— Be'… non era il meglio che avrei potuto desiderare. Ma è stato strano dover lottare per non essere buttato nello spazio. Dei completi sconosciuti che volevano uccidermi senza neppure sapere chi ero. Voglio dire, se degli sconosciuti cercassero di uccidere l'Imperatore di Barrayar, potrei capirlo. Questo fatto, invece… credo che dovrò pensarci sopra.
Miles si concesse un breve sogghigno. — È come essere amato per te stesso, invece che per i tuoi soldi. Solo, al contrario.
Gregor gli diede un'occhiata penetrante. — È stato strano anche rivedere Elena. La nobile e rispettosa figlia di Bothari… è cambiata.
— Era quello che speravo per lei — disse Miles.
— Sembra piuttosto attaccata al suo marito-disertore.
— Già — rispose seccamente lui.
— Anche questo avevi sperato per lei?
— Non sono stato io a deciderlo. È accaduto… inevitabilmente, visto il suo carattere così rigido. Avrei dovuto prevederlo. Ma visto che il suo concetto di lealtà ha appena salvato le nostre vite, non ho il diritto di… lamentarmene, no?
Gregor inarcò un sopracciglio, con aperto sarcasmo. Miles sbuffò, irritato. — In ogni modo, io le auguro ogni bene. Oser sembra ormai capace di tutto. Credo che lei e Baz siano protetti soltanto dai fedeli di Tung, che probabilmente diminuiscono sempre più.
— Mi ha sorpreso che tu abbia rifiutato l'offerta di Tung — disse Gregor. — Ammiraglio all'istante. Avresti potuto evitare tutti i noiosi decenni di servizio che occorrono su Barrayar.
— L'offerta di Tung? — Miles scosse il capo. — Ma non l'hai sentito? Credevo che avessi detto di aver visto le conferenze di mio padre sul potere. Tung non mi ha offerto il comando: mi ha offerto una battaglia, e con molto meno di cinquanta possibilità su cento di uscirne bene. Lui cercava un alleato, una bandiera, un motore per il suo veicolo, non un capo.
— Ah. Mmh. — Gregor si sdraiò sulla sua cuccetta. — Forse. Ma mi chiedo se tu avresti scelto questa prudenziale ritirata, se io non fossi stato con te. — Lo fissò a occhi socchiusi, intensamente.
Miles si perse in alcune ipotesi. Un'interpretazione piuttosto liberale dell'ordine di Illyan «Usi l'alfiere Vorkosigan per togliere di scena i Mercenari Dendarii» avrebbe forse potuto perfino autorizzare un eventuale… no. No. — Escludilo pure. Se non mi fossi imbattuto nella tua persona, sarei in viaggio per Escobar con la scorta del sergente Keller. E tu, suppongo, saresti ad avvitare lampadine e pannelli, felice inquilino del Cubicolo 8, Modulo B. — A patto, ovviamente, che il misterioso Cavilo (comandante dei Randall Rangers?) non fosse riuscito a comprargli una condanna a vita per omicidio dal tribunale della Stazione Confederata.
E dove poteva esser finito il sergente Keller? Aveva fatto rapporto sull'accaduto al Quartier Generale? Era riuscito a contattare Ungari? Stava cercando di seguire le sue tracce? Oppure Cavilo aveva deciso di spendere un piccolo extra per pagargli un soggiorno nel carcere dei confederati? Ma speculare sugli interrogativi serviva a poco.
— Ormai ne siamo fuori — disse Miles a Gregor.
Lui si sfregò il segno violaceo che gli era rimasto sul volto pallido, ricordo del suo incontro con uno sfollagente-storditore. — Già, probabilmente. Ma stavo diventando piuttosto svelto ad avvitare lampadine, comunque.
Ci siamo, finalmente, sospirò fra sé Miles, mentre lui e Gregor seguivano il capitano del mercantile nel tubolare collegato al molo della Stazione Vervain. Be', non ancora, forse. Il capitano era un po' teso, garbato ma chiaramente nervoso. Tuttavia, se aveva già dato un passaggio ad altri tre agenti segreti prima di loro, ormai doveva sapere come procedere.
La lunga distesa dei moli con la sua luce cruda era la stessa echeggiante caverna di ogni stazione, coi pavimenti strutturati a griglia per i sensori dei robot, più che per i piedi umani. Ma in quel momento non si vedevano uomini in giro, e anche le macchine tacevano nell'immobilità. Qualcuno, suppose Miles, s'era preso il disturbo di sgombrare la strada per loro, anche se lui avrebbe scelto di attraversare la zona nel più indaffarato periodo di carico e scarico.
Gli occhi del capitano saettavano da un angolo all'altro. Miles non poteva fare a meno di seguire i suoi sguardi. Girarono a destra e si fermarono dietro un deposito della dogana merci.
— Aspetteremo qui — disse il capitano. — Sarete prelevati da alcuni uomini che vi scorteranno ai piani superiori della stazione. — Si appoggiò a un angolo del magazzino e per alcuni minuti non fece che battere ritmicamente un tacco contro la plastica scolorita della parete. D'un tratto si volse verso lo sbocco di un corridoio.
Rumore di passi. Cinque o sei uomini apparvero all'incrocio, e nel vederli Miles s'irrigidì. Uomini armati, preceduti da un ufficiale o un caposquadra, ma quelle che indossavano — tute militari color cachi, a mezze maniche, con una quantità di mostrine ed etichette azzurre e bassi stivaletti neri — non erano le uniformi della polizia di Vervain né delle forze armate. E impugnavano storditori di grosso calibro, accesi e pronti all'uso. Ma se marciano come una squadra di poliziotti, e si comportano come se qui fossero i padroni, e hanno tutta l'aria di…
— Miles — mormorò Gregor, colpito dagli stessi dubbi, — credi che sia la gente chiamata da quest'uomo? — Alcuni stavano sollevando le armi. E le puntavano nella loro direzione.
— È una cosa che ha già fatto tre volte — lo rassicurò lui, poco convinto. — Perché dovrebbe andar male proprio con noi?
Il capitano del mercantile ebbe un sorrisetto storto e si allontanò dal muro, scostandosi dalla linea di tiro. — Le prime due volte è andato tutto liscio — disse. — La terza volta mi hanno preso.
Le mani di Miles furono scosse da un tremito. Le tenne bene in vista, stringendo i denti per non imprecare selvaggiamente contro l'individuo. Gregor alzò le braccia senza una parola, pallido e del tutto inespressivo. Le rigide regole della sua vita, una vita che non gli era mai appartenuta completamente, avevano inculcato in lui un autocontrollo invidiabile.
Tung era stato certo di aver organizzato la cosa alla perfezione. Possibile che l'avesse saputo? Possibile che li avesse venduti? No, non riesco a crederci. - Tung ha detto che potevamo fidarci di lei — disse Miles al capitano.
— Chi è Tung per me? — sbottò lui. — Io ho famiglia, ragazzo.
Tenendoli sotto la minaccia degli storditori (Dio, ancora gli scagnozzi di qualcuno!) due uomini fecero voltare Miles e Gregor con le mani poggiate alla parete e li perquisirono, liberandoli dalle armi e dai diversi documenti presi agli Oserani. L'ufficiale esaminò le carte d'identità. — Sì, sono uomini di Oser. Benissimo. — Accese il comunicatore da polso. — Li abbiamo presi.
— Restate dove siete — rispose una voce sottile. — Cavilo sta scendendo con una squadra.
Randall Rangers, dunque. Ecco a chi appartenevano quelle uniformi sconosciute. Ma perché non c'erano vervani nei dintorni? — Mi scusi — disse Miles in tono pacato, — ma posso domandarle se per caso ci avete scambiato per agenti di Aslund? Credo che ci sia stato un malinteso.
L'ufficiale abbassò lo sguardo su di lui e sbuffò.
— Mi chiedo se non sia tempo di rivelare la nostra vera identità — sussurrò Gregor.
— Interessante dilemma — annuì Miles. — Ma meglio aspettare finché sapremo se costoro fucilano le spie.
Ci fu il tonfo della porta di un elevatore, e poi un rapido ticchettio di passi. L'ufficiale e i suoi uomini scattarono sull'attenti mentre i nuovi venuti giravano l'angolo del corridoio. Anche Gregor rizzò le spalle e fece sbattere i tacchi, assumendo una posa che i vecchi indumenti di Arde Mayhew resero incongrua. Ma l'atteggiamento di Miles fu molto meno militaresco, perché lo stupore improvviso l'aveva paralizzato. Sbatté le palpebre, incredulo.