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Murray Leinster

Il potere

Memorandum dal professor Charles, Facoltà di Latino, Università di Haverford, al professor McFarland, stessa Università.

Caro professor McFarland,

in una recente partita di documenti latini del quindicesimo secolo, giunti dall’estero, ne abbiamo trovati tre che sembrano collegati. Il nostro interesse va al latino di quel periodo, ma il toro contenuto sembra aver a che fare col suo campo. Glieli invio in una libera traduzione. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa.

Charles

A Johannus Hartmannus, Licentiato in Philosofia abitante alla casa del fabro Grote

Vicolo della Pulce Tinta

Leida, Paesi Bassi

Amico Johannus, ti scrivo la presente dalla Locanda della Testa del Goto, a Padua, il secondo giorno dopo la festa di San Michele, anno Domini 1482. Ti scrivo in fretta, poiché un degno olandese qui incontrato viaggia verso casa e ha promesso di recapitare questa mia corrispondenza. È uno zotico affabile, ma ignorante. Non parlargli di misteri. Non ne sa nulla. Meno di nulla. Ringrazialo, dagli da bere, e parlagli di me come d’uno studioso pio e degno. Poi dimenticati di lui.

Lascerò Padua domani per realizzare tutte le mie speranze e le tue. Questa volta sono sicuro. Sono venuto qui per acquistare aromi e mandragora e le altre cose necessarie per un’operazione della più assoluta, immaginabile importanza, che condurrò fra cinque notti in cima a una certa collina vicino al villaggio di Montevecchio. Ho trovato una Parola e un Nome d’incalcolabili poteri, che nel luogo che conosco dovranno schiudermi la conoscenza di tutti i misteri.

Quando leggerai questa mia, possiederò poteri che Hermetes Trismegistus ha solo lontanamente immaginato, e dei quali Alberto Magno poteva parlare solo per sentito dire. Altre volte prima d’ora sono stato vittima di abbagli, ma qui, ora, ne sono sicuro. Ho visto le prove! Tremo tutto di agitazione mentre ti scrivo. Sarò breve. Mi sono imbattuto in queste prove e nella Parola e nel Nome nel villaggio di Montevecchio. Ero arrivato a cavallo al villaggio al cader della notte, sconsolato perché avevo sprecato un mese a cercare un saggio di cui avevo udito dire grandi cose. L’avevo trovato, infine… ma era soltanto uno stupido antiquario senza nessuna conoscenza dei misteri!

Così, continuando a cavalcare per la mia strada, arrivai a Montevecchio, e colà mi parlarono d’un uomo che proprio allora stava morendo, e proprio a causa delle meraviglie che aveva operato. Era entrato a piedi, nel villaggio, soltanto il giorno prima. Indossava ricchi paludamenti eppure parlava come un uomo semplice e povero. Dapprima si era mostrato tranquillo e umile, ma aveva pagato per il cibo e il vino con un pezzo di oro, e i villici l’avevano adulato e gli avevano chiesto insistenti l’elemosina. Lui aveva gettato loro una manciata di pezzi d’oro, e quando la notizia si fu diffusa, fulmineamente, per tutto il villaggio, tutti impazzirono per la cupidigia. Si ammassarono intorno a lui, gridando e implorando, e assiepandosi con sempre più forza e insistenza quanto più lui si affannava a soddisfarli. Si dice che alla fine si sia spaventato, e che sarebbe fuggito, se i villici non gli si fossero aggrappati, gridando la loro povertà, fino a quando, tutt’a un tratto, i suoi ricchi paludamenti scomparvero e divenne anch’egli un contadino in cenci e la borsa da cui aveva seminato l’oro era un sacco di tela grezza pieno di ceneri.

Questo era accaduto soltanto il giorno prima del mio arrivo, e l’uomo era ancora vivo, anche se ancora per poco, poiché i villici avevano gridato alla stregoneria e l’avevano aggredito a sassate e a frustate, per poi trascinarlo dal prete del villaggio per farlo esorcizzare.

Ho visto l’uomo e gli ho parlato, Johannus, presentandomi al prete come un pio studioso delle insidie che Satana è solito tendere all’umanità sotto forma di stregonerie. Respirava appena, le ossa rotte e le carni trafitte in molte parti dai forconi. Era un nativo di quegli stessi luoghi e fino a quel giorno infausto era stato giudicato da tutti un’anima semplice. Per assicurarsi la mia intercessione presso il prete, perché accettasse di confessarlo prima di morire, quell’uomo mi ha detto tutto. Ed era molto!

Su un certo pendio, quello stesso dove attuerò l’Operazione fra cinque notti, si era appisolato, sul mezzogiorno. E qui, gli apparve un Potere che si offri d’istruirlo nei misteri. Quel contadino era uno sciocco: chiese invece la ricchezza, e così il Potere gli diede ricchi indumenti e una borsa che non si sarebbe mai vuotata fintanto che — l’ammoni il Potere — non si fosse trovata vicina a un certo metallo che distrugge tutte le cose del mistero. E il Potere gli disse anche che, come pagamento di quei benefici, voleva che gli fosse inviato un dotto, ad apprendere quelle stesse cose che gli aveva offerto e che lui aveva rifiutato, incapace di capirle, come tutti i contadini.

Dissi perciò al moribondo che sarei andato di persona a incontrare questo Potere, soddisfacendo così il suo desiderio, e quell’uomo mi confidò il Nome e la Parola che l’avrebbero evocato, e anche il Luogo, e mi implorò di nuovo d’intercedere per lui presso il prete.

A sua volta, il prete mi mostrò l’unica moneta d’oro rimasta, fra quante il contadino aveva distribuito. Era dell’epoca di Antonino il Pio, ma nuova e lustra come se fosse stata appena coniata. Aveva il peso e ogni altra apparenza dell’oro vero. Ma il prete, con una smorfia vi appoggiò sopra il crocefisso che portava appeso a una catenella di ferro alla cintola. L’oro scomparve all’istante, lasciando dietro di sé un tizzone ardente che si raffreddò e divenne un pizzico di cenere.

Questo ho visto coi miei occhi, Johannus! Per cui sono venuto tosto a Padua per comperare spezie e mandragora e le altre cose necessarie per quest’Operazione e rendere così grandi onori a questo Potere che evocherò fra cinque notti. Esso ha offerto saggezza al contadino, che bramava soltanto oro. Ma io desidero la saggezza più dell’oro, e certo sono istruito quanto basta a comprendere misteri e Poteri! Non conosco nessuno al di fuori di te che mi superi nella vera conoscenza delle cose segrete. E quando leggerai questo, Johannus, sorpasserò persino te! Ma potrebbe darsi che io acquisti un sapere che mi consenta di trasportarmi, grazie a un mistero, fino alla tua soffitta, e colà informarti io stesso, prima che ti giunga questa mia lettera, degli esiti di quest’insuperabile buona sorte che mi fa tremar tutto d’agitazione ogni qualvolta ci penso.

Il tuo amico Carolus

alla locanda della Testa del Goto a Padua

fortuna, forse, che mi si sia presentata l’occasione di spedirti una seconda missiva, tramite un soldato sciancato che è stato congedato da una banda di mercenari e viaggi verso casa per poi starsene seduto a poltrire al sole per il resto della sua vita. Gli ho dato un pezzo d’oro e gli ho promesso che tu gliene avresti dato un altro quando ti avesse consegnato questo messaggio. Manterrai o no questa promessa, come ti piacerà, ma c’è quanto meno il valore d’un pezzo d’oro in questo frammento di pergamena coperto da strani simboli, che allego qui per te.

Ordunque: Sono in comunicazione quotidiana con il Potere del quale ti scrissi, e apprendo giornalmente grandi misteri.

E altresì eseguo, già, meraviglie quali nessun uomo è mai riuscito a compiere, per mezzo di certi sigilli o talismani che il Potere ha preparato per me.

Parimenti, però, il Potere si rifiuta recisamente di confidarmi i Nomi o gli incantesimi grazie ai quali tali cose vengon fatte, così da potermi preparare da solo tali sigilli. Invece m’istruisce su disparati argomenti che non hanno nessun rapporto con la realizzazione delle meraviglie, con mia amara impazienza che a stento nascondo.