la Sala della Torre e gli Scanni per le Ajah. Migliaia di volte era stata in quella sala. Ma non riusciva a ricordarne neppure una. Cosa faceva lì, in quel momento? Luce santa, l’avrebbero scorticata viva, appena avessero visto... Non sapeva con sicurezza che cosa avrebbero visto; pregava soltanto che non vedessero.
"La via del ritorno si pre..."
"La via del rito..."
"La via..."
"L’Ajah Nera aspetta." Questo pensiero, almeno, era completo. Proveniva da tutte le parti. Perché nessun’altra pareva sentirlo?