Alta un metro e cinquanta, con una decina di centimetri in più grazie ai tacchi degli eleganti stivaletti neri. Un casco di capelli biondo-platino stretti intorno alla bella testa come i petali di una margherita chiusa. Un'uniforme nera e ocra che nel suo aderente fluire su ogni movimento parlava un linguaggio più espressivo di qualsiasi parola. Livia Nu.
— Signora. — L'ufficiale la salutò. — Questi sono i clandestini, comandante Cavilo.
— Molto bene, tenente. — I suoi occhi turchini, prendendo visione di Miles, si spalancarono un istante. Sorpresa che fu subito mascherata. — Oh, cielo! Il caro Victor. — La sua voce divenne una colata di melassa, ironica ed esageratamente deliziata, — Ma che piacere incontrarla qui, Victor. Ancora in giro alla ricerca di fortunati a cui proporre le sue tute miracolose?
Miles allargò le mani vuote. — Oggi il mio bagaglio è tutto qui, signora. Avrebbe dovuto comprare quando ne aveva l'occasione.
— Non sono stata la sola a rifiutare un'occasione. Ricorda? — Il suo sorrisetto era distaccato, speculativo. Miles notò il breve lampo dei suoi occhi a quella battuta e deglutì, a disagio. Gregor li osservava senza capire, ammutolito e stupefatto.
Così il tuo nome non è Livia Nu, e non sei un agente di commercio. Allora, perché diavolo il comandante dei mercenari assoldati da Vervain s'era incontrato in incognito, su una stazione di Pol, con il plenipotenziario della House Fell del Gruppo Jackson? Quello non era soltanto commercio d'armi, dolcezza.
Cavilo/Livia Nu accostò alle labbra di corallo il comunicatore da polso. — Mano di Kurin? Passami l'infermeria. Qui Cavilo. Sto per mandarvi un paio di prigionieri per il trattamento chimico. Forse assisterò all'interrogatorio di persona. Chiudo. — Riabbassò il braccio.
Il capitano del mercantile si fece avanti, con aria fra spaurita e combattiva. — Mia moglie e mio figlio. Ora dimostratemi che sono ancora vivi.
Lei lo considerò pensosamente. — Lei potrebbe servirci per un altro viaggio, si. D'accordo. — Fece un cenno a uno degli uomini. — Accompagnalo sulla Kurin, in sala controllo, e lasciagli dare uno sguardo al monitor. Poi riportalo da me. Lei è un traditore fortunato, capitano. Ho un altro lavoro, grazie a cui potrà avere qualcosa per i suoi familiari…
— La libertà? — domandò l'uomo.
Cavilo si accigliò, seccata. — Perché dovrei aumentarle il salario? Avranno un'altra settimana di vita.
Lui strinse i pugni e parve sul punto di dire qualcosa; poi tacque, prudentemente, e si allontanò insieme al mercenario.
Che diavolo stanno organizzando, qui? si chiese Miles. Non sapeva molto di Vervain, ma era certo che neppure sotto la legge marziale un governo poteva spingersi al punto di tenere in ostaggio degli innocenti per garantirsi i servizi di un traditore.
Quando il capitano fu scomparso, Cavilo accese di nuovo il comunicatore. — Mano di Kurin? Passami il capo della sicurezza. Ah, qui Cavilo. Ti sto mandando il mio recalcitrante doppiogiochista. Mandagli su un monitor la registrazione fatta la settimana scorsa nella Cella Sei. Non fargli capire che non è in diretta, d'accordo? Chiudo.
Allora i familiari dell'uomo erano liberi? Li avevano portati altrove? Erano già stati uccisi? Miles si chiese in che situazione fosse andato a cacciarsi.
Altri stivali percossero la pavimentazione del corridoio, pesanti e militareschi. Cavilo stava sorridendo aspramente, ma la sua espressione si raddolcì quando si volse a salutare il massiccio individuo appena apparso.
— Stanis, caro. Guarda chi è rimasto nella nostra rete, stavolta. È quel piccolo rinnegato betano che smerciava armi di contrabbando su Pol Sei. Sembra che non lavori soltanto per sé, dopotutto.
L'uniforme nera e ocra dei Rangers faceva un bell'effetto anche addosso al generale Metzov, dovette riconoscere Miles. Ora sarebbe stato il momento di roteare gli occhi e cadere svenuto, se non fosse già stato immunizzato contro le sorprese di Stazione Vervain.
Il generale Metzov non era rimasto meno sbalordito, ma quella che si accese nei suoi occhi grigio-acciaio fu una scintilla di gioia satanica. — Questo signore non è un betano, Cavy.
CAPITOLO DODICESIMO
— È un barrayarano. E non un barrayarano qualsiasi. Dobbiamo portarlo al sicuro, senza che nessuno lo veda, e subito — continuò Metzov.
— Chi può averlo mandato, allora? — Cavilo si volse a esaminare Miles con una smorfia perplessa.
— Dio! — affermò fervidamente Metzov. — È stato Dio a metterlo nelle mie mani. — La voce allegra di Metzov aveva una nota stridula, preoccupante. Perfino Cavilo inarcò un sopracciglio.
Metzov si accorse della presenza di Gregor e gli gettò un'occhiata. — Ora prenderemo il nostro piccolo amico e questo… la sua guardia del corpo, suppongo… — S'interruppe, incerto.
Le fotografie di Gregor appese negli uffici risalivano al tempo della sua incoronazione e gli somigliavano poco, ma non passava settimana senza che l'Imperatore apparisse in qualche notiziario. Non così malmesso e spettinato, ovviamente… Miles poté quasi leggere nella mente di Metzov: «Questa faccia non mi è nuova. Ora mi sfugge il nome, però…» Ma forse non avrebbe riconosciuto Gregor. Forse non ci avrebbe creduto.
Irrigidito in un atteggiamento dignitoso per celare il suo sconcerto, Gregor domandò: — Questa persona è un altro dei tuoi vecchi amici, Miles?
Fu il tono colto, misurato, di quelle parole a far scattare il contatto. Metzov ebbe un fremito e impallidì per l'improvvisa eccitazione. Il suo sguardo saettò lungo il molo… in cerca di Illyan, suppose Miles.
— Uh… questo è il generale Stanis Metzov — gli spiegò.
— Il Metzov dell'isola Kyril?
— Già.
— Oh. — Gregor mantenne un'espressione contegnosa, quasi disinteressata.
— Dov'è la sua scorta, signore? — chiese Metzov con voce rauca, più spaventato di quel che gli piacesse mostrare.
Ce l'hai davanti, si dolse Miles.
— Non molto lontano, immagino — mentì freddamente Gregor. — Eviti di disturbare la Nostra persona, e si risparmierà delle noie.
Cavilo agitò una mano con impazienza. — Chi è questo individuo?
Prima che Metzov potesse rispondere, Miles gli chiese: — Lei cosa sta facendo qui?
Lui ebbe una smorfia cupa. — Come crede che possa vivere un uomo della mia età, criminosamente privato della pensione e derubato dei suoi risparmi? S'illudeva che mi sarei ritirato a morire di fame in una baracca? No, ragazzo. Non Stanis Metzov!
Era stato poco opportuno ricordargli i suoi motivi di rancore, si disse Miles. — Be', sembra che per lei questo sia un miglioramento rispetto all'isola Kyril. Climatico, se non altro. Ha un colorito più sano — disse, sperando di placarlo. La sua mente girava a vuoto. Metzov che lavorava agli ordini di una donna? La dinamica dei loro rapporti aveva degli aspetti interessanti. Stanis caro?
Metzov non fu divertito dalle sue osservazioni.
— Chi è costui? — domandò ancora Cavilo.
— Potere. Denaro. E la leva per ottenere tutto questo. Più di quanto tu possa immaginare — rispose Metzov.
— E guai — puntualizzò Miles. — Anche questi più di quel che possiate immaginare.
— Lei è una faccenda che riguarda me, storpio mutante — ringhiò l'uomo.