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— Si preoccupa per Barrayar — disse infine Miles, visto che il silenzio diventava imbarazzante. — È un… un esempio difficile da seguire. — E inoltre il suo unico figlio è un mutante deforme. Oh, sì, c'è anche questo da dire.

— Sì, questo lo immagino — borbottò Ahn sottovoce. Compassione. O forse era nausea, invece.

Miles decise che poteva sopportare la compassione di Ahn. Non sembravano esserci cenni della solita dannata paternalistica pietà, e neppure — singolare, questo — dell'ancor più solita malcelata ripugnanza. È perché sono qui come suo sostituto, decise. Potrei avere due teste e scaglie da rettile, e sarebbe ugualmente felice di vedermi.

— E questo che lei sta facendo? Segue le orme del grande uomo? — chiese Ahn pacatamente. Poi, con una sfumatura di dubbio: — Qui?

— Io sono un Vor — disse in fretta Miles. — Servo l'Imperatore. O almeno ci provo. Dovunque mi mandino. Questo è il patto.

Ahn scrollò le spalle con aria perplessa; Miles non avrebbe saputo dire se per la sua affermazione o per i capricci di un Servizio che l'aveva mandato sull'isola Kyril. — Be'… — Con un grugnito l'uomo si spinse in posizione eretta. — Niente allarmi wha-wha, oggi.

— Niente allarmi cosa?

Ahn sbadigliò. Poi batté una fila di cifre — dopo aver annusato l'aria e nient'altro, a quel che Miles poteva dire — sul computer tascabile dove aggiornava le previsioni giornaliere ora per ora. — Wha-wha. Nessuno le ha ancora parlato del wha-wha?

— Non credo…

— Be', avrebbero dovuto farlo, come prima cosa. Dannatamente pericoloso, il wha-wha.

Miles si chiese se Ahn si stesse divertendo a prenderlo per il bavero. Battute e atteggiamenti di quel genere, come aveva scoperto, potevano essere un sottile metodo per vittimizzare qualcuno, per arrivare a colpirlo aggirando la barriera del rango. L'odio che si sfogava in un pestaggio infliggeva soltanto dolore fisico.

Ahn si protese sulla ringhiera per indicare il terreno. — Ha notato tutte quelle corde distese fra un edificio e l'altro? Si trovano lì per quando arriva il wha-wha. E dovrà aggrappatisi saldamente, se non vuol essere soffiato via. Nel caso che perda la presa, comunque, ricordi di non allargare le braccia per cercare di fermarsi. Ho visto gente spaccarsi un polso in questo modo. Si chiuda a palla e rotoli.

— Cosa diavolo è il wha-wha, Signore?

— Un vento d'inferno. Improvviso. Ho cronometrato sette minuti, a volte, fra uno stato di calma totale dell'aria e raffiche di 160 chilometri orari, con una temperatura che da dieci gradi sopra zero scendeva a venti sotto. E può durare da un quarto d'ora a due giorni filati di seguito. Solitamente soffia da nord-ovest, qui, quando si verificano le condizioni adatte. La stazione automatica sull'altra costa ci dà un preavviso di una ventina di minuti. Qui abbiamo una sirena. Quando suona, significa che uno non deve farsi sorprendere all'aperto senza equipaggiamento invernale pesante, oppure a più di quindici minuti di distanza da un bunker. Ci sono bunker sparsi un po' dappertutto intorno al terreno d'addestramento, laggiù. — Ahn alzò un braccio per mostrargli la direzione. Sembrava molto serio, perfino ansioso. — Appena lei sente la sirena, corra al coperto il più presto possibile. Un uomo leggero come lei può essere trascinato da qui fino in mare, e una volta che sia finito in acqua nessuno lo ritrova più.

— Va bene — disse Miles, ripromettendosi di controllare quelle notizie sulle registrazioni meteorologiche della base alla prima occasione. Si protese per dare un'occhiata allo schermo del computer di Ahn. — Dove ha letto quelle cifre, signore? Quelle che ha appena battute.

L'uomo fissò il display, accigliato. — Be'… questi sono i dati precisi.

— Non mi riferivo alla loro precisione, signore — disse pazientemente Miles. — Quello che vorrei sapere è come le ha ottenute. Così domani potrò cercare di farlo io, mentre lei è ancora disponibile per correggere i miei errori.

Ahn agitò una mano con un gesto fra seccato e incerto. — Be'…

— Non è che lei se le sia immaginate, no? — disse Miles, che quel sospetto l'aveva.

— No! — esclamò Ahn. — Sono calcoli che faccio senza pensarci. È… l'odore dell'aria, direi, diverso da un giorno all'altro. — E inalò un lungo respiro, come per dimostrarlo.

Miles alzò la testa e annusò, in via sperimentale. Aria salmastra, fredda, odore di fango, umidità e muffa. E circuiti surriscaldati in qualcuna delle apparecchiature accanto a loro. Ma la temperatura, la pressione e l'umidità che c'erano in quel momento, e tantomeno quelle che ci sarebbero state nelle diciotto ore successive, non si trasformarono in cifre di alcun genere nelle sue narici. Accennò con un pollice verso i sensori termici e i barometri. — Per caso ha da darmi un odorimetro o qualcosa del genere, in modo che io possa ripetere quello che lei ha appena fatto?

Ahn sembrava sinceramente sorpreso, come se non avesse mai pensato che un ufficiale meteorologico potesse non disporre di un sistema di sensori interni simile al suo. — Mi spiace, alfiere Vorkosigan. Ci sono i normali programmi per ottenere le proiezioni computerizzate, naturalmente, ma a dire la verità io non li uso da anni. Non sono abbastanza precisi.

Miles lo fissò, e solo in quel momento comprese l'orrìbile verità. Ahn non stava scherzando, né lo prendeva in giro. Erano i suoi quindici anni di esperienza, funzionanti a livello inconscio, a svolgere il lavoro previsionale per cui era pagato. Anni di esperienza, e un risultato pratico che lui non avrebbe saputo come imitare. E neppure sarei così idiota da provarci, si disse.

Più tardi, nel pomeriggio, adducendo la ragione che gli occorreva subito un po' di pratica coi sistemi computerizzati, Miles ne approfittò per controllare negli archivi della Base le inattese dichiarazioni di Ahn. L'ufficiale non aveva affatto esagerato circa il wha-wha. Peggio ancora, gli aveva detto la pura verità anche sui programmi per le proiezioni meteorologiche: il sistema automatico computerizzato forniva previsioni climatiche locali precise solo all'86%, mentre per le previsioni a medio termine (settimanali) la percentuale si abbassava al 73%. Ahn e il suo naso magico riuscivano invece ad avere una percentuale di previsioni esatte del 96%, mentre per quelle a medio termine scendevano al 94%. Quando Ahn se ne andrà, l'esattezza delle previsioni dell'ufficio meteorologico di quest'isola avrà un calo dall'11 al 21%. È un fatto che sarà senza dubbio notato.

Occuparsi delle previsioni del tempo a Campo Cessofreddo era, chiaramente, una responsabilità maggiore di quanto Miles avesse creduto all'inizio. Sembrava anzi che da quelle parti il tempo sapesse rivelarsi molto sgradevole, o addirittura mortale.

E tutto ciò che questo tipo mi dice, prima di tagliare la corda e lasciarmi solo sull'isola con seicento uomini armati, è di annusare l'aria e stare attento ai wha-wha?

Il mattino del quinto giorno, quando Miles era quasi disposto ad ammettere che la sua prima impressione era stata troppo pessimista, Ahn non si fece vedere. Per oltre un'ora aspettò che il luogotenente e il suo naso venissero in ufficio a svolgere il loro compito quotidiano. Poi trasferì le letture degli strumenti nel computer, le affidò al programma per le previsioni standard e intanto che questo le elaborava uscì alla ricerca del collega.

Non lo trovò né alla mensa né al circolo ufficiali: Ahn era ancora nel suo alloggio, nel suo letto, e russava ubriaco fradicio, col riscaldamento al massimo e l'aria che puzzava di… brandy alla frutta? Miles avanzò nella stanza con una smorfia. Lo scosse per una spalla, gli diede alcuni schiaffetti e gli gridò in un orecchio, ma non servì a niente. Il solo risultato dei suoi tentativi fu un mugolio irritato, emesso il quale Ahn sprofondò di nuovo fra le sue coperte e i suoi miasmi. Con un certo rimpianto Miles scartò l'idea di trascinarlo sotto la doccia e prenderlo a calci finché avesse aperto gli occhi, e si rassegnò a fare il lavoro da solo. Quella sarebbe stata ben presto la sua sola scelta, in ogni modo.