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Quando Gawyn e Galad si fermarono, un’increspatura parve percorrere le spettatrici: si sarebbe detto che sarebbero avanzate tutte insieme. Ma Gawyn scorse Mat e disse sottovoce qualche parola a Galad; tutt’e due passarono davanti alle donne. Aes Sedai e Ammesse girarono la testa per seguire il loro sguardo. Mentre i due si avvicinavano, Mat si alzò.

«Sei Mat Cauthon, vero?» disse Gawyn, con un sorriso. «Ero sicuro d’averti riconosciuto, dalla descrizione di Egwene. E di Elayne. Ho saputo che sei stato ammalato. Ora stai meglio?»

«Sto benissimo» rispose Mat. Si domandò se doveva chiamare Gawyn “milord” o qualcosa del genere. Si era rifiutato di chiamare “milady” Elayne... be’, lei non l’aveva mai preteso... e avrebbe fatto lo stesso col fratello.

«Sei venuto nel campo d’allenamento per imparare la scherma?» domandò Galad.

Mat scosse la testa. «Sono solo uscito a fare due passi. Di spade ne so poco. Ho più fiducia in un buon arco o in un bastone ferrato. So usarli.»

«Se passi tanto tempo intorno a Nynaeve» disse Galad «per proteggerti avrai bisogno di arco, di bastone e anche di spada. E forse non basterebbero.»

Gawyn lo guardò, incuriosito. «Galad, hai appena detto una battuta spiritosa!»

«Ho anch’io il senso dell’umorismo, Gawyn» replicò Galad, con una ruga. «Tu credi che ne sia privo solo perché non mi piace beffare le persone.»

Gawyn scosse la testa e si rivolse di nuovo a Mat. «Dovresti imparare, i fondamenti della scherma» disse. «Torna utile a tutti, di questi tempi. Il tuo amico, Rand al’Thor, portava una spada assai insolita. Hai notizie di lui?»

«Non lo vedo da molto tempo» rispose subito Mat. Notò che per un istante, parlando di Rand, lo sguardo di Gawyn si era fatto più intenso. Possibile che sapesse? Ma no, non poteva sapere niente. Altrimenti avrebbe denunciato Mat come Amico delle Tenebre, solo per l’amicizia con Rand. Eppure qualcosa sapeva. «La spada non è l’arma migliore del mondo, sai» soggiunse. «Penso che me la caverei bene contro tutt’e due, spada contro un buon bastone ferrato.»

Il colpo di tosse di Gawyn era chiaramente inteso a mascherare una risata. Con cortesia persino eccessiva, il giovane rispose: «Sarai di sicuro molto abile, col bastone.» Galad era francamente incredulo.

Forse perché tutt’e due la ritenevano una sbruffonata; forse perché aveva sbagliato a interrogare la guardia; forse perché Else, a cui piacevano i ragazzi, non aveva voluto avere niente a che fare con lui; forse perché tutte quelle donne guardavano Galad come i gatti tengono d’occhio un bricco di panna (in fin dei conti, Aes Sedai e Ammesse erano donne)... forse per una di queste ragioni (che però scacciò con rabbia, in particolare l’ultima) Mat decise di sfidarli. Per divertirsi, si disse. E per guadagnare qualche moneta. Non poteva avere sempre la sfortuna dalla sua parte.

«Scommetto due marchi d’argento contro due per ciascuno di voi che posso battervi contemporaneamente. Mi sembra una scommessa equa. Siete due contro uno, quindi è giusto scommettere due marchi contro quattro.» Nel vedere la loro espressione costernata, a momenti si mise a ridere.

«Mat» disse Gawyn «non c’è bisogno di scommettere. Sei stato ammalato. Meglio rimandare la sfida a quando sarai più in forze.»

«Sarebbe una scommessa tutt’altro che equa» disse Galad. «Non l’accetterò, né ora né in seguito. Sei dello stesso villaggio di Egwene, vero? Non... non voglio che si arrabbi con me.»

«E lei cosa c’entra? Colpitemi una volta sola, con la spada, e vi darò un marco d’argento ciascuno. Se vi colpirò fino a farvi abbandonare, mi darete due marchi ciascuno. Non credete di riuscirci?»

«Ridicolo» disse Galad. «Non avresti alcuna possibilità contro uno spadaccino ben addestrato, figuriamoci contro due. Non accetto simili vantaggi.»

«Ne sei convinto?» intervenne una voce stridula. Il Custode grande e grosso si era avvicinato e li guardava con sopracciglia aggrottate. «Siete convinti di saper usare la spada tanto bene da battere un ragazzo col bastone?»

«Non sarebbe equo, Hammar Gaidin» disse Galad.

«È ancora debole per la malattia» aggiunse Gawyn. «Non ha senso, questa sfida.»

«In campo» ordinò Hammar, con un brusco cenno in direzione dello spiazzo. Galad e Gawyn diedero a Mat un’occhiata di rincrescimento e ubbidirono. Il Custode squadrò Mat in lungo e in largo. «Sei sicuro di potercela fare, ragazzo? Ora che ti guardo da vicino, hai proprio l’aria di chi dovrebbe stare a letto.»

«Mi sono appena alzato» rispose Mat «e sono sicuro di farcela. Non voglio perdere due marchi.»

Sorpreso, Hammar inarcò il sopracciglio. «Intendi mantenere la scommessa, ragazzo?»

«Ho bisogno di soldi» rise Mat.

Smise di colpo di ridere, quando si girò verso la più vicina rastrelliera di bastoni ferrati e si sentì mancare le ginocchia. Le irrigidì con tale rapidità che pensò d’avere dato, a chiunque guardasse, l’impressione d’inciampare. Prese tempo per scegliere un bastone, del diametro di quasi due pollici e di un piede più lungo della propria altezza. Doveva vincere la sfida. Aveva fatto la sua solita sciocchezza, aprendo bocca, e ora doveva vincere. Non poteva permettersi di perdere i due marchi. Senza quei fondi, avrebbe impiegato una vita per vincere al gioco i soldi che gli occorrevano.

Tornò a girarsi, reggendo a due mani il bastone. Gawyn e Galad aspettavano nello spiazzo. «Fortuna» mormorò Mat. «Tempo di lanciare i dadi.»

Hammar gli diede un’occhiata bizzarra. «Parli la Lingua Antica, ragazzo?»

Mat lo fissò per un momento, in silenzio. Si sentiva gelato fino alle ossa. Con uno sforzo si costrinse ad avanzare nello spiazzo. «Non dimenticate la scommessa» disse a voce alta. «Due marchi d’argento a testa, contro due dei miei.»

Fra le Ammesse si levò un brusio, quando fu chiaro che cosa stava per accadere. Le Aes Sedai guardavano in silenzio. Un silenzio carico di disapprovazione.

Gawyn e Galad si distanziarono, ma non si avvicinarono, né alzarono la spada.

«Niente scommessa» disse Gawyn.

«Non ti prenderò i soldi in questo modo» rincarò Galad.

«Io ho intenzione di prendere i tuoi» replicò Mat.

«Basta!» ruggì Hammar. «Se non hanno il coraggio di scommettere, ragazzo, coprirò io la posta.»

«Benissimo» disse Gawyn. «Se proprio insisti... la scommessa è andata.»

Galad esitò ancora un istante. «Allora è andata» brontolò poi. «Mettiamo fine a questa farsa.»

Mat aveva bisogno solo di quell’istante di preavviso. Mentre Galad si avventava, fece scivolare le mani lungo il bastone e girò su se stesso. La punta del bastone urtò con forza il torace di Galad e gli strappò un borbottio, facendolo incespicare. Mat lasciò che il bastone rimbalzasse e si girò proprio mentre Gawyn veniva a portata. Abbassò il bastone, lo fece saettare al di sotto della spada e colpì alla caviglia. Mentre Gawyn ruzzolava, Mat completò il giro, in tempo per colpire Galad al polso e fargli volare via la spada. Come se non sentisse il dolore al polso, Galad ruzzolò con scioltezza e si rialzò stringendo a due mani la spada.

Ignorandolo per il momento, Mat si girò a mezzo. Gawyn, che si rimetteva in piedi, fu colpito alla tempia, con un tonfo solo in parte attutito dai capelli, e crollò come sacco vuoto.

Mat notò appena l’Aes Sedai che si precipitava a soccorrere il fratello di Elayne e si augurò che Gawyn non si fosse fatto niente. Lui stesso aveva preso colpi peggiori, cadendo da qualche staccionata. Doveva ancora vedersela con Galad: da come aspettava, sulla punta dei piedi, spada pronta, era chiaro che ora lo prendeva sul serio.

Le gambe di Mat scelsero quel momento per mettersi a tremare. Il ragazzo sentì la debolezza strisciarli addosso, l’intontimento, la fame di chi è digiuno da giorni. Se avesse aspettato l’attacco di Galad, sarebbe caduto lungo e disteso. Allora avanzò, tenendo con difficoltà le ginocchia dritte. Si augurò che la fortuna gli stesse al fianco.