Выбрать главу

— Non dimenticare che adesso comincia la foresta — chiarì Briscola. — Dovremo tenere a bada i nemici.

— Ragazzi, chi ci obbliga a fare la stessa strada del nostro piccolo e caro amico? — chiese Edmund.

— Se mi volete bene davvero, non chiamatemi più così, Maestà — pregò il nano.

— Molto bene — fece Edmund. — P.C.A. ti suona meglio?

— Oh, Edmund — intervenne Susan — non tormentarlo così, ti prego.

— Non c’è problema, ragazzina… Voglio dire, Vostra Maestà — fece Briscola con un sorrisetto. — Gli scherzi non fanno mai male. — Da quella volta lo chiamarono spesso P.C.A., finché quasi dimenticarono il significato della sigla.

— Come dicevo, non dobbiamo rifare necessariamente quella strada. Perché non navighiamo verso sud, fino al fiumicello di Acquacorrente, e cominciamo a risalirlo? Arriveremo dietro la collina della Tavola di Pietra e fino a che saremo in mare potremo considerarci al sicuro. Se ci mettiamo subito in marcia, prima che cali la notte toccheremo il Capo di Acquacorrente. Possiamo dormire qualche ora e poi, domani mattina di buon’ora, raggiungere Caspian.

— Il problema è la costa. Nessuno di noi sa niente di Acquacorrente.

— E cosa mangeremo? — chiese Susan.

— Abbiamo tante mele — intervenne Lucy. — Avanti, è ora di andare. Siamo qui da quasi tre giorni e non abbiamo ancora concluso niente.

— Sia chiara una cosa — disse Edmund. — Nessuno userà più il mio cappello per trasportare il pesce.

Uno degli impermeabili venne usato come sporta e vi misero una bella quantità di mele, poi si dissetarono al pozzo perché sapevano che non avrebbero trovato acqua fresca finché non avessero raggiunto la punta dell’insenatura, e infine si diressero verso la barca. Ai ragazzi dispiaceva lasciare Cair Paravel perché, anche in mezzo alle rovine, si sentivano a casa.

— È meglio che P.C.A governi la barca — disse Peter. — Edmund e io prenderemo un remo ciascuno. Un momento, ragazzi: togliamoci la cotta di maglia, perché fra poco sentiremo un gran caldo. Le ragazze staranno a prua e indicheranno la direzione a P.C.A., visto che non conosce la strada. Nano, a te il compito di portarci al largo e farci allontanare dall’isola.

La compagnia lasciò dietro di sé la costa verde e boscosa, poi fu la volta delle piccole baie e promontori, mentre la barca andava su e giù nel mare calmo e gentile. Tutt’intorno la distesa d’acqua sembrava sconfinata: di un blu scuro in lontananza e un bel verde vicino alla barca, dove la corrente gorgogliava. Ogni cosa odorava di sale e c’era un gran silenzio, interrotto solo dallo sciabordare dell’acqua che si frangeva sul fianco della barca, dai remi che fendevano le onde e dallo scalmo, che di tanto in tanto sobbalzava. Il sole picchiava sempre più forte.

Per Susan e Lucy era piacevole stare in plancia. Ogni tanto si sporgevano con le mani protese verso il mare, ma non riuscivano a raggiungerlo. L’acqua era talmente limpida che si poteva distinguere il fondo, con la sabbia bianca interrotta di tanto in tanto da macchie di erba marina d’un colore violaceo.

— Proprio come ai vecchi tempi — esclamò Lucy. — Ricordate il viaggio a Terebinthia? E a Galma? Arrivammo fino alle Sette Isole e alle Isole Solitarie…

— Sì… e la nostra bella nave, la Splendida Hyaline, aveva la testa di un cigno scolpita sulla prua e ali da cigno intagliate che l’abbracciavano per quasi tutta la lunghezza.

— E le vele di seta? E le enormi lanterne a poppa?

— E le feste sul ponte con i musicanti?

— Ricordate quando i musicanti, che si erano sistemati sull’impalcatura dell’arsenale, cominciarono a suonare i flauti, regalandoci una musica che veniva dal cielo?

Dopo un po’ Susan prese il remo di Edmund e il fratello andò a riposare con Lucy. Avevano superato l’isola e si avvicinavano alla spiaggia opposta, deserta e boscosa. La ricordavano diversa, accarezzata da una brezza leggera, aperta e sempre affollata dagli amici più cari.

— Uff, che fatica — si lamentò Peter.

— Posso sostituirti per un po’? — chiese Lucy.

— I remi sono troppo grandi, per te — tagliò corto Peter. Non rispose così perché fosse nervoso e intrattabile, ma perché aveva bisogno di risparmiare fiato.

9

Quello che vide Lucy

Rimaneva da circumnavigare l’ultima insenatura: da lì, finalmente, avrebbero cominciato a risalire il fiume di Acquacorrente. Susan e i due ragazzi erano stanchi di remare e a Lucy doleva la testa: colpa delle lunghe ore sotto il sole cocente e del riflesso dell’acqua. Anche Briscola non vedeva l’ora che il viaggio finisse. Il posto in cui sedeva per guidare la barca era stato creato per gli uomini, non per i nani, con il risultato che i suoi piedi non toccavano il fondo. Immaginate quanto fosse scomodo!

A mano a mano che la stanchezza aumentava, il morale si abbassava. Fino a quel momento i ragazzi avevano avuto un pensiero fisso: come raggiungere Caspian. Adesso si chiedevano cosa avrebbero fatto una volta arrivati, e come un gruppo sparuto di nani e creature della foresta avrebbe sconfitto il grande esercito degli esseri umani.

Mentre solcavano le anse tortuose del fiume di Acquacorrente, calò il crepuscolo. La luce si fece più debole e il cielo più scuro, le sponde opposte si avvicinarono e gli alberi incombenti sulle due rive formarono una specie di cupola verde. Quando il rumore del mare morì dietro di loro, scese la quiete della notte; si sentiva il lento gorgoglio dei ruscelli che dalla foresta sfociavano nel corso dell’Acquacorrente. Finalmente raggiunsero la riva e si resero conto che era troppo tardi per accendere il fuoco. A quel punto (anche se i ragazzi giurarono che non avrebbero più voluto vedere una mela in vita loro), una magra cena a base di frutta sembrò la cosa più adatta: a quell’ora non si poteva andare a caccia o procurarsi qualcosa da mettere sotto i denti. Quindi, dopo aver mangiato in silenzio le mele, si distesero su un tappeto di muschio e foglie morte in mezzo a quattro grossi faggi, e ammucchiati l’uno addosso all’altro caddero in un sonno profondo. Tutti tranne Lucy: la ragazza, infatti, non era stanca come gli altri e lì per terra si sentiva scomoda; e poi aveva ricordato che i nani russano. Lucy aveva sempre saputo che il modo migliore per addormentarsi consiste nel non pensarci e si comportò di conseguenza, cercando di tenere gli occhi aperti.

Attraverso i rami e le fronde vide un tratto del fiume e il cielo che rifletteva; poi, come se riandasse con la memoria nel passato, guardò le stelle lucenti di Narnia. Quanto tempo fa!

Una volta sapeva riconoscere le stelle, perché, come principessa di Narnia, non era costretta ad andare a letto presto come tutti i ragazzi in Inghilterra. Ecco le costellazioni estive. Sdraiata, riusciva a distinguerne almeno tre: la Nave, il Martello e il Leopardo. Il caro, vecchio Leopardo, sospirò fra sé.

Ma invece di addormentarsi, Lucy era sempre più sveglia. Per meglio dire, era sprofondata in una sorta di dormiveglia, come se sognasse a occhi aperti. Intanto l’acqua del fiume si era fatta più luminosa. Lucy sapeva che la luna splendeva su di essa, anche se non riusciva a vederla. Sembrava che la foresta si fosse a un tratto risvegliata, proprio come lei: spinta da una forza sconosciuta, Lucy si alzò e a passo svelto si allontanò dal bivacco. "Che meraviglia" pensò. L’aria era fresca e frizzante, pervasa da mille profumi. Poco lontano sentì un usignolo cantare, fermarsi e cominciare di nuovo. Lucy ebbe l’impressione che più avanti ci fosse una luce; si diresse verso di essa e arrivò in una radura con qualche albero intorno. Il resto era un susseguirsi di chiazze d’acqua grandi e piccole in cui si rifletteva la luna, ma siccome luna e ombre si mescolavano e intrecciavano fra loro, era difficile farsi un’idea precisa del luogo. In quel momento l’usignolo, che fino ad allora aveva fatto solo le prove, cominciò a cantare a pieni polmoni.