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«I tau cetani non avevano nessun senso dell’umorismo.»

«Nessuno» convenne Miles. «E neppure mio padre.»

«Hai proprio ragione. Bene…»

La consolle di comunicazione lampeggiò e Ivan dovette schivare Miles che si tuffò per premere il bottone. «Si, signore?» rispose senza fiato.

«Venga nel mio ufficio, tenente Vorkosigan» disse Galeni, il cui volto era più impenetrabile che mai.

«Sissignore. Grazie, signore.» Miles interruppe la comunicazione e schizzò verso la porta. «I miei diciotto milioni di marchi, finalmente!»

«O quello, o ti ha trovato un lavoro in magazzino» fu l’arguto commento di Ivan. «Magari dovrai fare l’inventario di tutti i pesci rossi che ci sono nella fontana del giardino del salone dei ricevimenti.»

«Ma certo, Ivan.»

«Ehi, ma è un compito importante, una sfida: non stanno mai fermi, lo sai.»

«E tu come fai a saperlo?» Miles si interruppe, mentre un lampo malizioso gli brillava negli occhi. «Ivan, davvero ti ha fatto fare una cosa simile?»

«C’era in ballo il sospetto di una falla nella sicurezza. È una lunga storia» rispose Ivan.

«Ci scommetto. Me la racconti dopo. Vado.»

Miles trovò il capitano Galeni che fissava con aria dubbiosa il display sulla sua consolle di comunicazione, come se fosse ancora in codice.

«Signore?»

«Hm.» Galeni si appoggiò allo schienale. «Bene, tenente Vorkosigan, sono arrivati i suoi ordini dal QG di Settore.»

«E allora?»

Galeni strinse le labbra. «E allora confermano la sua temporanea assegnazione al mio personale. Ufficialmente e pubblicamente. Ora può presentarsi all’economato del mio dipartimento e ritirare la sua paga di tenente per questi ultimi dieci giorni. In quanto al resto dei suoi ordini, sono gli stessi di Vorpatril… anzi, potrebbero essere la fotocopia di quegli ordini solo con il nome cambiato. Lei dovrà assistermi come richiesto, tenersi a disposizione dell’ambasciatore e di sua moglie per compiti di scorta e se le avanzerà tempo, trarre vantaggio dalle opportunità culturali che solo la Terra può offrire e che si addicono al suo status di ufficiale imperiale e Lord Vor.»

«Che cosa? Ci dev’essere uno sbaglio! E cosa diavolo sono i compiti di scorta?» Sembra una roba da ragazze squillo!

Un leggero sorriso increspò un angolo della bocca di Galeni. «In massima parte si tratta di presenziare in uniforme di gala ai ricevimenti ufficiali dell’ambasciata, comportandosi da Vor a beneficio dei nativi. C’è un numero sorprendente di persone che prova una strana attrazione per gli aristocratici, anche per quelli di un altro pianeta.» Il suo tono lasciava intendere che lui considerava davvero "strana" quell’attrazione. «Mangerà, berrà, ballerà forse…» e qui il suo tono si fece dubbioso «e in generale si comporterà in modo squisitamente educato con tutti coloro che l’ambasciatore desidera… uh… impressionare. Qualche volta le verrà chiesto di ricordare e poi di riferire delle conversazioni. Vorpatril è un maestro in questo e devo ammettere che la cosa mi ha sorpreso. Potrà spiegarle lui tutti i particolari.»

Non ho bisogno di prendere lezioni di buone maniere da Ivan pensò Miles. E poi i Vor sono una casta militare, non aristocratica. Ma cosa diavolo era passato per la testa a quelli del QG? Quella era una cosa troppo ottusa anche per la loro mentalità.

Però, se non avevano nulla in programma per i dendarii in quel momento, perché non approfittare di quell’opportunità per far acquistare al figlio del Conte Vorkosigan qualche strato in più di vernice diplomatica? Tutti sapevano che senza dubbio era destinato al massimi livelli del Servizio… e di certo non poteva avere esperienze meno varie e diversificate di quelle di Ivan. Non si trattava del contenuto di quegli ordini, era solo la mancanza di separazione dal suo altro personaggio che era così… inaspettata.

Eppure… riferire conversazioni. Che quello fosse il prologo a qualche speciale compito spionistico? Forse in seguito; e magari erano già in viaggio tutti i dettagli che avrebbero chiarito la cosa.

Non voleva pensare nel modo più assoluto alla possibilità che il QG avesse finalmente deciso che era giunto il momento di chiudere definitivamente e per sempre le operazioni segrete dei dendarii.

«Be’…» disse in tono imbronciato, «va bene…»

«Sono molto contento che trovi gli ordini di suo gradimento, tenente» mormorò Galeni.

Miles arrossì e strinse le labbra. Se solo avesse potuto essere sicuro che i dendarii erano a posto, tutto il resto non avrebbe avuto importanza. «E i miei diciotto milioni di marchi, signore?» chiese, facendo attenzione a mantenere un tono dimesso, questa volta.

Galeni tamburellò con le dita sulla scrivania. «Con il corriere non è arrivato nessun ordine di credito, tenete. Né alcun accenno a un tale ordine.»

«Che cosa!?» strillò Miles. «Ma deve esserci!» Fu sul punto di tuffarsi sulla scrivania per guardare lui stesso lo schermo, ma si trattenne appena in tempo. «Avevo calcolato dieci giorni per tutti…» Il suo cervello cominciò a fornirgli numeri non richiesti: carburante, tariffe del cantiere orbitale, rifornimenti medici, dentistici, chirurgici, le scorte di ordinanza quasi esaurite, le paghe, la liquidità, i margini, i rinnovi… «Maledizione! Ci siamo svenati per Barrayar! Non possono… ci deve essere un errore.»

Galeni allargò le braccia in un gesto impotente. «Senza dubbio, ma è un errore che non è in mio potere rimediare.»

«Inoltri un’altra richiesta… signore!»

«Oh, lo farò.»

«Meglio ancora: mandi me come corriere. Se riuscissi a parlare di persona con il QG…»

«Hmm.» Galeni si sfregò le labbra. «È un’idea allettante… no, meglio di no. I suoi ordini, almeno, sono chiari. I suoi dendarii dovranno semplicemente rassegnarsi ad attendere il prossimo corriere. Se le cose stanno come dice lei» l’enfasi su quelle tre parole non sfuggì a Miles, «sono certo che si risolverà tutto per il meglio.»

Miles attese per un interminabile minuto, ma Galeni non aggiunse altro. «Sissignore.» Salutò ed uscì. Dieci giorni… altri dieci giorni… come minimo… potevano aspettare altri dieci giorni, ma sperava che per allora i cervelloni del QG avessero ridato ossigeno al loro cervello collettivo.

L’ospite femminile di rango più alto al ricevimento di quel pomeriggio era l’ambasciatore di Tau Ceti. Era una donna snella, di età indefinibile, con un viso dalla struttura ossea affascinante e occhi acuti e penetranti. Miles sospettava che la sua conversazione fosse già di per se stessa istruttiva, sottile, politica e brillante. Ma ohimè, poiché era già stata monopolizzata dall’ambasciatore barrayarano in persona, Miles dubitava che avrebbe avuto la possibilità di scoprirlo.

La matrona che gli era stata assegnata doveva il suo rango al marito, che era il Lord Mayor di Londra e che in quel momento si stava intrattenendo con la moglie dell’ambasciatore. La moglie del sindaco sembrava in grado di chiacchierare senza sosta, soprattutto degli abiti indossati dagli altri ospiti. Un cameriere dal portamento militaresco (tutti i camerieri umani dell’ambasciata erano uomini del dipartimento di Galeni), che reggeva un vassoio dorato, gli offrì un bicchiere di vino di colore paglierino e Miles lo prese, grato. Sì, due o tre di quelli e con la sua bassa tolleranza all’alcol sarebbe riuscito a sopportare anche la moglie del sindaco. Non era proprio per sottrarsi a occasioni sociali come quella che lui aveva sudato sette camicie, nonostante i suoi handicap fisici, per entrare nel Servizio Imperiale? Certo, più di tre bicchieri e si sarebbe ritrovato lungo e disteso sul pavimento di maiolica, con un sorriso ebete sul volto, profondamente addormentato e nei guai fino al collo al risveglio. Bevve un lungo sorso e quasi soffocò. Succo di mela… Maledetto Galeni, era davvero scrupoloso. Una rapida occhiata in giro gli confermò che la sua non era la stessa bibita servita agli altri ospiti. Passandosi un dito sull’alto colletto della giacca dell’uniforme, Miles fece un sorrisetto tirato.