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«Eppure non ha ucciso il piccolo Tommy Robinson.»

«Credi che questo possa scusare ciò che ha fatto?» commentò Sylvia in tono brusco.

King la fissò sopra l’orlo del bicchiere. «No.» Si alzò e prese la bottiglia di vino che aveva portato con sé. «Questo vino d’annata si apprezza meglio all’aperto.» Era stufo marcio di parlare di Eddie. Non ne poteva proprio più.

Scesero la rampa di gradini che conduceva al piccolo pontile di Sylvia.

«Quando ti sei fatta il gazebo?» domandò.

«L’anno scorso. Mi piace sedermi qui fuori a guardare il lago.»

«Hai un bel posto per farlo. Però dovresti costruirci uno scivolo per barche. Facci un pensierino.»

«Soffro di mal di mare. E non sono molto brava a nuotare.»

«Sarei felice di insegnarti.»

Si sedettero a finire il vino.

«Ti porterò a fare un giro con il mio motoscafo» disse King dopo un po’. «È un lago veramente sicuro, senza pericoli.»

«Ne sei certo?»

«Assolutamente.»

L’uomo nuotava per quindici metri sotto la superficie dell’acqua e poi emergeva per prendere fiato, prima di tornare sotto. Riemerse con la faccia un’ultima volta, tenendosi a galla e guardandosi intorno. Proprio come aveva pensato: non c’era nessuno di guardia al pontile. Perché mai avrebbero dovuto pensarci? Erano solo poliziotti.

Eddie coprì la breve distanza che lo separava dal pontile con ritmiche bracciate. Nella sua muta nera da sub era praticamente invisibile. Raggiunse la scaletta, si issò a metà fuori dall’acqua e poi si fermò, con l’orecchio teso. Diede una rapida ma dettagliata scorsa alla zona circostante prima di salire l’ultimo gradino e sedersi sul pontile, poi tirò su la sacca a tenuta stagna che era legata a una caviglia. Ne estrasse la pistola e controllò l’orologio. Doveva fare in fretta. Non poteva sperare di fuggire facilmente, sebbene i tuoni rimbombassero già in lontananza. Aveva sentito alla radio che era in arrivo un violento nubifragio: forti venti, pioggia e una quantità di tuoni e fulmini. Non avrebbe potuto chiedere una notte migliore. Gli elementi naturali gli erano sempre favorevoli, a quanto pareva. Ottimo, perché non aveva altri amici.

Si diresse verso la rimessa delle imbarcazioni, armeggiò intorno alla serratura, aprì la porta ed entrò. Prese l’attrezzatura che gli serviva, accese l’interruttore sul montacarichi dello scivolo e si affrettò a tornar fuori, con il telecomando in mano.

Il Formula FasTech stava entrando in acqua. Prima di essere arrestato, aveva avuto l’accortezza di assicurarsi che fosse pronto per essere varato. Il rappresentante della ditta che lo aveva venduto a suo padre aveva detto che era uno dei motoscafi più veloci — se non il più veloce in assoluto — in circolazione sul lago. Be’, a seconda di come andavano le cose, forse avrebbe avuto bisogno di ogni cavallo di potenza di quel gioiello.

Salì a bordo e si sistemò nell’abitacolo. Quando il motoscafo fu completamente in acqua, premette il pulsante di stop sul telecomando. Il silenzio tornò a regnare sovrano. Non avrebbe acceso i fari finché non si fosse parecchio allontanato dalla riva, se mai lo avesse fatto. Era una fortuna che nessun altro della sua famiglia avesse la passione delle barche. Nessuno sarebbe sceso al pontile a quell’ora di notte. Buon per loro. Era di umore omicida, familiari o meno. Sembrava ormai che non ci potesse fare nulla.

Aspettò, aspettò. Ecco là, l’enorme rombo di un tuono mentre il temporale cominciava il suo fuoco di fila. Accese i due Mercruiser quasi simultaneamente, e subito un migliaio di cavalli vapore si svegliarono sotto di lui. Premette l’interruttore di comando, che trasferiva sott’acqua la maggior parte del rumore dei motori. Spinse adagio l’acceleratore e il motoscafo uscì pian piano dal suo scivolo. Puntò la prua verso lo sbocco dell’insenatura, aumentò leggermente la potenza e si allontanò dal pontile a una velocità di circa dieci nodi. Sentiva lo scafo vibrare leggermente sotto di lui, come se i due Mercruiser fossero scontenti che non li stesse spingendo maggiormente, sollevando il motoscafo sulla prua, facendolo planare sulla superficie del lago e lasciandosi dietro tutti. Batté la mano affettuosamente sul cruscotto in plancia. Più tardi, lo prometto.

Non appena uscì in un canale aperto, si portò a metà velocità e il FasTech schizzò immediatamente a trentacinque nodi, con i due Mercruiser non ancora del tutto soddisfatti ma sulla buona strada per esserlo presto. Diede un’occhiata allo schermo colorato GPS al centro del cruscotto e fece rotta a sud-est a 150 gradi. Sul lago non c’erano altre imbarcazioni, e conosceva benissimo quello specchio d’acqua. I canali di navigazione erano tutti segnalati da boe luminose: boe rosse lampeggianti numeri pari verso monte e boe verdi lampeggianti numeri dispari verso valle. Le secche erano segnalate con abbaglianti luci bianche. Sapeva comunque dove si trovavano. Le conosceva a una a una. L’unico problema erano le insenature, in cui i punti bassi non sempre erano indicati e la terraferma si protendeva in acqua irregolarmente. Tuttavia suo padre aveva fatto dotare il FasTech di un radar supplementare, perciò Eddie non aveva la preoccupazione di andare ad arenarsi, persino nelle baie più piccole. Grazie, papà, sono in debito con te, gran figlio di puttana.

Continuò a tenere spenti i fari e aumentò la velocità a cinquanta nodi. Spostava in continuazione lo sguardo tra l’orizzonte scuro oltre la prua davanti a sé e il GPS di bordo. I Mercruiser erano abbastanza su di giri; se non altro lo scafo aveva smesso di vibrare. Ora stava planando sulla superficie del lago a gran velocità, filando come un missile, anche se il temporale si era fatto minaccioso. Accese la radio VHF e ascoltò le previsioni meteorologiche. Si ordinava a tutte le imbarcazioni di piccolo cabotaggio di rimanere attraccate ai moli. Si consigliava alla gente di chiudere bene i portelli e i boccaporti. Sarebbe stato sicuramente un nubifragio memorabile.

Grazie, Gesù. Aveva tutto il palco solo per sé. Cambiò rotta non appena giunse nel canale principale e puntò la prua a sud-ovest, a 220 gradi sulla bussola. In realtà non era così lontano in linea d’acqua. Era molto più lontano in auto, il che spiegava perché aveva preso il motoscafo. E comunque i piedipiatti avevano messo posti di blocco in tutte le strade. Però c’era un’unica motovedetta, che operava solo il sabato e la domenica, quando il lago era più affollato. Quella notte nessuno gli avrebbe creato problemi.

Si alzò in piedi, tenendosi al volante del timone, e lasciò che il vento impetuoso gli sferzasse il volto e gli scompigliasse i capelli. Quando la brezza aumentò, lo stesso fece la corrente. Ora minacciose increspature bianche profilavano le onde scure. Però il FasTech le fendeva senza il minimo problema e continuava a saltarvi sopra. Eddie alzò lo sguardo verso il cielo minaccioso. Aveva sempre amato la vita all’aria aperta. Andare a cavallo, giocare ai soldati, campeggiare sotto il cielo immenso, dipingere albe mozzafiato, andare a caccia e a pesca, arrivare a comprendere come tutte le cose collaboravano insieme e si sostenevano a vicenda.

Però tutto stava giungendo a conclusione. Era chiaramente consapevole che quella sarebbe stata la sua ultima corsa. Era sorprendente con quale velocità fosse giunta la fine. Era molto forte e in ottima salute, eppure la sua aspettativa di vita aveva raggiunto il culmine all’età di quarant’anni. Ciononostante, quando fosse giunto il suo momento, avrebbe realizzato tutto quello che si era prefissato. Quante persone potevano affermare la stessa cosa? Aveva vissuto la sua vita esattamente alle proprie condizioni, non a quelle imposte da suo padre o da sua madre o da nessun altro. Soltanto le sue.