— È difficile stabilire la pace fra due avversari ognuno dei quali sia vigliacco, e quindi spietato, a suo modo — rifletté Miles. — La guerra non è mai fine a se stessa, salvo che nelle rare circostanze in cui la disperazione annienta ogni via d'uscita fuorché quella per l'inferno. Entrambe le parti vogliono tornare alla pace. Una pace migliore di quella che c'era prima.
— Allora vince chi sa essere più spietato, e più a lungo? — ponderò Gregor.
— Non è… storicamente vero, credo. Se ciò che fai durante la guerra ti degrada al punto che la pace sarà peggiore di… — Rumori umani nella stiva fecero sussultare Miles a metà della frase, ma erano soìtanto Tung e Mayhew già di ritorno.
— Muoviamoci — li esortò Tung. — Se Arde non rispetta l'orario desterà dei sospetti.
Scesero nella stiva, dove Mayhew li attendeva accanto a un carrello da trasporto. Sul pianale c'era una cassa di legno larga poco più di un metro, vuota. — Il tuo amico può passare per un militare della nostra flotta — disse Tung a Miles. — Per te ho trovato una comoda cassa. Sarebbe più classico portarti a bordo arrotolato in un tappeto, ma visto che sei un uomo dubito che il capitano del mercantile apprezzerebbe il riferimento storico.
Miles esaminò la cassa senza entusiasmo. Sembrava che non ci fossero fori d'areazione. — Di che mercantile si tratta?
— Abbiamo certi arrangiamenti particolari per far entrare e uscire in segreto i nostri agenti. Tempo fa ci siamo accordati col capitano di una nave da carico, che ne è anche il proprietario… è di Vervain, ma ha già fatto tre volte questo servizio per noi. Vi porterà fino a Stazione Vervain e provvederà a farvi passare oltre la dogana. Poi dovrete cavarvela coi vostri mezzi.
— Fino a che punto funzionano bene questi vostri arrangiamenti particolari? — si preoccupò Miles.
— Non bene quanto vorrei, tutto considerato — ammise Tung. — Lui sa solo che siete Mercenari Oserani, e poiché viene pagato bene terrà la bocca chiusa. Sarà difficile che qualcuno gli faccia domande, al suo ritorno qui, comunque lui conosce soltanto me e potrà mettere nei guai soltanto me. Elena e Arde non si faranno vedere.
— Ti sono grato — disse a bassa voce Miles.
Tung annuì, poi ebbe un sospiro. — Se solo tu fossi rimasto con noi… che mercenario avrei potuto fare di te, in questi quattro anni!
— Se lei dovesse trovarsi senza lavoro per averci aiutato — disse Gregor, — Elena saprà come metterla in contatto.
Tung sogghignò. — In contatto con cosa?
— Meglio non parlarne, ora — disse Elena, aiutando Miles a entrare coi piedi nella cassa.
— D'accordo — borbottò Tung. — Ma… be', lasciamo perdere.
Miles si trovò faccia a faccia con Elena, per l'ultima volta da lì a… a quando? La giovane donna lo abbracciò, ma come una sorella, e salutò Gregor con lo stesso abbraccio. — Di' a tua madre che le voglio bene — raccomandò a Miles. — Penso spesso a lei.
— Certo. Uh… salutami Baz. Digli che ha agito nel modo migliore. Per me viene prima di tutto la tua sicurezza, la tua e la sua. I Dendariinon sono… non sono… — Ma gli fu impossibile dire che non erano importanti, che erano stati soltanto un sogno ingenuo per lui, o un'illusione, anche se questo non era lontano dalla verità. — Non sono tutto — finì, in fretta.
Lo sguardo che lei gli rivolse fu freddo, aspro, indecifrabile. No… fin troppo decifrabile, fu costretto a dirsi. «Idiota», o una parola ancor più forte con la stessa motivazione. Sedette nella cassa, abbassò la testa sulle ginocchia e attese che Mayhew chiudesse il coperchio, sentendosi come un animale di scarso valore in procinto d'essere trasportato allo zoo.
Il trasferimento avvenne senza problemi. Miles e Gregor si trovarono installati in una piccola ma decente cabina che in origine era stata un ripostiglio per gli attrezzi, a lato della stiva. La nave mercantile si staccò dal molo, lasciandosi alle spalle la Stazione Aslund e il pericolo che essa rappresentava, circa tre ore dopo il loro arrivo a bordo. Non ci furono interventi da parte dei mercenari di Oser né della polizia doganale, neppure via radio. Tung, riconobbe Miles, sapeva fare le cose a dovere.
Con suo immenso sollievo scoprì che poteva godersi tranquillamente una doccia, mangiare pasti decenti, far lavare e stirare i suoi indumenti, e dormire quanto voleva e in tutta sicurezza. Il ridotto equipaggio sembrava allergico a quella zona dello scafo, e lui e Gregor furono lasciati soli. In pace per tre giorni, mentre attraversavano di nuovo il Mozzo Hegen a media velocità, senza uscire mai dallo spazio normale. Prossima tappa, il consolato di Barrayar su Stazione Vervain.
Oh, Dio, appena arrivati là gli sarebbe toccato fare un rapporto scritto su ogni sua mossa. Confessioni e giustificazioni nello stile burocratico preteso dalla Sicurezza Imperiale (conciso, ma senza tralasciare un solo particolare, a giudicare dagli esempi che aveva letto). Ungari, reduce da quelle stesse esperienze, avrebbe prodotto colonne di numeri e di nomi già pronti per essere analizzati in sei diversi modi. Lui cos'aveva contato ed elencato? Niente. Mi hanno portato dentro in una cassa. Aveva poco da offrire, salvo le vaghe impressioni basate sugli sguardi che aveva gettato qua e là, con le budella contratte dalla tensione, in posti dove il suo unico interesse era quello di andarsene alla svelta. Forse avrebbe potuto centrare il suo rapporto sulla situazione politica generale… o no? L'opinione di un alfiere. Chissà come ne sarebbero rimasti impressionati gli alti comandi.
Comunque qual era la sua opinione, al momento? Be', Pol non sembrava essere all'origine dei guai del Mozzo Hegen; i polani non stavano agendo, ma reagendo. I confederati erano supremamente disinteressati alle avventure militari, dato che l'unico pianeta di cui avrebbero potuto impossessarsi senza rischiare di uscire dalle spese previste era Aslund, e non era facile trarre profitti da un pianeta a malapena terraformato e sostanzialmente agricolo. Aslund era abbastanza paranoico da rivelarsi pericoloso, ma militarmente tutt'altro che preparato, e difeso da una flotta mercenaria che aspettava solo una scintilla per esplodere in almeno due fazioni avverse. Non poteva rappresentare una minaccia grave o durevole per nessuno. L'attività, l'energia per destabilizzare la situazione politica, poteva dunque venire soltanto da Vervain… o da un'altra direzione ma attraverso Vervain. Come si poteva scoprire chi… no. Lui aveva giurato di farla finita con quei giochetti. Vervain era un problema di qualcun altro.
Miles si chiese se Gregor non potesse dargli l'Esenzione Imperiale dalla necessità di scrivere un rapporto, e se Illyan l'avrebbe accettata. Probabilmente no.
Gregor era molto tranquillo. Disteso sulla sua cuccetta con le mani dietro la nuca, Miles sorrise nel guardare il giovane Imperatore che — con un certo rammarico, gli parve — si levava l'uniforme da mercenario per sostituirla con gli abiti civili avuti in regalo da Arde Mayhew. I pantaloni spiegazzati, la camicia e la blusa erano un po' troppo corti e larghi per la struttura snella di Gregor. Così vestito aveva l'aria di un disoccupato appena uscito da un centro di assistenza per gli indigenti.
Gregor notò il suo sorrisetto, ma non se la prese. — Sai una cosa? — disse. — Nei panni dell'ammiraglio Naismith mi facevi uno strano effetto. Come una persona del tutto diversa.
Miles si girò su un gomito e scrollò le spalle. — Suppongo che Naismith sia me stesso senza i supporti ortopedici. Nessun impaccio, nessun legame. Lui non deve essere un bravo piccolo Vor, né un alfiere ubbidiente. Non ha problemi coi superiori, perché non è subordinato a nessuno.
— L'ho notato. — Gregor piegò l'uniforme bianca e grigia con cura, nel modo barrayarano. — Non hai mai rimpianto di aver lasciato i Dendarii?
— Sì… no… non lo so. — Profondamente. Essere al comando aveva avuto il suo fascino. Ed era stato come una catena fra lui e gli altri. Una volta spezzata non spariva del tutto; restava addosso in parte, penzoloni. — Tu non rimpiangi il tuo contratto di lavoro su quella stazione, no?